Nondimanco. Machiavelli, Pascal
di Carlo Ginzburg
Adelphi, 2018 (prima ed.)
pp. 242
pp. 242
€ 18,00 (cartaceo)
Nondimanco, l’ultima
pubblicazione che lo storico Carlo Ginzburg presenta
all’ombra dell’effige di Adelphi, saccheggia per sottotitolo due cognomi, di cui
ognuno così imponente da colonizzare l’attenzione del lettore. Machiavelli, Pascal;
due segretari: il primo, della Repubblica fiorentina; il secondo, com’era
più mestamente definito, “di Port-Royale”, la comunità filosofica e religiosa
che sull’ascendere dell’età moderna annoverava tra i membri Antoine Arnauld e
Pierre Nicole. Si comincerà dunque con un brano
del saggio Scrittura
e persecuzione di Leo Strauss, per cui l’influenza della seconda
costringa gli scrittori eterodossi a sviluppare una precisa tecnica dissimulatoria,
che in parte dica e in parte taccia, nell’insinuazione dell’ironia: «quella tecnica
cui alludiamo quando parliamo di “scrivere tra le righe”». Così, il commento di
Ginzburg: «La ricerca consiste anche in questo: nel tentativo di afferrare qualcosa che è
scritto tra le righe, in inchiostro invisibile, sulle testimonianze
frammentarie del passato» (p. 154-155). Proprio un’indagine che si immerga
dentro la trama della storia e ardisca nell’opera di bracconaggio alle
frammentazioni, anzitutto quelle che paiono troppo minute per azzardare pur il
mormorio di una voce in capitolo, sembra il lavoro cui sottende lo sguardo
ginzburgiano.
«Ho scritto un libro in cui cercavo di ricostruire le idee e
gli atteggiamenti di un mugnaio del ‘500 processato e poi condannato a morte
dall’Inquisizione», rievoca l’autore in un articolo del 1994 (Microstoria: due o tre cose che so di lei, in
Quaderni storici. Nuova serie, vol. 29,
n. 86.2) dedicato al proprio metodo
storiografico, «Il formaggio e i vermi non
si limita a ricostruire una vicenda individuale: la racconta». Poco più tardi, Guerra e Pace di Tolstoj sarà citato
come l’altro dei precursori del metodo narrativo: romanzo entro cui coincidono
pubblicità e narrazione privata. Sopra le
righe, la storia universale; dentro,
tra le tortuosità degli eventi, le rivoluzioni e le restaurazioni, la pluralità
in forma individuale.
Un frammento –
ancora frammenti - dai Pensieri di
Blaise Pascal licenziati (postumi) nel 1670 permette di scorgere l’anelito cui
si dibatte l’intera sua analitica della diversità. «Io non ho mai giudicato
della medesima cosa nello stesso esatto modo» (Einaudi, tr. it. di Paolo Serini, p. 26); e più sotto, sui
soliti avversari gesuiti: «della diversità abbiamo [l’autore interpreta uno di loro] fatto
l’uniformità, perché siamo tutti uniformi, in questo: che siamo tutti diventati
uniformi» (p. 430). Pascal, giansenista, li accusa di fare dell’eccezione, la
regola (cfr. p. 433). A parere dei primi, la confessione permetteva all’anima
la salvezza dalla perversione del peccato; a parere secondi, la predestinazione
non era che perpetua condanna.
Al lettore, il
preambolo sarà parso prolisso; soprattutto, non vi ha ancora scovato il benché
minimo anelito di ragione: ebbene, bisognerà avvisarlo del pericolo di cui la
pluralità è foriera: il labirinto. Ci si perde entro un reticolo di fili che
individualmente ingarbugliano, soffocano; “bisogna andar molto cauti”, cantava
Monica Vitti sul testo de I crauti
definito nonsense dai più. Anzitutto,
nell’esposizione di un tema: di che
parla, insomma, quest’opera? È stata evocata, più sopra, per mano di
Pascal, la casistica, così presentata dal saggio Conscience and Casuistry in early modern Europe per cura di Edmund
Leites (citato tra le fonti dallo stesso Ginzburg), ovvero una particolare tradizione
della teologia morale in età moderna, impiegata in particolar modo dai gesuiti,
perché permettesse «all’individualità di creare in sparute circostanze
eccezioni a una regola generale. L’individuale, per certi aspetti, ha la
precedenza sul generale». (Introduction, p.
7, tr. mia)
La casistica tiene insieme l’avventurarsi di Ginzburg tra le righe dei testi di Machiavelli
e Pascal al fine di arpionarne fonti comuni: spettrariche, quasi adagiate
all’orizzonte di quel brusio, tratteggiate su un fondale a figure principali di
volta in volta differenti, non smetteranno di meravigliare il lettore. La
meraviglia è l’unica sensazione possibile al cospetto del rimando continuo tra
i secoli, di fronte al divenire incessante della Storia in groppa del
particolare. Gigante, sulle spalle di nani. Kaspar Schoppe, ad esempio, di cui
il lettore – come pure chi scrive – avrà certo ascoltato il nome in occasioni
minori a dispetto degli altisonanti Machiavelli o Pascal, è in verità uno di quei così mostruosi segni della frana cui si è costretti
dalla storia. Pur soltanto osservando in appendice le sole occorrenze in cui è
citato, ci si accorge che innerva l’intero testo, infestandolo dell’aura che si
accorda alle sole entità non materiche (santi, fantasmi, istituzioni, etc.):
lettore di Machiavelli, traduttore dal francese al latino di un testo a
prodromo de Le provinciali di Pascal,
l’opera attraverso cui la casistica è confutata per mezzo dell’ironia
dissimulatoria adombrata commento straussiano.
“Nondimanco”
diviene dunque terminologia propria di un’indagine particolare, prudenza
attraverso cui Machiavelli tratteggia la forma di un realismo politico
pre-moderno e gettato verso l’avvenire che tenga conto della realtà effettuale
e restituisca al regnante la norma e l’eccezione. Della pluralità terminologica
si restituisce il reticolo di rimandi e segni, dall’uno ai molti, dai molti all’uno.
Chi scrive ha perseguito una pista minuta, nel tentativo di restituzione dell’abissalità
del testo; ha provato a presentare uno solo di quegli sparuti e ingarbugliati filamenti
concettuali che plasmano la storia e cui il Carlo Emilio Gadda del Pasticciaccio (edito in una nuova
edizione Adelphi) non avrebbe esitato ad assegnare la definizione di “gommero”, ingarbugliamento di cause e concause le quali intricandosi e
confondendosi le une con le altre esibiscono il più nitido volto dell’esistenza.
Uno tra i tanti, dunque, ma a che proposito? Lo stesso Ginzburg risponde tra
le righe della prefazione: «Che cosa consente di pensare insieme Machiavelli e
Pascal?», ovvero: “che spinta ha permesso a questo testo di nascere e di svilupparsi
proprio così?”: «La risposta è: teologia politica» (p. 12). Nessuna indagine è
mai oziosa, ma solo l'orizzonte teorico del contemporaneo può restituirne piena immanenza.
Oggi, in un mondo largamente secolarizzato, segnato dal conflitto tra (e con) i fondamentalismi religiosi, la casistica è riemersa in una versione diversa, secolarizzata. Un testo decisivo per la storia dell’ironia [Le Provinciali di Pascal] ci invita a riflettere sull’ironia della storia. (p. 188)
Perché è questa, la storia: uomini, lingua, arte, politica.
E tutto insieme.
Antonio Iannone
Antonio Iannone