La regina delle nevi
di Hans Christian Andersen
L’ippocampo, 2015
Illustrato da Sanna Annukka
Traduzione di Eva Kampmann
p. 88
€ 15,00
La regina delle nevi di Hans Christian Andersen è una storia che è in realtà sette storie, ognuna delle quali contiene tutta la crudeltà e la poesia delle fiabe per bambini. Di ognuna di esse proprio i bambini sono protagonisti: bambini sperduti e soli nel "vasto mondo", che diventa palestra dura, ma necessaria, per l'esistenza.
Il primo ad avventurarcisi è Kay, che non vede più il mondo per quello che è davvero. Infatti nel cuore gli è penetrata la scheggia di uno specchio dannato, nell'occhio un bruscolino: così ora non vede più la bellezza in ciò che lo circonda, non riconosce più i buoni sentimenti; il diavolo in persona, colui che divide, che si mette sempre in mezzo, lo separa quindi in questo modo subdolo e inavvertito – se non nei suoi effetti funesti – dalla sua compagna di giochi, la dolce Gerda, avvicinandolo invece all'amore possessivo e mortifero della regina delle nevi.
L'algida sovrana rappresenta l'inquietudine, la tentazione: blandisce con le sue promesse, lusinga con baci che gelano l'anima e producono l'oblio, stordisce con la bellezza e l'illusione di potenza, con la vastità del mondo intero dispiegato davanti agli occhi, e infine riduce gli uomini – e Kay con loro – ai suoi piedi. Proprio per ritrovare l'amico perduto, e quindi mossa al viaggio da un'istanza differente, partirà anche Gerda, che non si rassegna all'idea di essere rimasta sola. La bambina si avvia priva di tutto: rinuncia persino alle sue scarpette rosse, donate al fiume nella speranza che le restituisca Kay, o comunque che le dica come ritrovarlo. A differenza di Kay, lei non si lascia distrarre, perché saldo è il suo spirito, e la determinazione, la devozione che la trascinano incolume attraverso un mondo adulto e cattivo costringono chiunque la incontri a prestarle volontariamente il suo aiuto. Questa è la magia, tutta umana, che la bambina possiede, e che spinge la vecchia massaia finlandese a negarle l'aiuto dei suoi incantesimi:
Non posso darle più potere di quello che ha già! Non vedi quant'è grande? Non vedi come gli uomini e gli animali sono costretti a servirla, quanta strada è riuscita fare a piedi nudi? Noi non possiamo aiutarla ad aumentare il suo potere, che risiede nel suo cuore.
La piccola Gerda crede di essere inerme, invece è forte e coraggiosa, secondo un consolidato motivo fiabesco per cui i personaggi vanno cercando quel che hanno già dentro di sé (si pensi solo allo straordinario uso di questo topos da parte di L. Frank Baum ne Il mago di Oz). Gerda senza saperlo possiede le qualità necessarie per affrontare il viaggio: la capacità di ascolto (e meravigliosa parentesi lirica sono le storie che le raccontano i fiori, veri e propri varchi su altri universi e altre narrazioni), la sicurezza necessaria a mostrarsi davvero allo sguardo altrui e se serve a chiedere aiuto, la fiducia nel suo prossimo che diventa profezia autoavverante. Per la bambina la forza viene dall'amicizia, dall'amore generoso e disinteressato, dalla fede. La vicenda narrata da Andersen si impenna e prende il volo in una commistione di elementi disparati: briganti e cornacchie parlanti, vecchiette dagli strani poteri, legioni di angeli che sconfiggono eserciti di fiocchi di neve... la religione interseca le tradizioni popolari, in un connubio sincretistico che funziona e avvince. La piccola Gerda riesce a farsi strada nel castello di ghiaccio e ad aiutare l'amico ritrovato a riprendere possesso di se stesso ("Gerda! Cara, piccola Gerda! Dove sei stata tutto questo tempo? E io, dove sono stato?"), del proprio tempo e quindi dell'eternità. Attraverso due percorsi radicalmente differenti, forse complementari, i bambini apprendono la strada che li può condurre verso casa e, contestualmente, verso l'età adulta.
Celebre racconto di Andersen, La regina delle nevi appartiene alla memoria storica, o meglio al retaggio infantile, di ognuno di noi. Recuperare la fiaba "da grandi", cioè una volta apprese le lezioni di Propp e Bettelheim, consente di intuirne la complessità, di valorizzarne il sottotesto educativo al di là della trama avventurosa. Ma c'è di più. La cifra distintiva, qualificante, di questa preziosa edizione de L’Ippocampo risiede nella ricchezza delle immagini di Sanna Annukka, illustratrice britannica di origini finlandesi, famosa per la sua collaborazione con il brand Marimekko. Chiaramente suggestionata dai paesaggi e dal folklore nordico, Annukka accompagna quasi ogni pagina con immagini ricche di dettagli, basate su motivi geometrici fittissimi e armoniche simmetrie. Le linee essenziali e nitide, le figure iconiche e suggestive, minuziose ma mai ridondanti, offrono un contrappunto all'immaginario fondamentale per la piena fruizione del testo. Bisogna poi aggiungere che, a questa dimensione di complementarietà funzionale, si somma anche il godimento estetico: infatti la bellezza delle rappresentazioni, e del volume in senso lato, produce nel lettore – anche se adulto – una sensazione di pieno appagamento che lo accompagna senza abbandonarlo dalla prima all'ultima pagina.
Carolina Pernigo