di Kressmann Taylor
BUR Rizzoli, 2018 (prima edizione Rizzoli 2000)
Titolo originale: Address Unknown
Traduzione di Ada Arduini
pp. 75
€ 7,00 (cartaceo)
€ 3,99 (ebook)
Finiti i pomeriggi di corsa, da un negozio all'altro, alla ricerca del regalo più adatto da mettere sotto l'albero per mamma, sorella, nonno, marito, figlio, fidanzato, amica? Bene, ora fate un regalo a voi stessi: una mezza giornata di relax, una candela che profuma di spezie natalizie, una buona tisana e un libro che non dimenticherete molto presto. Bastano un paio d'ore per leggere Destinatario sconosciuto, questo racconto lungo o romanzo breve, che dir si voglia, di Kressmann Taylor, ma sono pagine che rimarranno con voi per sempre.
La costruzione narrativa è quella di un epistolario: Martin e Max sono due amici, dal tono delle prime lettere si intuisce grandi amici, amici fraterni, da tempo immemore. Tanto che sono anche soci in affari, occupandosi di una galleria d'arte a San Francisco.
Tutto ciò si scopre subito, dalle prime lettere, noi di loro non conosciamo null'altro, se non le parole che si scambiano per iscritto, ma tutto ci è chiaro fin dall'inizio, a partire dalla profondità stessa del rapporto che lega i due giovani uomini.
Max è ebreo, americano, di origini tedesche; Martin è tedesco, ha vissuto a lungo in America, ma poi ha deciso di tornare in Germania. E le lettere che ci apprestiamo a leggere viaggiano da una parte all'altra dell'oceano, tra il Vecchio e il Nuovo continente. La prima epistola è datata 12 novembre 1932, l'ultima 3 marzo 1934. In questo breve lasso di tempo, neanche un anno e mezzo, tante cose cambieranno.
La Germania sta attraversando un periodo di forte mutamento: un popolo piegato dalla sconfitta nella Prima Guerra mondiale, umiliato e impoverito dalle riparazioni di guerra che il Trattato di Versailles ha imposto alla nazione a causa delle distruzioni causate, risentito e pieno di rancore per quella che vive come una profonda ingiustizia (tralascio ogni considerazione storica e morale, che esula dal racconto e dalla recensione), improvvisamente sente di poter rialzare la testa. Un partito sta avanzando a grandi falcate, puntando proprio e soprattutto sul senso di rivalsa del popolo. Si chiama Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori e a guidarlo è un ometto piccolo, ma pieno di energia, quando parla trascina, coinvolge, convince e infiamma. Si chiama Adolf Hitler.
Nelle lettere che i due amici si scambiano questo mutamento sociale e storico è dispiegato davanti al lettore in chiave personale. Uno dei due amici, Martin, quello tornato in Germania, subirà una profonda metamorfosi, piano piano si convincerà di nuove teorie, si appassionerà alla politica, vedrà di fronte a sé e alla Germania un futuro radioso, che risarcirà lui e i connazionali dei tanti torti subiti. Anche dagli ebrei.
E mentre Max, incredulo, cercherà di capire come questo possa accadere, cercherà di riportare Martin agli usati costumi, alle antiche confidenze, all'intimità consueta, un fatto grave cambierà per sempre i sentimenti dei due amici. Da qui in avanti, il rapporto muterà e chi sembrava il più debole si troverà tra le mani un'arma micidiale.
Il finale è spiazzante, non lo scorderete.
Della trama non racconto altro. Vorrei però sottolineare come questo libro contenga, condensati in poche pagine, tanti temi e sentimenti profondi e importanti: l'amicizia, l'odio, subdolo, lento come un veleno, ma allo stesso modo penetrante, che riesce a cambiare un intero popolo. La vendetta, l'amore, la famiglia. Con la straordinaria capacità, da parte della scrittrice, di proiettare le vicende personali dei due uomini sul grande schermo mondiale. La Taylor infatti dipinge lucidamente l'iniziale incapacità del mondo, qui rappresentato dall'America, di percepire come la società tedesca stia velocemente correndo verso l'irreparabile, di rendersi conto del morbo che sta attecchendo nella Vecchia Europa.
E se l'amicizia tra Max e Martin sarà la prima cosa a rompersi a causa dell'ideologia nazista, ben presto l'intero mondo si accorgerà dei danni provocati da quel veleno. Forse mai come in queste lettere è stata dipinta con tanta lineare chiarezza la metamorfosi mentale di un tedesco degli anni Trenta, mai la nascita di un momento storico così devastante è stata analizzata tramite le parole in prima persona di chi lo stava vivendo, con tutto il carico di euforia e spietatezza che ne derivava. In queste lettere c'è in nuce tutto il dramma dell'Olocausto, c'è la nascita, perfida, dell'odio razziale. C'è la descrizione di come una persona possa cambiare, se mal guidata, in modo impressionante. E c'è tutto lo stupore che l'altro, l'amico prova, l'incredulità e la disperazione.
Una piccola considerazione: il libro è apparso per la prima volta nel 1938. Prima dell'Olocausto, prima della Seconda Guerra mondiale, prima di Auschwitz, prima di tante cose. E ancora adesso stupisce il lettore la preveggenza o il presentimento o la lucida visione futura che questa scrittrice, dalla lontana America, ha messo in questo racconto. Il cui finale, ripeto, vi sorprenderà. Seduti in poltrona, con la candela magari arrivata al lumicino e la tisana che nel frattempo si sarà raffreddata. Perché non avrete smesso di leggere nemmeno il tempo di sorseggiarla, tanto il libro vi avrà catturato.
Ps L'amica che me l'ha regalato a Natale, me l'ha porto con queste parole: "Secondo me è un libro che tutti dovrebbero leggere". Ebbene sì, sono d'accordo con lei.
Rosatea Poli