La nuda verità
di Gaja Cenciarelli
Marsilio, 2018
pp. 247
€ 16,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
«È un'incognita ogni sera mia / un'attesa, pari a un'agonia. Troppe volte vorrei dirti: no / e poi ti vedo e tanta forza non ce l'ho. / Il mio cuore si ribella a te, ma il mio corpo no. / Le mani tue strumenti su di me, / che dirigi da maestro esperto quale sei.»
No, queste non sono citazioni dalla Nuda verità di Gaja Cenciarelli, e già qualcuno avrà riconosciuto
la famosa Minuetto di Mia Martini, un
capolavoro della musica italiana che tratta in modo magistrale, in meno di
cinque minuti, il tema dell’innamoramento ossessivo da un lato (anche se, a
differenza della canzone, in questo romanzo la protagonista è affascinata non
tanto dal corpo dell’uomo quanto dal suo cervello), e quello del controllo e
della dominazione dall’altro.
E mentre dalle parole di Mia Martini non possiamo ricavare un ritratto
della donna in posizione di svantaggio, ché nulla infatti sappiamo della sua
vita prima dell’incontro con chi le ha sottratto la libertà, nel romanzo
conosciamo bene la routine quotidiana, sia lavorativa che personale, e il modo
di pensare di Donatella Mugghiani, oncologa di prim’ordine: è una donna affetta
da una totale mancanza di empatia, disprezzata sia da amici e conoscenti, sia
dai pazienti, con i quali tuttavia si sforza quantomeno (non sempre con successo) di nascondere la misantropia a favore di un più controllato rigore medico. La controparte
positiva di tale carattere solitario è, ovviamente, la dura scorza che
impedisce, o quantomeno rende più difficile, il dolore.
A questa imperfetta equazione aggiungiamo però una variabile: Stefano
Barbero, un uomo dissoluto e cinico ma soprattutto imprevedibile, sia nei
comportamenti sia nelle intenzioni. Noi lettori siamo posti allo stesso
livello, o quasi, di Donatella in questo: non capiamo, almeno fino a tre quarti
del libro, perché un uomo del genere, amante dell’arte della solitudine ma in
grado di apprezzare al contempo il buon vino e la compagnia, sia questa di un
paio di animali domestici o di una donna conosciuta a una festa, si impegni
così tanto a demolire psicologicamente e umiliare fisicamente, facendo «sentire piccola così», una perfetta
sconosciuta.
Il metodo applicato è quello dello sfuggimento, o per essere più
precisi dell’evanescenza: Stefano compare, provoca, seduce, poi si ritrae nella
sua algida dimora; si concede in pochi attimi di intimità per poi chiudere ogni
spiraglio con frasi come «non devo rendere conto a te» (p. 166) e «decido io
chi può farmi domande e decido io se rispondere» (ivi). La tratta dunque come lei stessa si è ritrovata a considerare i suoi pazienti: come un oggetto da usare all'occorrenza.
E Donatella, che sembra interessata a niente, costantemente apatica
verso il mondo che la circonda, d’un tratto capisce che ciò che la nutre è anche
ciò che la sta annientando.
Fondamentale è per me segnalare come, in questo gioco dell’amore
perverso, poco interessante è la storia di Francesca, segretaria di Donatella,
che viene colpita di striscio da tutta questa situazione. Il suo è un
personaggio stanco e già visto, poco memorabile nella sua banalità. Intrigante
è, invece, ciò che di Stefano veniamo a sapere nella parte avanzata del
romanzo: è intrigante non perché sia una gran rivelazione, bensì perché è in
grado di renderlo più umano e, dunque, più fallibile e degno di compassione.
Gaja Cenciarelli è in ogni caso abile a mostrare come l’amore, soprattutto quello
viziato dal controllo, cambi le persone e le lasci nude, come il
titolo sembra suggerire, davanti all’altro. Anche qui sento di chiamare in soccorso le parole di Mia Martini. La
consapevolezza infatti raggiunge entrambe le donne, l’anonima di Minuetto e l’oncologa derelitta della Nuda verità, quasi allo stesso modo: «E
continuo sulla stessa via, sempre ubriaca di malinconia. / Ora ammetto che la
colpa forse è solo mia: / avrei dovuto perderti, invece ti ho cercato». La
verità, sembra dirci l’autrice, è che molto spesso ci lasciamo attrarre e poi dominare
da ciò che sfugge e si cela, da ciò che non riusciamo a controllare.
E la colpa, alla fine, è solo nostra.
David Valentini
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