Più grande la paura
di Beatrice Masini
Marsilio racconti, 2019
pp. 167
€ 16,50 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)
Era una casa dei giochi perfetta, se non altro perché nessuno di noi l'aveva desiderata o anche solo immaginata, cosa che l'avrebbe resa irrimediabilmente diversa da sé nel momento della sua venuta al mondo. Invece c'era già, esisteva prima di noi, molo in fondo al giardino, e quando la scoprimmo, la prima volta che Madre e Padre ci portarono a vedere la nostra nuova dimora, scoprimmo anche la misura precisa dello stupore quando è puro (p. 57).
Da un po' di tempo mi sto dedicando a raccolte di racconti che hanno per protagonisti bambini, e così mi sono imbattuta in Più grande la paura di Beatrice Masini (edito da Marsilio racconti, 2019): attraverso sette racconti e una novella l'autrice si immedesima con grande maestria nella prospettiva dei bambini che sono ancora ingenui e puri e ben lungi dal mutamento che avviene nel corso dell'età adulta.
Ma sì, quello che diceva di voler venire a stare qua e fare il bagnino per sempre, aveva preso anche il brevetto, invece è rimasto impigliato nella città, guarda tu i sogni, quello che siamo è tutto qui, e non vorrebbe avere la pancia bianca che da seduto si arriccia in due pieghe proprio sopra l'elastico del costume a braghetta, non vorrebbe essere tirato, stanco, confuso (pp. 18-19).
Ciò che maggiormente colpisce di questi racconti è il punto di vista assai realistico che adotta la Masini, già traduttrice di diversi volumi della saga di Harry Potter di J.K. Rowling, direttrice editoriale della Bompiani, anche autrice di scritti per i più piccoli.
Vincitrice più volte del Premio Andersen, in questa raccolta la narratrice riesce a dar vita a un affresco di bambini spensierati o meno, come la figlia di Byron, bambini svaniti, coraggiosi, fanciulli riflessivi ed emotivi, bambine che cercano di sconfiggere le loro paure leggendo Le tigri di Mompracem e Cime Tempestose.
Il racconto che più mi è rimasto impresso per la sensazione di dolce rassegnazione provata è stato quello intitolato Il tuo cuore è un armadillo, che narra di una madre che non riesce ad arrendersi ad un figlio che sta crescendo e che non vuole più essere baciato in pubblico: ogni figlio (ma anche ogni genitore) ricorderà il momento in cui un episodio simile è accaduto nel corso della propria vita e non potrà fare a meno di ripensarci con un sorriso.
Ma ho capito, cosa credi. Capito. Non ti do più la mano, promesso. Niente baci, se non in gran segreto, a casa nostra. Non ti scelgo più i vestiti. Basta lettone, anche quando il papà è via per lavoro e c'è il temporale e vorrei proprio che ci fosse una gambetta calda contro cui premere il piede. Non ti lavo più i capelli con la scusa che io li sciacquo meglio. Non ti asciugo con un asciugamano grande come un abbraccio. Pazienza se lasci un po' di pozzanghere sulle piastrelle. Non ti preparo più la merenda con il succo sul tavolo della colazione: ho capito, scegli tu quello che vuoi e te lo compri tutto da solo a scuola alla macchinetta. Non ti coccolo più. No, questo no. Posso controllarmi, limitarmi a farlo in assenza di testimoni. Per il resto, lo prometto, mi tratterrò. Starò attenta a non amarti troppo, e troppo vistosamente. Sto per entrare in clandestinità. Adesso che sei grande, bisognerà trovare un modo nuovo di volersi bene (pp. 39-40).A conclusione della lettura di questi racconta rimane la volontà di salvare la purezza e la genuinità dei bambini, resta la voglia di proteggerli dalle tante crudeltà che la vita riserverà loro e la necessità forte, fortissima, travolgente di conservare un po' di quella spensieratezza per quando si diverrà adulti.
Amore e paura crescono insieme con una precisione quasi matematica: più grande è l'amore, più grande la paura (Ora che è novembre, Josephine Johnson).Ilaria Pocaforza