Le nebbie di Avalon. Parte prima (titolo originale: The Mists of Avalon)
di Marion Zimmer Bradley (traduttore: Flavio Santi)
HarperCollins, 2018
(prima edizione in lingua originale: Baen, 1983;
prima edizione in lingua italiana: Longanesi &C., 1986)
pp. 600
€ 22 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Se infatti dapprima si legge un'opera e poi le sue critiche, io tempo fa mi "scontrai" con l'ultima fatica letteraria di una delle mie autrici preferite all'interno del panorama nazionale: L'inferno è una buona memoria - Visioni da Le nebbie di Avalon (Marsilio, 2018, qui la mia recensione) di Michela Murgia, scrittrice, tra gli altri, di Accabadora, pubblicato da Einaudi nel 2009 (qui una mia rilettura).
Questo libretto dell'autrice sarda costituiva uno splendido inno al femminismo contenuto ne Le nebbie di Avalon, forse la saga maggiormente conosciuta della scrittrice statunitense Marion Zimmer Bradley (Albany, 1930 - Berkley, 1999), che con questa si aggiudicò il premio Locus Award come miglior romanzo fantasy.
Incuriosita e ammirata dalle parole della Murgia, ho iniziato a sfogliare la nuova edizione di quest'opera, pubblicata ora in Italia in due volumi dall'editore HarperCollins in una nuova versione integrale ritradotta da Flavio Santi senza le precedenti censure.
Confesso che, forse per l'abbondante simbolismo molto spesso presente nei libri di genere fantasy a causa del quale spesso fatico a ricondurre le trame ad elementi maggiormente legati al reale, non sono avvezza alla lettura di saghe di questo tipo, e così il primo impatto con Le nebbie di Avalon (un romanzo di oltre 600 pagine il cui secondo e ultimo volume uscirà a febbraio) mi ha intimorita un po', tanto da indurmi a vedere inizialmente la miniserie televisiva ad esso ispirata e coprodotta da Stati Uniti, Germania e Repubblica Ceca nel 2001 per cercare di "decriptare" i suoi mille significati.
Solo dopo la visione di questo adattamento televisivo mi sono realmente immersa nelle atmosfere che si respirano nei romanzi aventi ad oggetto le avventure dei protagonisti del ciclo di Britannia e ho iniziato a leggere l'opera di Marion Zimmer Bradley.
Fin da subito sono stata costretta a ricredermi, perché questo splendido volume non corrisponde ad alcuno dei miei personalissimi stereotipi sul fantasy: Marion Zimmer Bradley, infatti, forgia un universo incredibile popolato dai personaggi che ruotano attorno al mitico re Arthur, il sovrano legato alla leggenda anglosassone che, assieme ai cavalieri seduti attorno alla Tavola Rotonda e grazie alla leggendaria spada Excalibur, riuscì a portare la pace in Britannia.
Se le vicende di re Arthur e delle dame che vissero al suo tempo sono notissime, l'autrice aggiunge alle gesta narrate una visione maggiormente realistica della storia, perché ella non solo tratteggia molto bene la psicologia dei suoi personaggi, ma grazie a studi approfonditi riporta con dovizia di particolari molti degli elementi assai cari alla tradizione celtica.
Il linguaggio della Zimmer Bradley riesce sempre a essere comprensibile ma mai banale, ponendo al centro della storia un elemento al quale nessun narratore del ciclo bretone aveva mai prestato attenzione: la prospettiva delle protagoniste femminili, le difficoltà che si trovano ad affrontare, il loro vissuto quotidiano, in una parola la loro vita. L'autrice, infatti, ci racconta le gesta di Ingraine, Morgaine, Viviane, Morgause e Gwenhwyfar (per motivi di aderenza al testo inglese l'editore ha scelto di lasciare i nomi dei personaggi e dei luoghi nella loro forma originale, anziché riportarli secondo la loro traduzione italianizzata).
D'altra parte, molto risalto è tributato anche all'amor cortese raccontato in epoca medievale:
L'aspetto, però, che più di tutti mi ha colpita e coinvolta è senza dubbio il totale ribaltamento del ruolo maschile all'interno della letteratura (e non solo): in particolare, se all'interno del ciclo arturiano sono sempre gli uomini (re, guerrieri, maghi...) a muovere le fila della storia, a essere posti al centro dell'azione e ad attrarre lo sguardo del lettore sulle loro azioni, ne Le nebbie di Avalon sono invece le donne a calamitare l'attenzione dello spettatore. Stavolta sono loro, sono le regine, le guerriere, le maghe a divenire parte attiva della loro esistenza, a non limitarsi al ruolo ancillare di madre e moglie, ma anzi a vivere la maternità e il matrimonio in modo molto diverso da quello totalitario al quale ci hanno abituati molta parte della letteratura e della società.
Volendo esaminare più da vicino il senso di maternità di queste donne, ciò che scuote il lettore è quasi l'incuria, l'abbandono che le sacerdotesse hanno nei confronti dei loro figli; prova ne sia il fatto che la loro prole viene quasi sempre data in adozione a re di regni lontani o alle maghe del regno di Avalon, come accade per Morgaine, cresciuta dalla zia Viviane, e per Arthur, affidato al re Ectorius.
Per tale ragione consiglio di leggere o rileggere questo bel volume edito da HarperCollins e di aspettare con trepidante attesa l'uscita del secondo: uomini, donne e bambini saranno letteralmente catturati dall'incredibile universo popolato da creature magiche che hanno, però, dei tratti fisici e psicologici talmente umani, da farceli sentire vicinissimi e simili a noi, e non potranno fare a meno di considerare come le prodezze delle sacerdotesse di Avalon e dei cavalieri della Tavola Rotonda, i loro sogni, le loro aspirazioni sono più che mai attuali.
Ilaria Pocaforza
L'uomo può obbedire ciecamente ai sacerdoti e alle loro leggi e vivere nell'ignoranza, oppure può scegliere di disobbedire, seguire il Portatore della Luce e subire le sofferenze della Ruota della Rinascita (p. 93).Il mio primo approccio con Le nebbie di Avalon. Parte prima è avvenuto in maniera insolita, del tutto opposta a quella che con cui ci si accosta a un libro normalmente.
Se infatti dapprima si legge un'opera e poi le sue critiche, io tempo fa mi "scontrai" con l'ultima fatica letteraria di una delle mie autrici preferite all'interno del panorama nazionale: L'inferno è una buona memoria - Visioni da Le nebbie di Avalon (Marsilio, 2018, qui la mia recensione) di Michela Murgia, scrittrice, tra gli altri, di Accabadora, pubblicato da Einaudi nel 2009 (qui una mia rilettura).
Questo libretto dell'autrice sarda costituiva uno splendido inno al femminismo contenuto ne Le nebbie di Avalon, forse la saga maggiormente conosciuta della scrittrice statunitense Marion Zimmer Bradley (Albany, 1930 - Berkley, 1999), che con questa si aggiudicò il premio Locus Award come miglior romanzo fantasy.
Incuriosita e ammirata dalle parole della Murgia, ho iniziato a sfogliare la nuova edizione di quest'opera, pubblicata ora in Italia in due volumi dall'editore HarperCollins in una nuova versione integrale ritradotta da Flavio Santi senza le precedenti censure.
Confesso che, forse per l'abbondante simbolismo molto spesso presente nei libri di genere fantasy a causa del quale spesso fatico a ricondurre le trame ad elementi maggiormente legati al reale, non sono avvezza alla lettura di saghe di questo tipo, e così il primo impatto con Le nebbie di Avalon (un romanzo di oltre 600 pagine il cui secondo e ultimo volume uscirà a febbraio) mi ha intimorita un po', tanto da indurmi a vedere inizialmente la miniserie televisiva ad esso ispirata e coprodotta da Stati Uniti, Germania e Repubblica Ceca nel 2001 per cercare di "decriptare" i suoi mille significati.
Solo dopo la visione di questo adattamento televisivo mi sono realmente immersa nelle atmosfere che si respirano nei romanzi aventi ad oggetto le avventure dei protagonisti del ciclo di Britannia e ho iniziato a leggere l'opera di Marion Zimmer Bradley.
Un'immagine tratta dal film ispirato all'opera di Marion Zimmer Bradley |
Se le vicende di re Arthur e delle dame che vissero al suo tempo sono notissime, l'autrice aggiunge alle gesta narrate una visione maggiormente realistica della storia, perché ella non solo tratteggia molto bene la psicologia dei suoi personaggi, ma grazie a studi approfonditi riporta con dovizia di particolari molti degli elementi assai cari alla tradizione celtica.
Il linguaggio della Zimmer Bradley riesce sempre a essere comprensibile ma mai banale, ponendo al centro della storia un elemento al quale nessun narratore del ciclo bretone aveva mai prestato attenzione: la prospettiva delle protagoniste femminili, le difficoltà che si trovano ad affrontare, il loro vissuto quotidiano, in una parola la loro vita. L'autrice, infatti, ci racconta le gesta di Ingraine, Morgaine, Viviane, Morgause e Gwenhwyfar (per motivi di aderenza al testo inglese l'editore ha scelto di lasciare i nomi dei personaggi e dei luoghi nella loro forma originale, anziché riportarli secondo la loro traduzione italianizzata).
Morgaine...Che ne sarà di mia figlia? E di Morgause, la mia dolce sorellina? È proprio vero: ogni donna deve pregare che il suo uomo viva per proteggerla (p. 43).Il pensiero che abbiamo appena riportato appartiene a una donna dell'epoca medievale (in particolare a Ingraine), eppure per certi versi è ancora molto attuale.
D'altra parte, molto risalto è tributato anche all'amor cortese raccontato in epoca medievale:
Nel tempio dicono che la vera felicità si trova soltanto nella liberazione dalla Ruota della Morte e della Rinascita e che dobbiamo disprezzare le gioie e le sofferenze terrene, e aspirare soltanto alla pace dell'Eterno. Eppure io amo questa vita sulla terra, Morgaine, e amo te di un amore più forte della morte. Se il peccato è il prezzo della nostra unione, vita dopo vita nei secoli, allora peccherò con gioia e senza rimpianti, per ritornare sempre a te, mia amata! (pp. 93-94)Un altro dei temi che muovono il racconto è indubbiamente rappresentato dall'avvento della religione cristiana a scapito dei riti pagani dell'epoca celtica, riti, questi ultimi, destinati inevitabilmente a soccombere: ho trovato affascinanti le descrizioni delle cerimonie celtiche, le visioni delle sacerdotesse, la fede nella Natura e il rispetto per essa in quanto entità benevola:
«Perché una gatta partorisce i suoi piccoli facendo le fusa, non gemendo, e forse questo fatto ti aiuterà a sentire meno dolore» le disse accarezzando quel batuffolo di pelo. «È una forma di nascita magica che forse ad Avalon non conoscete [...]» (p. 339).Interessantissima è anche la posizione di Morgaine: in quanto donna non sottomessa alla volontà di un marito e alle rigide regole di una famiglia di stampo tradizionale, viene velatamente accusata di essere una strega. Un tratto, questo, nel quale è rinvenibile la discriminazione che sarebbe stata operata negli anni a venire dalla Chiesa e dalla società nei confronti delle donne che non si adeguavano ai dettami imposti da una società di tipo patriarcale.
L'aspetto, però, che più di tutti mi ha colpita e coinvolta è senza dubbio il totale ribaltamento del ruolo maschile all'interno della letteratura (e non solo): in particolare, se all'interno del ciclo arturiano sono sempre gli uomini (re, guerrieri, maghi...) a muovere le fila della storia, a essere posti al centro dell'azione e ad attrarre lo sguardo del lettore sulle loro azioni, ne Le nebbie di Avalon sono invece le donne a calamitare l'attenzione dello spettatore. Stavolta sono loro, sono le regine, le guerriere, le maghe a divenire parte attiva della loro esistenza, a non limitarsi al ruolo ancillare di madre e moglie, ma anzi a vivere la maternità e il matrimonio in modo molto diverso da quello totalitario al quale ci hanno abituati molta parte della letteratura e della società.
Volendo esaminare più da vicino il senso di maternità di queste donne, ciò che scuote il lettore è quasi l'incuria, l'abbandono che le sacerdotesse hanno nei confronti dei loro figli; prova ne sia il fatto che la loro prole viene quasi sempre data in adozione a re di regni lontani o alle maghe del regno di Avalon, come accade per Morgaine, cresciuta dalla zia Viviane, e per Arthur, affidato al re Ectorius.
«Ho trovato il modo» disse Viviane. «E accadrà con la luna nuova. Ho per lui una spada, una spada leggendaria, mai impugnata da nessun eroe vivente (...). E per quella spada gli chiederò un pegno: gli farò giurare fedeltà ad Avalon, qualunque cosa escogitino i Cristiani. Forse allora la marea cambierà, Avalon riemergerà dalle nebbie, i monaci e il loro Dio morto spariranno nell'ombra, e finalmente Avalon tornerà a rifulgere nella luce del mondo esterno» (p. 268).Volendo concludere questa riflessione sull'opera maggiormente conosciuta di Marion Zimmer Bradley, fortissima è l'ammirazione per le gesta delle donne de Le nebbie di Avalon. Parte prima, che risuonano di un'epica a tratti omerica.
Per tale ragione consiglio di leggere o rileggere questo bel volume edito da HarperCollins e di aspettare con trepidante attesa l'uscita del secondo: uomini, donne e bambini saranno letteralmente catturati dall'incredibile universo popolato da creature magiche che hanno, però, dei tratti fisici e psicologici talmente umani, da farceli sentire vicinissimi e simili a noi, e non potranno fare a meno di considerare come le prodezze delle sacerdotesse di Avalon e dei cavalieri della Tavola Rotonda, i loro sogni, le loro aspirazioni sono più che mai attuali.
Ilaria Pocaforza