Il buio oltre la siepe
di Harper Lee
Universale Economica Feltrinelli, Milano 2018 (50^ ed.)
1^ edizione: To kill a mockingbird (1960)
Traduzione dall'inglese di Amalia D'Agostino Schanzer
pp. 290
€ 9,50
Volevo che tu imparassi una cosa: volevo che tu vedessi cosa è il vero coraggio, tu che credi che sia rappresentato da un uomo col fucile in mano. Aver coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare egualmente e arrivare sino in fondo, qualsiasi cosa succeda. È raro vincere in questi casi, ma qualche volta succede. (p. 120)
In questo accorato appello di papà Atticus al figlio Jem, nel romanzo che forse più di ogni altro
è divenuto simbolo della lotta al razzismo e alla discriminazione, riecheggia l’invocazione a credere in un sogno, anche quando
esso appare irrealizzabile e utopico, che tre anni dopo la pubblicazione del libro un giovane pastore
afroamericano pronuncerà al Lincoln Memorial di Washington.
Nel 1960 Harper Lee dà alle stampe il suo primo,
indimenticato, romanzo, che le valse il Premio Pulitzer per la narrativa. Nello
stesso anno una legge federale, il Civil Rights Act, sancisce la libertà di
voto per i cittadini americani di qualunque colore e istituisce una serie di
controlli federali per individuare ed eliminare gli ostacoli che, di fatto, in
quegli anni impedivano ai neri di registrarsi alle liste elettorali locali.
Il 1960 è dunque un anno di svolta per il Movimento per i
Diritti Civili degli afroamericani e To Kill a Mockingbird costituirà nei decenni successivi, e ancora oggi, una pietra miliare
nella lotta al razzismo.
Seppur dunque si tratta di un testo carico di significato e
d’impegno, la sua lettura è quanto di più piacevole e lieve si possa
trovare: la vicenda di Tom Robinson, accusato ingiustamente di stupro, la sua condanna
e la brutalità degli uomini sono raccontate con leggerezza, nel senso
calviniano del termine: ci si sofferma su episodi pregnanti con la
superficialità vitale dell’infanzia, tra un gioco e una corsa, una sfida di
coraggio e un battibecco con la dolce e risoluta governante Calpurnia.
La voce narrante è infatti quella di una piccola Scout (alter ego di Harper Lee), bambina saggia e curiosa, che racconta la difesa senza speranza del giovane Tom da parte del padre di lei, Atticus Finch, avvocato idealista dell’Alabama profondamente razzista e segregazionista degli anni Trenta. Ma se la vicenda giudiziaria rappresenta il cuore della narrazione, il corpo vivo del romanzo è la vita quotidiana di tre bambini, Scout, suo fratello Jem e l’amico inseparabile Dill (personaggio ispirato a Truman Capote, amico d’infanzia dell'autrice).
La voce narrante è infatti quella di una piccola Scout (alter ego di Harper Lee), bambina saggia e curiosa, che racconta la difesa senza speranza del giovane Tom da parte del padre di lei, Atticus Finch, avvocato idealista dell’Alabama profondamente razzista e segregazionista degli anni Trenta. Ma se la vicenda giudiziaria rappresenta il cuore della narrazione, il corpo vivo del romanzo è la vita quotidiana di tre bambini, Scout, suo fratello Jem e l’amico inseparabile Dill (personaggio ispirato a Truman Capote, amico d’infanzia dell'autrice).
I grandi temi: il razzismo, la libertà d’espressione, il
diritto a una giustizia equa, così come i grandi valori di ogni tempo:
l’onestà, la solidarietà, la rettitudine, non sono scagliati in faccia al
lettore come dardi brucianti, bensì lasciati alla sua riflessione, come colonne
portanti dell'intera costruzione narrativa, fondamenta d'equilibrio, mimetizzate dalla maestosa bellezza del quadro d'insieme.
Il lettore si trova di fronte, quindi, non a un romanzo su grandi principi, bensì a una serie di personaggi che incarnano questi principi, li rendono umani e, per questo, possono vantare una bidimensionalità che non costituisce affatto una fragilità del romanzo, bensì lo rende indispensabile nella personale libreria di ogni lettore.
Il lettore si trova di fronte, quindi, non a un romanzo su grandi principi, bensì a una serie di personaggi che incarnano questi principi, li rendono umani e, per questo, possono vantare una bidimensionalità che non costituisce affatto una fragilità del romanzo, bensì lo rende indispensabile nella personale libreria di ogni lettore.
Atticus, Scout, Jem, Dill, quindi, non possiedono lo spessore necessario alla verosimiglianza. Hanno invece una coerenza e un’altura morale
che li definisce come personaggi valoriali, simboli all’interno di un mondo in
cui pare che la distinzione tra bene e male possa ancora essere operata a cuor
leggero, con un certo margine di sicurezza.
Atticus è padre integerrimo, uomo onesto nel senso più profondo del termine, avvocato che difende altissimi ideali.
Jem, il primogenito, è un ragazzo generoso, pieno di coraggio, assennato.
Dill è la sensibilità, la fragile scintilla di un cuore nobile.
Scout è l’energia, la curiosità, l’infanzia nel suo elemento più autentico.
Atticus è padre integerrimo, uomo onesto nel senso più profondo del termine, avvocato che difende altissimi ideali.
Jem, il primogenito, è un ragazzo generoso, pieno di coraggio, assennato.
Dill è la sensibilità, la fragile scintilla di un cuore nobile.
Scout è l’energia, la curiosità, l’infanzia nel suo elemento più autentico.
In questo senso, Il buio oltre la siepe è un romanzo legato
a una certa letteratura ottocentesca, dove manca una caratterizzazione a tutto tondo dei personaggi; in tal caso, tuttavia, la carenza è funzionale alla resa finale della narrazione, conferendole quel carattere di classicità che la rende una lettura necessaria.
Una particolare riflessione si può portare avanti sul doppio
titolo, quello inglese e quello italiano, e su quanto le scelte traduttive
possano costituire, per un lettore, la chiave (o le chiavi) di lettura con cui
tentare di penetrare il romanzo.
Il titolo originario, To Kill a Mockingbird, allude alla
fine brutale dell’innocenza: quella di Scout, Jem e Dill, che conosceranno il
trionfo dell’ingiustizia e della menzogna sulla verità. L’innocenza di Tom Robinson,
il cui buon cuore è un usignolo battuto dalla tempesta di un’epocale disparità
sociale. Ma anche l’innocenza di Boo Radley, misterioso vicino dei Finch,
segregato in casa da anni, inavvicinabile e a detta dei più folle, e per questo
al centro dei giochi e delle attenzioni dei tre bambini, con i quali intesserà
un rapporto di tenera solidarietà.
Nella traduzione italiana, invece, si è inteso dar maggior
risalto al percorso di crescita dei protagonisti, che li conduce a guardare
“oltre”, scavalcare quella siepe di leopardiana eco che costituisce il
confine al di là del quale trovare infiniti spazi e silenzi, quiete profonda,
ma anche l’oscurità inquietante dell’ignoto. La siepe che divide la casa dei
Finch da quella di Boo Radley diventa il simbolo di un limite da valicare per
acquisire consapevolezza: per vedere finalmente il volto del matto Boo; per
guardare in faccia gli accusatori di Tom Robinson; per crescere definitivamente e accettare con rassegnazione
che l'iniquità ha un gran numero di sostenitori in più della controparte.
“Gli istinti di questo ragazzo non sono stati ancora traviati dalla vita. Aspetta che diventi un po’ più grande e vedrai che non si sentirà più male e non piangerà più”. (…) “Non piangerai accorgendoti che gli uomini riducono la vita dei propri simili a un inferno, specie quella dei negri, senza nemmeno riflettere un istante che sono uomini come noi” (p. 207-208)
Infine, Scout, Jem e Dill, con l’infallibile guida di Atticus,
giungeranno sani e salvi oltre quella siepe: vi troveranno la fine oscura dell’infanzia,
rischiarata dal lume imperituro dell’amicizia.
Barbara Merendoni
Anche Gloria Ghioni (qui la sua recensione) e Federica Privitera (qui il suo Pillole d'Autore) hanno letto per voi Il buio oltre la siepe.
Barbara Merendoni
Anche Gloria Ghioni (qui la sua recensione) e Federica Privitera (qui il suo Pillole d'Autore) hanno letto per voi Il buio oltre la siepe.