di Caroline Zoob
Fotografie di Caroline Arber
Prefazione di Cecil Woolf
Traduzione di Claudia Valeria Letizia
L’ippocampo, 2014
pp. 192
€ 29,90
È da una passione per i giardini che nasce il meraviglioso volume edito da Ippocampo. Non solo quella di Virginia Woolf, che con il marito Leonard ha ideato e realizzato il parco verde di Monk's House, ma anche quella di Caroline Zoob, ideatrice e curatrice dell'opera, e quella di Caroline Arber, che l'ha arricchita con splendide fotografie. Una passione che emerge dall'attenzione e la premura con cui negli anni è stato accudito, migliorato e impreziosito, reso familiare e specchio di una, anzi due, esistenze il giardino amato da Leonard e Virginia, ma che traspare anche dal progetto grafico e testuale del libro, dalla combinazione di parole e figurazioni a formare un mosaico di colori e forme, una sinfonia di bellezza.
Si deve perdonare a questa recensione la sovrabbondanza metaforica, o una certa tendenza all'aggettivazione iperbolica: la verità è che solo in termini entusiastici e un po’ visionari si può rendere l'effetto di insieme dell'opera di Caroline Zoob.
I comprimari li incontriamo subito, nella prefazione scritta da un nipote che faceva spesso visita agli zii: Leonard, "il profilo di un profeta biblico che fuma la pipa" (p. 6), un brav'uomo concreto, cordiale, con i pantaloni di velluto a coste; e Virginia, che "amava quel giardino e [...] ebbe la sua parte nella [...] creazione di un regno incantato" (p. 7). Quanto al protagonista indiscusso, quel "paradiso terrestre" che Cecil Woolf ricorda come in un sogno, iniziamo a incontrarlo qui, attraverso parole che si confessano indegne di celebrare l'"epopea orticola" che sarebbe necessaria per rendergli giustizia, ma lo scopriamo un po' alla volta nelle pagine successive, sfogliando un albo illustrato che assume presto le fattezze di un album di famiglia.
E in effetti, nel volume, a quelle della famiglia Woolf si intrecciano le vicende della famiglia di Caroline Zoob, che per dieci anni ha vissuto insieme al marito come affittuaria a Monk's House, occupandosi di mantenere vivo e rigoglioso il suo giardino: "come i Woolf nel 1919, avevamo scarsa esperienza di giardinaggio ma entusiasmo in abbondanza" (p. 8). Eppure il giardino si offre allo sguardo nella sua sovrabbondanza di fiori e di frutti, offrendo agli inquilini di ogni epoca gioia e serenità:
Sembrava che vi fosse un'infinità di alberi da frutto; le prugne erano così fitte che, gravando sulla punta, curvavano in basso il ramo; fra i cavoli spuntavano fiori inattesi,
così viene commentata la prima visita al parco di Monk's House; ancora, Virginia scrive agli amici:
non posso descrivertelo, perché devi venire a sederti qui con me sul prato, o a fare una passeggiata nel meleto o a raccogliere: ci sono ciliegie, prugne, pere, fichi, più tutti gli ortaggi. Sarà il vanto dei nostri cuori, sappilo. (p. 20)
Nel giro di poco, da quando i Woolf si insediarono a Monk's House, il giardino divenne riflesso dei loro sentimenti: era il luogo del lavoro e della quiete, dell'amore e dell'amicizia, ma anche il luogo in cui si poteva riscoprire il sereno appagamento delle piccole cose ("tutto il giorno a togliere erbacce per terminare le aiuole con uno strano entusiasmo che mi ha indotto a dire questa è la felicità", p. 28). Felicità è, in effetti, la parola che più spesso ricorre nelle citazioni di Virginia associate al giardino, tra quelle riportate nel testo: una felicità domestica, in grado di pacificare il suo animo inquieto; una felicità che, grazie alla forza espressiva delle fotografie, non fatica ad intuire anche il lettore.
Questi giardino così amato ci viene presentato nel suo complesso, attraverso ricche e dettagliate descrizioni, piantine dei singoli horti conclusi, con tanto di schemi di impianto per la realizzazione di angoli fioriti armoniosi ed equilibrati, e riflessioni sulle accortezze necessarie per il mantenimento delle aree verdi. Mentre percorriamo vialetti e valichiamo archi frondosi, ci viene concesso un accesso anche alle stanze di Monk's House, costruita poco alla volta dai Woolf a loro immagine e somiglianza. I toni verdi della casa, prediletti da Virginia e intensamente voluti, fungono da puntuale contrappunto per quelli del parco, in un armonioso richiamo tra interno ed esterno.
Nel suo complesso intreccio di testi e immagini, l'opera riesce a restituire perfettamente quel senso di "silenziosa continuità" (p. 58) che ha guidato negli anni l'agire di ogni abitante della casa, deciso non solo a perpetrarne la bellezza, ma a far perdurare, integrandoli negli ambienti, la presenza e l'operato dei predecessori.
L'esplorazione emozionata del giardino offre a Zoob il pretesto per narrare una duplice storia d'amore: quella dei Woolf per Monk's House e quella dei coniugi l'uno per l'altro. Non è un caso che, dopo il drammatico suicidio di Virginia, le sue ceneri siano state seppellite sotto uno degli olmi del parco, e che questo quindi sia diventato uno spazio sacro, meta di pellegrinaggio da parte di molti lettori devoti. Il giardino è il luogo in cui la memoria di Virginia può sopravvivere al tempo; lo stesso Leonard, nei primi tempi della sua assenza, continua ad attenderla alle soglie dell'orto:
Dicono “Vieni a prendere un tè e fatti consolare”. Ma non va bene. Bisogna farsi crocifiggere sulla propria croce privata […] In giardino so che Virginia non mi verrà incontro dallo studio eppure guardo in quella direzione cercandola con gli occhi. So che è annegata eppure resto in ascolto aspettando che venga alla porta. So che è l’ultima pagina eppure la volto. (p. 150)
Al contempo, però, il giardino sopravvive a Virginia e si rinnova dopo di lei, nel ciclo delle stagioni che portano altre rigogliose primavere. In queste nuove fioriture, immortalate con scrupolo e devozione da Zoob e Arber, si legge anche il messaggio più bello del volume, che risiede nella sollecitudine con cui l'eredità dei coniugi Woolf viene salvaguardata: grazie al National Trust e allo zelo degli affittuari che si sono susseguiti tra le stanze di Monk's House, infatti, la tenuta è stata mantenuta intatta, o rinnovata "nello spirito di Bloomsbury", quindi con quell'attenzione alle forme e ai colori che caratterizzano tuttora i suoi spazi verdi.
È difficile definire il target di riferimento de Il giardino di Virginia Woolf: lo amerà chi ha apprezzato la scrittrice, chi si è commosso leggendo i suoi romanzi o scoprendo della sua vita complicata o della sua relazione toccante con il marito, perché potrà riguardare quanto credeva di sapere attraverso una prospettiva nuova; lo ameranno gli esperti di botanica, perché molti sono i dettagli tecnici e i consigli per la realizzazione di un giardino a cui non manchino mai vitalità e colori; lo amerà anche chi non può fare a meno di emozionarsi di fronte ai volumi illustrati di eccellente fattura, perché questo di Ippocampo è un libro che si può leggere, ma che si può anche semplicemente sfogliare, per fruire con piacere degli scorci suggestivi di Caroline Arber. Lo amerà soprattutto chi cerca tutti gli elementi precedenti, perché li troverà – e con soddisfazione – splendidamente armonizzati in un’opera unitaria, in grado di soddisfare al tempo stesso vista e intelletto.
Carolina Pernigo