Magnifici perdenti
di Joe Mungo Reed
Bollati Boringhieri, 2019
pp. 248
€ 17,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Cosa c'è di più narrativamente stimolante del ciclismo? Da questa domanda siamo partiti per leggere, con grande curiosità va detto, Magnifici perdenti di Joe Mungo Reed, pubblicato da Bollati Boringhieri. Infatti questo romanzo ha al centro un protagonista che, molto banalmente, non è altro che un corridore, un ciclista professionista impegnato durante il Tour de France. Chiaro ed evidente come la carica narrativa di tutto ciò possa essere molto interessante e stimolante. Eppure queste nostre alte aspettative non sono state pienamente soddisfatte. Un peccato, perché in certi passaggi particolarmente ispirati la penna di Mungo Reed appare capace di descrivere la sofferenza e, al contempo, lo studio tattico dei ciclisti, però questi punti sono troppo pochi per poter essere definiti parte essenziale del libro. Ma andiamo con ordine.
Ragionando per difetti e pregi del libro, possiamo innanzitutto dire che, tra le parti positive di Magnifici perdenti, vi sono senza ombra di dubbio i dialoghi tra Solomon e la moglie Liz, una ricercatrice di chiara fama che, lungi dal volersi appiattire al lavoro del marito, è invece "parte attiva" della coppia e, non ultima, rappresenta la parte davvero coraggiosa della stessa. Eppure, per questo personaggio ben strutturato da Mungo Reed va anche detto che la sua presenza, in termini puramente numerici, è davvero esigua nel numero delle pagine. Insomma Liz è un personaggio così interessante e vario che ci saremmo aspettati, nel prosieguo della vicenda, una sua maggiore trattazione. Invece no, non è stato così. Praticamente tutta la vicenda è concentrata su Solomon, il gregario di Fabrice, il ciclista e capitano della squadra, colui il quale dovrà ben figurare al Tour per il bene di tutti.
Ora, anche in questo caso i demeriti di tale scelta sono superiori ai meriti. Infatti, se è pur vero che incentrare la scena su un protagonista che ricopre un ruolo subalterno e secondario all'interno della squadra è, a conti fatti, un'ottima scelta narrativa, non altrettanto felice è la costruzione e, soprattutto, l'evoluzione di Solomon. Per tutto Magnifici perdenti, Solomon appare come bloccato in un carattere piuttosto remissivo, fondamentalmente fermo, sempre in balia delle decisioni altrui (che siano della moglie o del team manager fa poca differenza). Certo, sappiamo bene che anche un personaggio incapace di decidere può avere comunque una sua forza narrativa, ma non è questo il caso. Magnifici perdenti così ci appare costantemente fuori fuoco, scritto con abilità sicuramente da Mungo Reed, ma mai in grado di colpirci al cuore o, ancora meglio, sorprenderci o appassionarci.
E qui arriviamo al vero problema principale di quello che è, anche, un libro sul ciclismo. La totale mancanza dell'ambiente circostante, della descrizione del percorso di gara e di come i diversi scenari si riflettano sulla psiche del protagonista o degli altri personaggi. Ecco che, sia che il lettore sia un appassionato di questo sport o un totale neofita, questa mancanza sarà una vera e propria ferita nell'economia del romanzo, il quale ci apparirà sempre zoppo o, ancora peggio, poco centrato. Peccato, perché, come abbiamo sostenuto prima, in alcune pagine, veramente dense di valore, Joe Mungo Reed dimostra di che "pasta" sia fatto, specie quando lo vediamo narrare le dinamiche all'interno della squadra e i diversi ruoli al suo interno, come, ad esempio, quello tra il capitano, i suoi gregari e i velocisti.
Ma queste parti non sono sviluppate a dovere e così Magnifici perdenti fa lo stesso effetto di una tappa di pianura al Giro d'Italia: si vede una macchia variopinta allungarsi lungo la campagna e passare, come un lampo multicolore, per le vie della nostra città. Ma quel flash arcobaleno dura un attimo e poi tutto ridiventa grigio e monotono: ecco avremmo preferito un po' di technicolor in un libro con un possibile materiale narrativo così ricco.
Mattia Nesto