Stella
di Takis Würger
Feltrinelli, gennaio 2019
pp.182
€ 16 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Berlino, anni Quaranta. In certi locali c’è una musica swing che accompagna l’apparente leggerezza della vita, tra un allarme antiaereo e i comandamenti di Goebbels, c’è l’Arte che il Reich considera degenerata e c’è in sottofondo la vita che vuole danzare, ma deve nascondersi. Ci sono Fritz e Kristin, il loro rapporto strano, ci sono amici e conoscenti, c’è l’apparente leggerezza dell’enigmatica protagonista e il contrasto, netto, con l’atrocità della vicenda, raccontata in maniera magistrale da Takis Würger nel suo Stella, in uscita per Feltrinelli, nella traduzione italiana.
L’autore, giornalista di Der Spiegel, e scrittore, ci racconta un personaggio, partendo da una storia vera, romanzando alcuni avvenimenti, ma lasciando intatta la crudeltà della storia; sia attraverso l’espediente della sequenza storica di avvenimenti con cui si susseguono gli incipit dei capitoli, sia lasciando in corsivo stralci dei processi a carico dell’imputata. Chi è la vittima e chi il carnefice? Questo è il vero interrogativo del romanzo, che non intendiamo svelare, e in generale, su avvenimenti così complessi, è questo il nodo centrale su cui si susseguono le teorie degli storici. Oltre ad indagare il “come”, Würger ci spinge oltre, facendoci progredire, dolcemente e atrocemente verso il “perché”.
La vicenda è narrata in prima persona dal giovane svizzero Friedrich, che con vorace ingenuità vuole conoscere la realtà delle cose e sapere cosa succede davvero dall’altra parte della barricata e imparare a disegnare. Tutto ciò che Friedrich sa della Germania l’ha letto sui libri, l’ha visto al cinema o l’ha immaginato:
“Nella mia mente, i tedeschi erano esattamente ciò che io volevo essere. Al cinematografo avevo visto immagini di soldati in marcia. Non volevo essere un soldato, ma - chissà - forse una parte di quella forza si sarebbe riversata in me.“
Così, ubriacato, in un certo senso, di superomismo e di voglia di rivalsa, sceglie Berlino per il suo lungo viaggio di iniziazione alla vita e all’affettività, dopo esserne stato privato da un rapporto difficile e ambivalente con le figure di riferimento, in particolare la madre. Nella fredda e indecifrabile Berlino incontrerà Kristin, modella e cantante, bellissima e misteriosa; se ne innamorerà, e deciderà di vivere in un contesto drammatico, da cui la storia voleva vederlo estraneo, e in cui, attraverso la caparbietà dell’amore, si getterà a capofitto.
Tutto sembra scorrere facilmente, nonostante la guerra e le SS, nonostante la morte aleggi attorno a loro, i due sembrano esserne immuni, o semplicemente estranei a quel contesto, quasi che l'orrore non possa riguardarli. Poi un giorno Kristin sparisce, Fritz crede di morire di dolore, immagina di essere stato abbandonato dal suo amore. Qualche giorno dopo la bella fanciulla ricompare, nel corpo ha i segni della violenza e della tortura, e i due giovani sono messi loro malgrado di fronte alla verità, crudele, della storia e delle loro vite.
Il modo in cui l’autore descrive i personaggi è magistrale, ci fa respirare il periodo, non lascia spazio al pietismo, ci racconta l’altra faccia della medaglia, l’euforia tedesca, l’inebriante utopia della vittoria, le feste, gli sprechi, e il bisogno di credere nella purezza delle cose, ciecamente. Ci parla dei rapporti tra le persone, della relazione tra le cose e mette, a sua volta, in relazione date ed eventi, storia e finzione, in un costante capovolgersi dei ruoli che dona al racconto un ritmo frenetico e costringe il lettore a stare inchiodato alle pagine, in attesa di capire la verità e temendone, nello stesso tempo, le conseguenze.
La questione della colpa e del male, la stessa che per la Arendt appare così “banale” incarnato da criminali come Eichmann, assume qui una luce nuova, spietata e umanissima. Kristin o Stella, come può tardi si scoprirà, esiste due volte; una prima volta nel ruolo che lei vuole assegnarsi per gli altri, non a caso il nome Kristin, nella tradizione ebraica proviene da mashīáh’, ovvero l’eletto, e una seconda volta nel suo disvelarsi luminosa, come suggerisce il nome Stella. Non a caso per gli ebrei il nome ha un significato importantissimo, perché conoscere il nome di qualcuno equivale a conoscerne la natura, e vuol dire avere un certo dominio su di lui, partecipando alla sua potenza. Nell’inganno collettivo che la donna alimenta c’è il posto che lei assume in mezzo agli altri e quello che la Storia le assegna, così come è, e come fu, per molti in quel tempo, così viziato dalla ricerca della perfezione apparente, e così marcio nelle reali intenzioni di chi mise in pratica lo sterminio di milioni di innocenti.
Nonostante la crudezza degli argomenti trattati, che a tratti stridono con l’idea che i due amanti hanno di se stessi e del luogo in cui vivono, come coperti da un velo di finzione, la penna scorre senza indugiare, impietoso è lo sguardo di chi descrive, razionale anche di fronte alla debolezza, studiato è il distacco.
Ogni cosa si trasforma infine, per questo il romanzo è anche un racconto di metamorfosi, che non sarà per Kristin positivo, non le saranno concesse foglie d’alloro in cambio di immortalità. Così come è anche un romanzo che parla del rapporto genitori-figli, dell’abnorme mostruosa debolezza che talora i genitori mostrano, di colpa e di redenzione, di sofferenza che nasce dall’amore, che non può essere salvifico in questo caso. È un romanzo sulla vita e sulla morte, sulla colpa e l’innocenza, sulle ragioni dei carnefici, sulla Seconda guerra mondiale, sui tedeschi, sugli ebrei, su ciò che siamo e su cosa, spinti dal furore dell’amore o dal dolore, riusciamo a diventare.
Samantha Viva