Nel giardino delle scrittrici nude
di Piersandro Pallavicini
Feltrinelli, 2019
pp. 240
€ 16,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
€ 9,99 (ebook)
Dopo La chimica della bellezza e Una commedia italiana Piersandro Pallavicini torna in libreria con un romanzo spassoso e il cui titolo lascia poco spazio all’immaginazione. Nel giardino delle scrittrici nude non vengono spogliate solo le protagoniste della storia, ma vengono smascherate dai belletti dell’alta società le dinamiche che regolano per davvero il mondo della cultura in Italia e, soprattutto, quello dei premi letterari. Una storia che molto dice sul modo tutto italiano (ma anche straniero, chi lo sa) di comporre l’Olimpo degli scrittori e che troverà nella paladina Sara Brivio la sua prima guerriera.
Sara ha sessant’anni e non disdegna affatto di fare la smorbia: compra prime edizioni autografate di qualunque romanzo le venga in mente, colleziona pezzi di arte contemporanea, cena in ristoranti stellati, vola da Milano a Vienna per il gusto di mangiare una vera Sacher all’ora della merenda, quando si fa sentire un certo languorino. Quando ozia, si gode il sole integrale nel giardino della sua strepitosa villa nel centro di Milano, alle Cinque Vie, il quartiere dei suoi più reconditi sogni di ragazzina. Insieme a lei vivono le due amiche più care, Elena e Fanny, scrittrici nude come la stessa Sara. Sì, perché la signora Brivio altri non è che la dimenticata scrittrice vigevanese che ha sempre sbarcato il lunario tirando avanti a fatica con le poche copie vendute dei suoi romanzi, con qualche recensione su la Lettura e con sporadiche rassegne culturali per l’università della terza età. Poi, improvvisamente, ecco arrivare un’immensa eredità dall'escrementizio (parole sue) padre, la cui sola rendita mensile sfiora i due milioni di euro. Quale sassolino togliersi per primo dalle usurate scarpe da quattro soldi se non organizzare il Premio Brivio? Un premio letterario con in palio mezzo milione di euro (ogni anno) a uno scrittore dimenticato, l’eterno escluso di cui Sara e le amiche hanno condiviso le sorti, e con una cocente umiliazione assicurata, invece, a qualche detestatissimo volto noto dell’intellighenzia editoriale. Alla seconda edizione, però, si è candidato anche Daniele Castagnèr, in arte El Panteròn, i cui libri scalano sempre le classifiche. Sarebbe la vittima perfetta della vendetta della Brivio se non fosse per le armi che il viscido scrittore sfodererà per non lasciarsi sfuggire il succulento premio. Sara dovrà allora affrontare queste fastidiose insidie con tenacia, senza dimenticare il suo obiettivo primario: riallacciare i rapporti con la figlia, che non le rivolge la parola da più di dieci anni, dal momento cioè del divorzio con il pusillanime padre Giorgio.
Ad ascoltare la stessa Sara, secondo la quale «quello che scriviamo nei nostri libri viene dalle nostre esperienze vissute» (p. 210) verrebbe da pensare che sia stato Pallavicini a combattere in difesa dei dimenticati per mezzo della sua protagonista più riuscita. Nel giardino delle scrittrici nude possiede quel piglio stilistico e quella freschezza contenutistica che non fanno smettere di ridire e pensare. Ah che godereccio piacere vedere sgretolarsi sotto i nostri occhi il pantheon artistico dei vari Pennacchi o Scurati per mano dell’acuta e attenta analisi di un outsider!
Quale sia il volto dietro la vendetta non è quello che conta; non è nemmeno detto che Pallavicini, pensando a questa storia, fosse animato da ideali di denuncia contro il mondo ingiusto dei premi letterari, piegato da regole che spesso non hanno nulla a che vedere con il valore artistico di un’opera e non volesse, semplicemente, crogiolarsi insieme a noi nel brodo primordiale delle caricature da lui ritratte. Quel che è certo è che più che la realtà dei fatti a funzionare perfettamente nel romanzo sono i suoi personaggi e lo stile con cui è scritto. Il primo è vivace, veritiero, intelligente in tutte le arguzie e di una tale contemporaneità da reinventare il concetto stesso di italiano standard. I secondi sono dei veri individui, presentati a tutto tondo con i loro tic, i loro peculiari modi di parlare e agire e che insieme rendono la scena di questo giardino il teatro perfetto di una commedia del XXI secolo. A cominciare dalla protagonista, di cui seguiamo l’evoluzione comportamentale e mentale dall’inizio alla fine e che riusciamo difficile amare dalle prime pagine: troppi gli eccessi, esagerati i capricci che si concede. Salvo poi ricrederci dopo aver scoperto di più della sua vita. La mitica cuoca Gianna, tuttofare di casa Brivio e al tempo stesso grillo parlante (in vigevanese) in molte delle situazioni border line che la protagonista si trova ad affrontare. Per finire, poi, con le figure maschili, centrali per lo svolgimento della storia in quanto individui ridicoli e senza spina dorsale: lo scrittore Castagnèr, inutile esempio di fascino (ma che sorprenderà con un colpo di scena dalle tinte erotiche), l’ex marito Giorgio, scrittore inetto e che ha risucchiato Sara in un vortice di gang bang multirazziali per poi tirarsi indietro e accusando la donna quando la situazione si è fatta più seria, l’escrementizio sig. Brivio, il padre di Sara, che non è presente nella storia ma che abbiamo imparato a conoscere grazie ai racconti della figlia e di una misteriosa giraffona di un metro e settanta.
Nel giardino delle scrittrici nude è il romanzo perfetto per chi bazzica il mondo degli scrittori o è interessato alla cultura letteraria in Italia perché, con la giusta dose di autoironia, riesce a fare luce sugli aspetti più oscuri giudicando, certo, ma senza per questo risultare pedante o pesante. Un romanzo che ho pensato simile a quelle commedie americane che ti lasciano disteso e felice una volta usciti dal cinema. Una storia efficace e, quindi, da non perdere.
Federica Privitera
Ad ascoltare la stessa Sara, secondo la quale «quello che scriviamo nei nostri libri viene dalle nostre esperienze vissute» (p. 210) verrebbe da pensare che sia stato Pallavicini a combattere in difesa dei dimenticati per mezzo della sua protagonista più riuscita. Nel giardino delle scrittrici nude possiede quel piglio stilistico e quella freschezza contenutistica che non fanno smettere di ridire e pensare. Ah che godereccio piacere vedere sgretolarsi sotto i nostri occhi il pantheon artistico dei vari Pennacchi o Scurati per mano dell’acuta e attenta analisi di un outsider!
Quale sia il volto dietro la vendetta non è quello che conta; non è nemmeno detto che Pallavicini, pensando a questa storia, fosse animato da ideali di denuncia contro il mondo ingiusto dei premi letterari, piegato da regole che spesso non hanno nulla a che vedere con il valore artistico di un’opera e non volesse, semplicemente, crogiolarsi insieme a noi nel brodo primordiale delle caricature da lui ritratte. Quel che è certo è che più che la realtà dei fatti a funzionare perfettamente nel romanzo sono i suoi personaggi e lo stile con cui è scritto. Il primo è vivace, veritiero, intelligente in tutte le arguzie e di una tale contemporaneità da reinventare il concetto stesso di italiano standard. I secondi sono dei veri individui, presentati a tutto tondo con i loro tic, i loro peculiari modi di parlare e agire e che insieme rendono la scena di questo giardino il teatro perfetto di una commedia del XXI secolo. A cominciare dalla protagonista, di cui seguiamo l’evoluzione comportamentale e mentale dall’inizio alla fine e che riusciamo difficile amare dalle prime pagine: troppi gli eccessi, esagerati i capricci che si concede. Salvo poi ricrederci dopo aver scoperto di più della sua vita. La mitica cuoca Gianna, tuttofare di casa Brivio e al tempo stesso grillo parlante (in vigevanese) in molte delle situazioni border line che la protagonista si trova ad affrontare. Per finire, poi, con le figure maschili, centrali per lo svolgimento della storia in quanto individui ridicoli e senza spina dorsale: lo scrittore Castagnèr, inutile esempio di fascino (ma che sorprenderà con un colpo di scena dalle tinte erotiche), l’ex marito Giorgio, scrittore inetto e che ha risucchiato Sara in un vortice di gang bang multirazziali per poi tirarsi indietro e accusando la donna quando la situazione si è fatta più seria, l’escrementizio sig. Brivio, il padre di Sara, che non è presente nella storia ma che abbiamo imparato a conoscere grazie ai racconti della figlia e di una misteriosa giraffona di un metro e settanta.
Nel giardino delle scrittrici nude è il romanzo perfetto per chi bazzica il mondo degli scrittori o è interessato alla cultura letteraria in Italia perché, con la giusta dose di autoironia, riesce a fare luce sugli aspetti più oscuri giudicando, certo, ma senza per questo risultare pedante o pesante. Un romanzo che ho pensato simile a quelle commedie americane che ti lasciano disteso e felice una volta usciti dal cinema. Una storia efficace e, quindi, da non perdere.
Federica Privitera