Processo a Socrate
di Mauro Bonazzi
GLF Editori Laterza, 2018
pp. 172
€ 18,00 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)
Meleto, figlio di Meleto, del demo Pito, contro Socrate, figlio di Sofronisco, del demo Alopece, presentò quest'accusa e la giurò: "Socrate è colpevole di non riconoscere gli dèi che la città riconosce, e di introdurre altri nuovi esseri demonici. Inoltre è colpevole di corrompere i giovani. Si richiede dunque la pena di morte". (p. 18)
Sono queste le ben note parole che formulano l'accusa rivolta a Socrate da Meleto, supportato da altri due personaggi, Anito e Licone. Siamo nel 399 a.C. Atene, la grande Atene, è una città agitata dai fantasmi di un passato ancora troppo recente. L'imperativo era quello di chiudere i conti con il passato, con la guerra del Peloponneso, le liste di proscrizione, i Trenta Tiranni. Ma, come sempre, come in ogni dopoguerra, cancellare con una spugna ciò che è stato non è cosa facile. Qualcuno che ricorda, e che a causa di questo ricordo soffre, trama, cospira, desidera vendetta, c'è sempre. E la democrazia, riportata alla guida della città, sentiva di non essere ancora abbastanza forte per traguardare questo mare agitato. E' in questo contesto che si configura quello che divenne, forse, il processo più famoso della Storia. Quello che ci giunge da più antichi echi. Il processo con cui la città di Atene mise fine alla vita di uno dei suoi cittadini più onorati e più famosi, il grande filosofo Socrate. Colpevole, secondo una vulgata che ci arriva da voci del tempo, di rappresentare il passato, per le sue simpatie oligarchiche, di essere un ostacolo e forse un nemico della nuova democrazia. In una parola, di essere incompatibile con il "nuovo tempo" che Atene voleva darsi.
Mauro Bonazzi, docente di Filosofia antica all'Università di Utrecht e all'Università degli Studi di Milano, si misura, in questo saggio edito da Laterza, con un compito arduo, da fare "tremar le vene e i polsi": riprendere le fila di una storia di cui si parla, si scrive, si dibatte da oltre duemila anni e provare a darne un taglio e un'interpretazione nuova.
Il professore analizza a fondo e con piglio analitico la vicenda che sconvolse il mondo ateniese. E lo fa sotto numerosi punti di vista e con molteplici strumenti: storia, filosofia, diritto, letteratura, uso delle fonti, comparazione tra diverse interpretazioni. La perizia dell'autore, supportata sicuramente dalla pratica dell'insegnamento, ha fatto sì che questo dispiegarsi di culture e di saperi sia stato poi tradotto in un linguaggio accessibile anche ai non specialisti. In modo tale che il libro si legge con la passione di un romanzo ben consci però di percorrere vie solide e ben fondate.
Ma perché una vicenda accaduta duemila anni fa ci dovrebbe ancora interessare? Perché un procedimento giudiziario, figlio del suo tempo, dovrebbe ancora insegnarci qualcosa? Bonazzi stesso ce lo dice: perché gli interrogativi che l'atteggiamento di Socrate, così come ci è stato testimoniato, in particolar modo da Platone, non hanno ancora avuto una risposta univoca (e forse non l'avranno mai). Il grande filosofo condusse la sua difesa con intransigenza, addirittura con scherno, affrontò a testa alta tutte le accuse che gli vennero lanciate (a settant'anni e dopo una vita improntata a quegli stessi valori che adesso lo portavano sul banco degli accusati, una vita che tanto aveva dato alla sua città). Se Socrate avesse trovato parole diverse per giustificare alcuni suoi comportamenti l'esito sarebbe stato diverso? La sentenza non era quindi già scritta, come Platone e Senofonte sostennero? Bonazzi si infila nei meandri del processo inseguito e pungolato da un dubbio: e se Socrate avesse voluto morire? Se, pur di non rinnegare le sue idee più profonde, avesse deciso di provocare Atene, i 501 intervenuti al processo? Un interrogativo questo che scuote le coscienze e che stimola la lettura di queste preziose pagine. Dalle quali la figura di Socrate esce gigantesca, se mai ce ne fosse ancora bisogno. E come non pensare a Bernardo di Chartres ..."Dicebat Bernardus Carnotensis nos esse quasi nanos gigantium humeris insidentes, ut possim plura eis et remotiora videre...". Noi siamo nani seduti sulle spalle dei giganti e possiamo vedere più cose e più lontano di loro non tanto per la nostra superiorità, ma perché sediamo sulle loro spalle.
Una cosa è certa: Socrate perse. Fu condannato e costretto a bere la cicuta. Atene vinse. Ma sul lungo periodo, quello sul quale si misura la Storia, fu Socrate a risultare vincitore. E se questa contrapposizione ancora rimane, allora ne dobbiamo dedurre che filosofia e democrazia non siano compatibili? Per saperlo non resta che addentrarsi, con Bonazzi, in questo processo a cui lo scrittore, dopo aver onorato il giusto obolo alle fonti antiche, in primis e ovviamente Platone, e poi a Senofonte, e ancora ad Aristofane, porta echi più vicini, da Hannah Arendt a Leo Strauss.
Ricca e ponderosa, e non poteva essere diversamente, la bibliografia che aiuta il lettore interessato ad costruirsi un percorso personalizzato se interessato ad approfondire la vicenda.
Rosatea Poli
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