di Hirano Keiichirō
Edizioni Lindau, 2019
Traduzione di Laura Testaverde
pp. 464
€ 26,00
Era un evento impossibile da realizzare in modo intenzionale, ma agli essere umani non è forse stato concesso un sistema chiamato amore per legare a sé il caso, esattamente come se fosse necessità? (p. 331)
Dopo lo spettacolo di Hirano Keiichirō (in originale Machine no owari ni, Alla fine della matinée, che è anche il capitolo finale) è il romanzo meno orientale che si possa leggere. O meglio, il primo impatto è quello di avere tra le mani un testo di un autore angloamericano che racconta di musica, case discografiche, guerra in Iraq ed entourage politico-economico della New York post crisi del 2007. Salvo poi ricredersi, pagina dopo pagina, quando l’impianto globale della storia emerge in tutta la sua dirompente forza psicologica e filosofica e ti costringe a rifare i conti con quello che avevi pensato all’inizio della lettura.
Makino Satoshi è un musicista di chitarra classica. I suoi concerti sono famosi in tutto il mondo per la grazia e la perfetta esecuzione di ogni pezzo e non c’è stata occasione in cui non abbia dimostrato la genialità della sua musica. Nel 2006 però la sua vita cambia, anche se lui non se ne accorge immediatamente: in una performance alla Suntory Hall di Tokyo per la prima volta non riesce a concludere il bis con il rigore tecnico che lo ha sempre contraddistinto. L’incertezza sfugge alle orecchie inesperte dei più, ma tornato in camerino Makino è tutto chiuso nella sua crisi. Quella stessa sera un altro evento sconvolgerà la placida routine a cui si era ormai abituato all’alba dei suoi quarant’anni: un’impiegata della sua etichetta discografica invita a cena una sua amica, Yōko, figlia del famoso regista de Le monete della felicità Jerko Šolić, film amatissimo da Makino tanto da inserire un pezzo della colonna sonora come costante del suo repertorio. Il musicista rimane attratto dal fascino della donna come un magnete, salvo doverne ignorare la forza dal momento che Yōko dovrà partire da lì a poco per la sua seconda missione giornalistica in Iraq al seguito delle truppe americane che stanno gestendo il conflitto.
Dopo lo spettacolo racconta i cinque anni in cui Makino e Yōko si incontrano, si scontrano senza mai avvicinarsi veramente, ognuno chiuso nella sua crisi emotiva e psicologica non avendo le forze e la volontà di uscirne per abbandonarsi all’amore. Makino non riuscirà più a prendere in mano una chitarra e a registrare il cd tanto atteso nell’ambiente, una raccolta delle più belle canzoni della tradizione americana eseguite in assolo di chitarra classica; Yōko cadrà nel DPTS al rientro dalla sua missione in Iraq senza superarlo neanche con l’aiuto dei professionisti o con il supporto degli amici e della madre. Entrambi confidano nella vicinanza dell’altro per dare un senso alla propria esistenza, ma quando sembra che questa possibilità stia per realizzarsi con una vacanza di Yōko a Tokyo in un torrido agosto del 2007, una terza forza si insinuerà tra di loro impedendo alla loro storia di compiersi.
Quanta volontà c’è dietro i gesti che ogni essere umano compie e quanto, invece, tutto è affidato al caso? In che modo si può essere una persona integra e intera se ogni circostanza, incontro o luogo costringono a un camaleontico adattamento? C’è un modo diverso di leggere il tempo che non sia la linearità del prima e del dopo e che invece prende in considerazione che
Il futuro cambia in continuazione il passato. Dobbiamo ammettere che il passato in fondo è una cosa così fragile e delicata che può essere cambiato o può comunque cambiare. (p. 32)
permettendo di vedere la vita sotto un’altra ottica, che non rende ogni memoria definitiva, ma restituisce una versione liquida della propria storia?
In questi interrogativi, uniti alle digressioni psicologiche e al modo di indugiare sui dettagli che ricorda le pagine di un manga interamente dedicate ai paesaggi, senza dialoghi, si realizza la completa essenza nipponica del romanzo di Hirano Keiichirō. L’autore, non a caso paragonato a Yukio Mishima per lo stile elegante e ricco di virtuosismi estetici, scrive un romanzo complesso, che oscilla tra passato e presente e che, pur possedendo una connotazione contemporanea, assolve al ruolo di classico dei sentimenti universali. In tutta la forza dei personaggi (femminili, soprattutto) e nella grazia con cui vengono trattati i rapporti di amicizia, d’amore (maturo, vista l'età dei protagonisti) e genitoriali, Dopo lo spettacolo avvince senza scampo e in alcuni momenti della lettura si perde la cognizione del tempo presente tanto si è immersi nella dimensione della storia di Makino e Yōko.
Un libro prezioso per i contenuti, ma anche per l’edizione che Edizioni Lindau consegna a noi lettori, curata dal punto di vista editoriale e arricchita da un glossario (necessario per chi non ha dimestichezza con il lessico giapponese), da una bibliografia di riferimento (redatta dall’autore) da cui prendere spunto per letture future e da una postfazione della traduttrice Laura Testaverde, utile per non perdere la bussola di questa storia che disorienta, pur chiarendo.
Federica Privitera
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