Alla ricerca d'Europa. Un viaggio tra le abbazie benedettine

Il filo infinito
di Paolo Rumiz
Feltrinelli, 2019


pp. 174

€ 15,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)



Perché l'Europa è soprattutto un atto di fede. (p. 128)

Puntualissima e fedelissima, come sempre, eccomi all'appuntamento con il mio narratore di storie "viaggianti" preferito, Paolo Rumiz. Il quale, ormai da anni, ci fa percorrere, insieme a lui, le strade più insolite e profonde dell'Italia, dell'Europa e non solo. Portando con sé, in ogni viaggio, un'idea, uno spunto, un pensiero da confermare sul territorio. O una curiosità da soddisfare. Viaggi che si trasformano in reportage giornalistici, in libri e in docufilm, grazie alla regia di Alessandro Scillitani.
L'idea che ha generato il viaggio questa volta è l'Europa, un concetto sul quale Rumiz, triestino doc (e già questo ha il suo bel perché), sta rimuginando da tempo. Un pensiero che si è fatto concreto sotto i suoi occhi grazie al suo impegno di voce narrante ai concerti della European Spirit of Youth Orchestra, un ensemble di 80 giovani musicisti provenienti da oltre 20 Paesi europei, che ogni anno si esibiscono in tournée puntando su un tema europeo.
Ma torniamo al libro, "Il filo infinito". Dopo aver vagato per le isole greche "Alla ricerca di Europa" (questo il titolo del suo ultimo docufilm) e avere scoperto che in realtà la fanciulla della mitologia greca Europa nacque in Oriente per essere poi trasportata in Grecia da Zeus, Rumiz va alla ricerca di un filo che attraversa tutto il continente europeo e che, grazie ai suoi innumerevoli nodi, forma una rete solida e antica: la Regola di San Benedetto e i monasteri benedettini sparsi per tutta Europa.

Alla caduta dell'Impero romano era stato proprio il monachesimo benedettino a salvare l'Europa. (...) I semi della ricostruzione erano stati piantati nel peggior momento possibile per il nostro mondo, in un Occidente segnato da violenza, immigrazioni di massa, guerre, anarchia, degrado urbano, bancarotta. Qualcosa di pallidamente simile all'oggi. (p. 12)
Rumiz parte da qui. In un'Europa scossa dai venti nazionalisti, agitata dagli ondeggiamenti inglesi della Brexit, sbatacchiata dalle imposizioni dell'Est Europa, squassata dagli arrivi di immigrati dall'Africa, impaurita, spaventata, invecchiata, sempre più chiusa in se stessa, come un'anziana che cerca di proteggersi dal mondo serrandosi in casa, tranquillizzata dalle abitudini del suo focolare e dal ronzio del televisore in sottofondo, Paolo Rumiz viaggia al contrario e va alla ricerca di quei segnali di unione che costruirono l'Europa. E che adesso sembrano dimenticati, sepolti sotto anni di polvere. Mentre la paura, fomentata da politici interessati, fa alzare barriere, impiantare reticolati, ergere steccati. Se i Benedettini, nel momento più buio del nostro continente, riuscirono a "ricostruirlo", grazie alla Regola e con la forza dell'esempio, esiste ancora una rete che può portare in sé quei semi che hanno dato per frutto l'Europa?
Rumiz ne va alla ricerca. E lo fa da par suo. Mettendosi in strada. Armato di uno dei suoi meravigliosi taccuini che alla fine di ogni viaggio sono pieni di racconti, ricordi, sensazioni, profumi, parole e disegni... tanti disegni.
Sono venuto a cercare Europa. Le sue radici cristiane. Chi siamo, da dove veniamo. A quale mito apparteniamo. (p. 36)
Se vi interessa scoprirlo, siete pronti a partire con l'autore. Che vi porterà dall'Atlantico al Danubio, dagli Appennini alle Alpi, attraverso alcune tra le più note abbazie benedettine d'Europa: Praglia, tra Montegrotto e Abano Terme, con le sue erbe officinali, Sankt Ottilien, nell'operosa e contadina Baviera, Viboldone, con le suore che cercano il silenzio sotto i jet che atterrano a Linate, Muri Gries a Bolzano, tra le vigne di Pinot, Marienberg, a quota 1335, l'abbazia benedettina più alta d'Europa, Sankt Gallen in Svizzera, con la sua biblioteca famosissima, farmacia dell'anima, Citeaux in Francia, l'abbazia del silenzio, Saint-Wandrille, il monastero del buio, Orval in Belgio, profumata della birra trappista, Altötting, con la sua teatralità bavarese, Niederalteich dal respiro già orientale, Pannonhalma, in Ungheria, con la sua sindrome da ultimo avamposto. E Norcia, partenza e ritorno.
E in ognuna di queste abbazie Rumiz ci presenta monaci, abati o semplici addetti agli orti abbaziali o alle cucine monastiche che vengono ritratti grazie alle loro parole, a ciò che raccontano, alla loro visione di Europa.

Tanti sono i temi che questo libro agita, e non poteva essere diversamente: dalla contrapposizione tra fascino del chiostro chiuso alla necessità di aprirsi al mondo (modi diversi di vivere l'abito monacale), all'ora et labora come dignità umana, dal senso del sacro a quello del servizio. Fino al grande tema che percorre sotterraneo tutto il libro: come comportarsi di fronte al grande fenomeno, le migrazioni, che caratterizza (e che lo farà ancora per molto tempo) il periodo storico in cui viviamo? Con la consapevolezza, che si fa via via più chiara nella lettura, che la nostra Europa è sempre stata punto d'arrivo di onde migratorie, popoli calati dall'Est che qua si stabilivano, fermati dall'immensità dell'oceano.

Le figure di monaci che Rumiz ci propone lasciano il segno. Così come i luoghi visitati. Perché la grandezza di questo scrittore non sta soltanto nel viaggiare con sguardo interessato. Questo lo sanno fare in tanti. Sta invece nel riproporci tutto ciò che ha attirato il suo sguardo con la stessa passione che lo ha spinto a partire, vedere, incontrare, parlare, assaggiare.

E se qualche volta il tono si fa un poco apologetico, quasi sacerdotale, veemente e appassionato (sfiorando a tratti toni che non sono consueti negli altri suoi resoconti di viaggio), è perché il tema, quello dell'Europa e del suo futuro, è diventato per Rumiz impellente, pressante, improrogabile. Quasi stupito del senso della Storia che si ripete, l'autore ci riporta alla Sarajevo abbandonata all'assedio, alle fiaccolate naziste, ai roghi dei libri, agli armeni, ad Aleppo.
Tanti sono i fili che Rumiz ci invita a tirare all'interno del libro, una matassa che annoda la Storia e le storie di uomini e donne, le fedi, la musica, la comunità, lo stare insieme e la solitudine. Sta a noi tirare quelli che fanno vibrare maggiormente le nostre corde.

Rosatea Poli

P.s. - Leggo, con "terrore", a pag. 37: "Il suo è un invito a mettermi in viaggio, a farmi pellegrino, a rompere la promessa di chiudere con l'errare narrabondo". Paolo Rumiz... non sia mai!!


Europa... in questa parola, in questo concetto c’è una densità di pensiero e di civiltà che “fa tremar le vene e i polsi”. Per tanta parte del mondo è una parola agognata, desiderata, simbolo di salvezza. Nel cuore stesso del continente, invece, mai come in questo periodo, è una parola bistrattata, sputata quasi, come se fosse l’arca di tutti i mali. Paolo Rumiz, meraviglioso narratore di storie e di viaggi, da tempo la sta cercando. Ne ha rintracciato l’origine nelle isole greche, alla radice del mito, solo per scoprire che Europa era la figlia del re di Tiro. Che sta in Libano. Ironia della storia. In questo libro, invece, lasciate le terre della mitologia, Rumiz riscopre le radici di Europa in un sistema ramificato e dalla potente capacità di unire nella fede e nella Regola: i monasteri benedettini. Che Rumiz, nel suo stile, visita e di cui ci fornisce un racconto impareggiabile. Pensando sempre all’Europa. Presto la recensione sul sito di #criticaletteraria. #paolorumiz #benedettini #monasteri #sanbenedetto #viaggio #scrittura #monaco #regola #feltrinelli #viaggiare #europa #bookstagram #booklover #books #bookblogger #recensione
Un post condiviso da CriticaLetteraria.org (@criticaletteraria) in data: