Il colore dei fiori
di Darroch & Michael Putnam
L'Ippocampo, febbraio 2019
Traduzione di Paolo Bassotti
pp. 482
€ 25
Aprite la mente a ogni forma di bellezza. Constance Spry
Al centro de Il colore dei fiori di Darroch e Michael Putnam si trova la bellezza; è
l'estetica il fulcro, l'anima narrante del libro, una corposa serie di
fotogrammi che ritrae in deliziosa sequenza 400 tipi diversi di fiori,
che si snodano tra le pagine del volume in una scala cromatica dal
bianco candido ai toni del viola e quasi del nero.
Darroch e
Michael Putnam sono una coppia nella vita e nel lavoro: la loro storia
professionale si avvicina alla favola, o più prosaicamente alla
realizzazione dell'American Dream che fa sognare milioni di esseri
umani. Si conoscono giovanissimi, si innamorano, lavorano per anni nel
settore del design d'interni (Michael) e del fotoritocco (Darroch), fino
a che l'hobby comune di creare e fotografare composizioni di fiori li
conduce a un servizio su Vogue e, a seguire, all'inaugurazione del loro Studio sulla 28esima West, dal quale dedicarsi ogni giorno alla loro
passione.
Il volume de L'Ippocampo costituisce per il neofita una guida
pratica, rapida e affascinante alla scoperta del mondo dei fiori: i loro
colori, ma anche la stagionalità di essi, le incredibili e infinte
varietà attraverso cui si declinano quelli più conosciuti (solo della
comunissima Rosa si contano quasi 40 tipologie!) aiutano nella
conoscenza, ma anche nell'allenamento, nell'educazione del gusto.
Ci sono
libri che si leggono, e sono la maggior parte di quelli che incontriamo
sulla nostra via, che scegliamo quando entriamo in una biblioteca. Ma
ci sono anche libri che si contemplano, che contribuiscono a evolvere
una parte del nostro io che spesso trascuriamo, a favore del più nobile
(secondo la maggioranza) intelletto: il nostro gusto estetico, appunto,
il sentimento, come lo chiamano i filosofi dell'estetica.
Non è un caso
se, all'interno dell'orizzonte filosofico, che origina nell'Antica
Grecia, l'estetica si sia affermata come scienza a sé stante solo a
partire dal XVIII secolo.
Siamo stati abituati a ritenere il bello, il
gradevole ai sensi, qualcosa con minor dignità, minor valore di
tutto ciò che può invece essere conosciuto attraverso l'esercizio della
mente.
Perché il bello fa così paura?
Perché si ritiene che possa essere
esperito soltanto attraverso i sensi e, dunque, che sia soggettivo,
individuale, privo di dimensione ontologica. Inoltre, l'estetica è stata
per secoli legata a doppio filo all'arte. Ma se nel Novecento si è
scoperto che arte e bello non devono essere per forza sinonimi, che
l'arte ha un ruolo differente dal veicolare il gradevole, e che si
assesta nel raccontare il reale e stimolare la riflessione, a cosa si
riduce il raggio d'azione del bello?
Potrebbe trattarsi di mera
speculazione filosofica, ma il ruolo del bello nella nostra vita è
concreto, innegabile. Libri come Il colore dei fiori aiutano a
riflettere su questo tema: siamo in un'epoca in cui, essendosi dissolta
la connessione tra estetica e arte, si è affermata una "everyday
aesthetics", che pretende di ammantare di valore estetico ogni aspetto
prosaico della quotidianità (l'esperienza gastronomica, sportiva,
lavorativa).
Poter sfogliare il bello, scoprirne i dettagli didascalici,
ma anche gli aspetti tecnici che si celano dietro un fiore elegante,
un'idea di composizione, conduce alla scoperta del valore ontologico
dell'estetica, del suo significato irriducibile. Il bello è una
categoria del reale, che può essere esperita a prescindere dalla
destinazione d'uso dello strumento attraverso cui si afferma.
La
decisione di Michael e Darroch Putnam di classificare i fiori in base ai
loro colori e non alle loro caratteristiche ("fatevi
guidare dal colore e poi, successivamente, scoprite la stagionalità e la
reperibilità del fiore che vi piace"), è l'invito a lasciarsi governare,
per una volta, in un mondo che allontana con orrore l'idea del
sentimento come bussola dell'agire, dall'istintiva coscienza estetica
di ognuno di noi.
Lasciamo entrare il bello nella nostra vita, non
spaventiamoci alla sua vista, non barrichiamoci in una roccaforte di
intelletto: non siamo davanti a un ossimoro, tra estetica e intelletto
non dobbiamo necessariamente scegliere: e soprattutto, non è detto che
il secondo debba prevalere.
Scegliamo un fiore perché ci piace, per la
sua bellezza. Solo dopo, scopriamone le caratteristiche e scegliamolo
anche per la sua "tecnicità". Non vergognandoci dell'esperienza dei
nostri sensi, possiamo scoprire un nuovo modo di agire
intellettualmente: riscoprendo la dignità del bello, rendendolo oggetto
di una scelta pensata.
Barbara Merendoni