di Paola Mastrocola
Einaudi, 16 ottobre 2018
pp. 223
€ 18,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Può la preghiera rivoluzionare un'intera famiglia e smuovere una scuola? Sì, a quanto pare. Bisogna leggere Leone, il nuovo romanzo di Paola Mastrocola, per scoprire quanto può essere eversivo un bambino di sei anni che, all'improvviso, viene visto pregare. E non è il fatto che Leone preghi ovunque, a destare sospetto: è proprio l'atto in sé di sussurrare Ave Marie e di parlare con il suo "amico invisibile" Gesù a generare lo stupore generale - e anche l'irritazione, a dirla tutta. Perché sua madre, Katia, non ha tempo da perdere dietro simili stranezze; si fa in quattro per mantenere Leone, tra turni massacranti al supermercato e rinunce continue: mai una gratificazione per sé, mai un vestito nuovo... Solo ciò che è necessario per tirare avanti. Intanto Leone cresce sotto i suoi occhi, prima in compagnia della nonna, da poco defunta, e poi a casa di un compagno di classe. E dire che Leone non si trova neanche tanto bene con questo suo presunto amichetto! Preferiva di gran lunga stare con la nonna, ma adesso che è "volata in cielo" - così gli hanno detto - non sa come parlarle di nuovo. Però non si lamenta, non lo ha mai fatto, grato dei sacrifici di sua mamma Katia.
Insomma, Leone è un bambino che non ha mai fatto problemi, anzi. Almeno fino a questa storia delle preghiere, che desta anche lo sconcerto del padre Oscar, solitamente assente e portato ad aggirare i problemi finché è possibile. Di certo, però, lui che ha voluto chiamare "Leone" quel bambino minuscolo, non può tollerare che adesso i compagni di scuola deridano suo figlio!
La questione si fa molto più grande di quanto saremmo portati a pensare e persino la scuola segnala il comportamento di Leone come scorretto nei confronti dei compagni di altre religioni. Dunque, che fare, soprattutto visto il silenzio recalcitrante del bambino?
Si apre così un romanzo dolcissimo, studiato da vicino da Paola Mastrocola, ora indagando il punto di vista di Leone, ora quello di Katia e, più raramente, quello di Oscar. Lo sguardo plurimo sulle sensazioni e i pensieri dei protagonisti, così ben calato nelle loro realtà e nella loro medietà, è un saliscendi emotivo per noi lettori, che ci sentiamo immersi in un mondo estremamente verosimile. Accanto alla vicenda principale, poi, non mancano gli spunti di riflessione (mai palesi, sempre sottilmente legati ai fatti) sulla crisi economica, sulla pretesa inclusione scolastica (che è ancora ben lontana dall'essere tale), sulla diversità di un bambino che con le sue preghiere, solo cinquant'anni fa, non avrebbe neanche richiamato l'attenzione. Ma un bambino orgoglioso della sua fede è il nuovo diverso? Può sembrare una domanda paradossale, ma nel romanzo incontriamo più risposte, tutte credibili e coerenti col nostro presente.
Se la prima parte del romanzo è quella più genuinamente realistica, in cui è più semplice calarsi, la seconda parte richiede di lasciarsi trasportare, perché assume i connotati della favola, con chiari rimandi biblici che ora desteranno un sorriso, ora lasceranno a pensare. Ed è incredibile come - almeno per chi è stato bambino in una famiglia cattolica - risuonino certi piccoli rituali (come il presepe, in cui bisogna aggiungere Gesù Bambino solo nella notte di Natale, e non prima di mezzanotte!), insegnamenti (l'esame di coscienza prima di dormire) e rituali (a messa si va col vestito speciale "della festa").
E forse sono anche questi echi privati a rintoccare nel lettore di oggi; viene da chiedersi se i bambini di oggi, nella maggior parte dei casi cresciuti in una dimensione di agnosticismo o di ateismo, potranno, tra vent'anni, apprezzare questo romanzo. Ma il quesito resta, per forza, sospeso. Intanto, godiamoci oggi questo romanzo estremamente moderno, che fa della tradizione un tratto di sorprendente rivoluzione.
GMGhioni