di Cristina Marconi
Ponte alle grazie, 28 febbraio 2019
pp. 261
€ 16,80 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Potenzialmente il romanzo della nostra generazione, sbatacchiata tra il desiderio di autoaffermazione professionale e le proprie radici italiane, così difficili da mantenere all'estero. Non sono mai perfettamente integrati e adeguati, i personaggi di Città irreale, l'esordio narrativo di Cristina Marconi, che dal 2011 vive a Londra proprio come la sua protagonista Alina. L'autrice scrive di economia, politica e cultura per «Il Messaggero» e «Il Foglio»; Alina, invece, ha lasciato il suo lavoro asfissiante a Roma per fare la segretaria nella capitale anglosassone. Lei, che conosceva l'inglese ma non così bene, ha accettato una posizione più bassa di quella che aveva in Italia, ma per uno stipendio buono e, soprattutto, per recuperare un po' di tempo libero. Ma cosa fare di quel tempo libero, se gli inglesi mantengono un riservatezza amorfa e non si espongono mai? Raccontare di sé e ascoltare gli altri che raccontano di sé non è un modo per fare amicizia?
Queste difficoltà da italiana all'estero vengono in parte superate quando Alina conosce il giovane Iain, scozzese d'origine, che ha fatto il viaggio inverso pochi anni prima: prima di accedere a Oxford, lui e la fidanzatina Vicky sono stati in Italia come volontari.
Dunque, in parte Iain può capire Alina, ma va detto che i due viaggi sono mossi da ragioni e finalità totalmente diverse. E hanno esiti differenti: lo capisce bene Alina, davanti alla ritrosia di Iain e dei suoi amici a parlare di quel periodo italiano e di Vicky, ma il segreto resta tale, anche quando i due ragazzi iniziano a frequentarsi.
L'amore potrà tamponare le tante difficoltà di vivere all'estero? E finalmente Alina potrà trovare una nuova famiglia? Perché tutto è precario, anche a Londra: sentimenti, relazioni, lavoro, divertimento. Niente è rassicurante, persino la coinquilina che Alina chiama 'amica' in realtà è poco più di una conoscente. C'è poca condivisione, hanno tutti troppa ritrosia a concedere propri pensieri, ricordi, a malapena esprimono i propri gusti. Eppure l'amore potrebbe spezzare gli interrogativi della protagonista, che più volte si sente alla deriva, anche perché ha più di trent'anni e, per quanto ci provi, non riesce più a vivere il precariato come una sfida. Per quanto non si pianga addosso, capita che si chieda cosa la attende in futuro...
E in questo tramestio sentimentale ed emotivo ci siamo noi, i lettori, alle prese con un romanzo che alterna il piano del presente di Alina a quello del passato di Iain. Due storie che, pur con la loro diversità intrinseca, raccontano di due sofferenze: già sentita, la vicenda di Iain; assolutamente più innovativa e molto attuale, quella di Alina.
Potenzialmente, dicevo all'inizio, il libro potrebbe essere pienamente rappresentativo del nostro presente. E allora cosa non convince? Lo stile. Va ricordato Città irreale è un esordio, e come tale porta con sé i limiti inevitabili di quasi tutti i primi romanzi; tuttavia, questo romanzo soffre in modo particolare di uno stile poco equilibrato. Specialmente nella prima parte, il periodare decisamente troppo lungo, l'uso di un lessico a tratti desueto ("la giovane" per evitare una ripetizione fa sorridere, così come l'impiego di aggettivi ricercati come "copiosa" accostati a realtà assolutamente quotidiane e concrete, con cui stridono), i dialoghi poco verosimili sono purtroppo a sfavore della verosimiglianza: in più punti il romanzo appare artefatto e la prosa da svecchiare. Quante volte nelle prime cento pagine la narrazione si inceppa per descrizioni che in realtà appaiono esercizi di descrizione irrilevanti! Poi, nella seconda parte, l'autrice di scioglie, la trama ha probabilmente avuto la meglio sulla pressione di scrivere "bene" e tutto fortunatamente risulta più scorrevole e spontaneo. Ma non abbastanza da giustificare la prima parte tanto polverosa, nonostante gli strilli molto promettenti di Simonetta Agnello Hornby e Letizia Muratori in quarta di copertina.
Ed è un gran peccato, perché la vita intermittente degli italiani all'estero - tra senso di scoperta, rifiuti, frustrazione, nostalgia, speranze, aspettative - è davvero ancora tutto da indagare, e Cristina Marconi porta un'ottima testimonianza di questo scontro continuo tra emozioni e realtà. Viene da chiedersi: basterà la forza di questo tema per presentare il romanzo al Premio Strega di quest'anno? Chissà se il coraggio di Cristina Marconi e del suo editore, che si espone tanto su un'opera prima, saranno premiati?!
GMGhioni
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