di Javier Sierra
DeA Planeta, 2018
Titolo originale: El fuego invisible
Traduzione di Claudia Acher Marinelli
pp. 522
€ 18.00 (cartaceo)
€ 9.99 (formato Kindle)
«Scrivere significa cercare. Un giorno lo capirai. Se per caso diventerai uno scrittore, passerai la vita a cercare. E non smetterai mai di farlo. Mai». (p. 31)
Sono queste le parole che il famoso scrittore José Roca rivolge al nipotino David, quasi 10 anni, che gli chiede dove mai il nonno trovi le sue storie, quelle che racconta nei suoi romanzi e che poi viaggiano per tutto il mondo, di mano in mano, di persona in persona, di libro in libro.
Senza volerlo il ragazzino ha messo il dito nella fonte del mistero e in quello che sarà il fulcro portante di tutto il libro. Da dove arriva l'ispirazione agli scrittori? Dove si alimenta questo loro «fuoco invisibile»?
Il romanzo inizia quando David, ormai trentenne, professore di linguistica al Trinity College di Dublino, una grande passione per l'etimologia delle parole, viene inviato a Madrid, sua terra natale, alla ricerca di un libro antico. Ma è solo un pretesto. In realtà, la madre lo invia in Spagna perché possa riallacciare i fili del suo destino. Non a caso il biglietto che accompagna i pass aerei in regalo dice: «Così ti ricorderai da dove vieni. Buon viaggio, figlio mio».
Un po' perplesso sul significato di queste parole David parte per un'assolata, afosa e semideserta Madrid d'agosto, alla ricerca di quel libro. Un'attività che lascerà ben presto perché risucchiato dal vero motivo del viaggio: Doña Victoria Goodman, anziana scrittrice madrilena di romanzi gotici, grande amica di José Roca, il nonno scrittore, ormai morto, di David, desidera rivederlo. E lo invita mandandolo a chiamare da Paula Esteve, una ragazza che suscita subito l'interesse di David. In men che non si dica David si ritrova in casa di Doña Victoria, dove capisce subito di essere entrato a far parte di un gruppo misterioso di letterati, legato dalla Teoria dei segreti, dedito alla ricerca del vero potere della letteratura, delle parole. Gli adepti di Doña Victoria sono convinti, secondo le teorie di Parmenide e di Platone, che esista un mondo altro, una seconda dimensione separata dall'uomo, una realtà trascendente dove vivono le Idee. Soltanto artisti, scrittori, filosofi e creatori di una qualsivoglia forma d'arte possono avere un contatto con questo mondo e rappresentano, come profeti, il tramite tra esso e il mondo degli umani. Ma c'è uno strumento che consente questo passaggio e ci sono luoghi magici dove questo attraversamento avviene. Ed ecco che la ricerca del gruppo, la quête, s'intreccia con quella del Santo Graal, il calice da cui Gesù bevve nell'ultima cena e che, secondo la leggenda, San Pietro salvò nascondendolo poi in Europa, in otto diverse chiese dei Pirenei. Tutte contrassegnate da un chrismòn, il simbolo del passaggio del Graal. Alla ricerca del prodigioso calice, che sarebbe proprio lo strumento che consente il passaggio all'invisibile, al giardino delle Idee, i discepoli di Doña Victoria si dividono in tre gruppi (David sarà con Paula, e già si capisce come andrà a finire tra i due) e da qui parte il viaggio avventuroso dell'intero romanzo.
Tutto questo avviene nelle prime cento pagine, il lettore da qui in poi avrà a disposizione altre 400 pagine per seguire i protagonisti nelle chiese più sperdute della Spagna, per ammirare le pitture più enigmatiche delle absidi romaniche, per leggere le teorie più strane e curiose che riguardano il Santo Graal, per spaziare dalla letteratura medievale agli scrittori più moderni, da Chrétien de Troyes a Dan Brown, per lasciarsi avviluppare sempre più dal mistero che si infittisce, per assistere, sgomento, a morti improvvise e violente. Il tutto nelle forme di un gioco, un duello letterario: tale è la sfida che Doña Victoria Goodman ha lanciato al suo gruppo. Lei che, fin da bambina, sapeva da dove venivano le storie, così come lo sapeva il nonno di David. Sarà proprio scoprendo, nel corso degli avvenimenti, una particolare eredità lasciatagli dal nonno scrittore che David riallaccerà i fili del suo destino. Proprio come gli aveva predetto la mamma, regalandogli il viaggio.
Se tutto questo vi sembra un deja vu, non siete in torto. Sono ormai numerosissimi i romanzi che prendono a protagonista il Sacro Graal, simbolo ogni volta di un potere, una liturgia, un ricordo, una fede, un avvenimento diverso, a seconda delle convinzioni religiose dello scrittore in questione.
Ma se l'armamentario letterario del Sacro Graal non è certo una novità, l'elemento più nuovo e interessante di questo romanzo è l'aver legato il Graal all'ispirazione artistica, al passaggio verso un aldilà che non è soltanto un concetto appannaggio della religione, ma ha a che fare con il mondo delle Idee. Le parole chiave del libro sono per visibilia ad invisibilia e rappresentano l'incessante anelito dell'uomo verso il trascendente. Un desiderio che per Doña Victoria e i suoi discepoli non ha però nulla di religioso, perché la loro religione è la letteratura.
È come se i discepoli di Parmenide ci volessero dire che la letteratura e la musica autentiche servirono, fin dal principio, per tracciare la strada verso mondi superiori. Ecco perché fu inventata la letteratura: per farci accedere al trascendente. (p. 76)
Letteratura come forma occulta di potere, come strumento in grado di aprire gli occhi dell'uomo, di imporre deviazioni e svolte nello sviluppo delle civiltà. Ed è davvero affascinante seguire lo scrittore sul campo metaletterario, in un terreno che si trova appena al di là della trama, già di per sé avvincente (non mancano infatti colpi di scena, agnizioni e rivelazioni, morti, brividi, presenze soprannaturali, visioni e quant'altro, come si conviene a un certo filone di letteratura spagnola contemporanea): la metaletterarietà si gioca nelle citazioni di libri disseminate attraverso il testo e negli aneddoti riguardanti scrittori famosi, come quello che ci racconta che Mark Twain nacque nel 1835, uno degli anni che segnarono il passaggio della cometa di Halley sulla Terra. Lo scrittore credeva di essere caduto dal cielo a seguito di questo volo della cometa e le rimase sempre affezionato, tanto da pensare che lei sarebbe tornata a prenderlo. Manco a dirlo, Twain morì d'infarto il 21 aprile 1910, il giorno dopo un altro passaggio della sua amata cometa. Che davvero tornò a riprenderselo. Quasi come se, anche lei, facesse parte di quel mondo altro a cui solo gli scrittori possono avere accesso. Questo è soltanto uno degli accenni a libri, scrittori e letteratura di cui questo romanzo è piacevolmente ricco.
Per il resto la trama si dipana, avventurosa e colta (vedrete, vi segnerete sul taccuino dei viaggi i nomi delle chiese di cui ammirerete le pitture per poter tornare a vederle di persona, sfidando magari con un po' di trepidazione la visione del Sacro Graal, questa ciotola luminescente nelle mani delle donne immortalate sulle absidi). Tra un colpo di scena e l'altro, si arrampicherà, con un certo climax, verso il finale. Che, però, ha il torto di sciogliersi un po' troppo velocemente, "ammosciandosi" un po'. Come un soufflé improvvisamente estratto dal forno. Arrivati in cima a questa salita, forse, era lecito aspettarsi qualcosa di più. Nonostante ciò il giudizio finale rimane quello di una lettura piacevole, coinvolgente e interessante.
Con questo romanzo Javier Sierra, giornalista con interessi particolari, dall'archeologia misteriosa all'ufologia, dall'esoterismo al paranormale, ha conquistato il Premio Planeta 2017. Che non è poca cosa, visto che, economicamente parlando, è secondo soltanto al Premio Nobel.
Rosatea Poli