di Chiara Gamberale
Feltrinelli, 31 ottobre 2018
1^ edizione: 1999
pp. 144
€ 14 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Ho sacrificato venti splendidi anni sull'ara del dovere in nome della dea perfezione prima di distruggere ara e divinità e riprendermi la vita.
C'è sempre tempo per una recensione impersonale. La faranno altri, non io, che per qualche preziosa mezz'ora ho avuto la fortuna di conoscere l'empatia di Chiara, la sua innata e genuina curiosità nel chiedere di me. Sì, ho avuto occasione di lavorare con Chiara in passato, e ancora di recente un suo messaggio - inatteso, dovuto a una nostra vecchia collaborazione - ha avuto il potere di riportarmi al suo sorriso, allo scambio di opinioni attento: Chiara non si limita ad ascoltare, lei sente la tua vita e ti risponde con la sincerità di un'amica che ti conosce da tempo. Eppure... Eppure ci siamo conosciute poco, molto poco, ma non c'è minuto o chiacchiera che non ricordi. Forse perché Chiara è intensamente sé stessa, è accogliente e al tempo stesso chiede di essere accolta; e se dici di sì, il dialogo diventa un raccontarsi reciproco, senza remore e senza falsi orpelli.
Ed ecco perché ritrovarmi tra le mani il suo primo romanzo, Una vita sottile, tornato da poco in libreria per Feltrinelli, è stato emozione e attesa, aspettativa e conferma.
In questo libro, breve e fulminante, c'è in nuce tutta la Chiara Gamberale che sarebbe poi esplosa nei romanzi successivi; al suo primo romanzo, non teme di dire "io", mettendo su carta il proprio nome e cognome, non solo come autore, ma anche come io-narrante. E Chiara ha fatto di più: ha coraggiosamente raccontato uno dei periodi più bui della sua vita, il dolore che l'ha accompagnata per anni, la sensibilità estrema che l'ha portata a sentirsi fragile davanti a un mondo spesso sordo, incapace di scoprire che dietro a quella ragazza bella e sorridente si celava il segreto di mangiare anche un chilo di gelato e poi chiudersi in bagno a vomitare. Ma non chiamiamola riduttivamente "anoressia", non c'è etichetta che renda la congerie di pensieri e sentimenti vissuti da Chiara; piuttosto, pensiamo alla sua spiegazione: «Una corazza sulla carne viva fa infezione e per questo mi sono ridotta così». A salvarla, non solo la terapia, ma anche e soprattutto l'incontro con gli altri, il suo appassionarsi al mondo, cercando di eternare in scrittura chi, nella sua costellazione di affetti, ha lasciato il segno. Che si tratti di stella cadente, di rischioso buco nero, di illusoria meteora o di stabile stella polare, Chiara dedica un capitoletto a ognuno di questi preziosi punti - fermi o in movimento - del suo universo:
Scrivere è la mia vita e il mio unico modo per celebrare un evento, un pensiero o una persona e renderli eterni.
Tra i capitoli più autobiografici, in cui la sua vita sottile ha il predominio, si avvicendano tante storie, tanti incontri, parole altrui, che si confrontano con la sana e spontanea curiosità di Chiara. Accanto agli affetti di sempre, destinati a non andarsene qualsiasi cosa accada, gli incontri con i "canari" di Roma (i padroni di cani che ogni sera si danno tacito appuntamento al parco) e le loro storie personali, le chiacchiere sul treno con quelli che si fanno sempre meno sconosciuti, la comprensione non verbale ma perfetta con il suo cane Jonathan, la fuggevolezza di un incontro con una ragazza con cui vivere in poche ore l'amicizia di una vita,... Tutto è vita, esperienza, confronto: Chiara ha le sue idee, ben nette, ad esempio sul ruolo fondamentale che ha la scrittura nella sua vita, ma non assume mai posizioni aprioristiche nel conoscere gli altri; si racconta e si lascia raccontare. Perché l'incontro è vera conoscenza:
La saggezza a cui aspiro non è quella del vecchio eremita che nel glaciale isolamento della sua montagna trova la chiave dell'Assoluto, ma quella del giullare di strada che crea infiniti colori, coinvolge nelle sue danze tenutarie di bordelli e dame distinte, ride con gli ubriachi in osteria, dona vivide tonalità anche a simili contesti e proprio prendendo spunto da essi guadagnerà nuove sfumature.
Non c'è Chiara senza confronto con l'altro, che è un'occasione di crescita, di energia donata e sorprendentemente rimescolata. Ed è così che anche le sofferenze dell'io narrante arrivano, forti e senza sconti, e chiedono tutto a noi lettori: chiedono empatia, sostegno e confronto. Forse, chiedono anche amore. In quel suo spontaneo donarsi e nell'ammettere che possiamo essere fragili per sentire davvero, l'enorme forza della penna e della vita di Chiara Gamberale.
GMGhioni