Visionari.
Simbolisti, esteti, dandies e altri sognatori
di Tiziana Gazzini
Prefazione di Francesco Forlani
Fefé Editore, 2019
pp. 291
€ 15,00 (cartaceo)
«L’odore delle case dei vecchi». Così rispondeva un Jep Gambardella ancora giovane alla cruciale domanda: «Che cosa ti piace di più veramente nella vita?». Mentre i suoi amici dichiaravano totale devozione alla donna (meglio: a una sua precisa e tuttavia sineddotica porzione anatomica), lui ammetteva di subire il fascino delle storie altrui, spalancando l’anima a un destino di sensibilità, scrittura e non poca vita mondana, quella di cui sarebbe divenuto ben presto l’indiscusso Signore e Padrone. A Roma, ovviamente, laddove portavano tutte le strade e certamente la sua. Leggendo Visionari, l’ultimo libro di Tiziana Gazzini pubblicato da Fefé Editore, viene in mente questo preciso passaggio dal film La grande bellezza di Paolo Sorrentino. Perché è vero: certe soglie d’ingresso possono cambiare per sempre la vita di chi ha la ventura di attraversarle, e anche per la giornalista e saggista è stato così al terzo piano di Palazzo Borgnana, in via Condotti 23, dove a lungo ha abitato.
L’appartamento dirimpetto al suo era stato proprietà di Alessandro (Sandro) Bacci, un fiorentino nato a metà dell’Ottocento e poi trasferitosi nella Capitale. E anche se lo straordinario signore non era più tra i vivi già dal 1951, la sua casa – «la Casa delle Meraviglie» – ne serbava intatte le passioni grazie alle cure amorevoli della sorella Gemma. Così, tra le stanze arredate da quel gentiluomo che fu «amatore d’arte, fotografo sperimentale e collezionista», e che aveva allestito la sua dimora «con gusto teatrale e simbolista, tra giapponismo fin de siècle e Roma “bizantina”» (p. 11), l’autrice avrebbe avuto la sua “educazione al gusto”, in una fatale coincidenza di fascinazione e formazione. Un marchio indelebile, dunque, che l’avrebbe portata, negli anni, ad appassionarsi alle vicende e alle opere di non meno carismatici simbolisti, esteti, dandies e altri sognatori: quelli di cui questo suo libro, come da sottotitolo, magnificamente ci parla, tirando le somme di quasi trent’anni di articoli, saggi e altre scritture già pubblicate su quotidiani come Il Piccolo e Paese Sera, e su riviste quali Abstracta, Dolce Vita, CineCritica e SUD.
Come chiarisce la stessa autrice nell’Introduzione (PRÉLUDE. VIA CONDOTTI 23), quello nei confronti della casa di Sandro Bacci è un vero e proprio debito di riconoscenza esistenziale, che ha indirizzato le passioni di una vita allo stesso modo in cui ha suggerito il criterio editoriale con cui raggruppare questo personale florilegio:
Articolata in tre sezioni dai titoli tanto suggestivi quanto sibillini (Correspondances, Esoterica, Dissipazioni), la miscellanea di omaggi ai suddetti “visionari” somiglia certamente a un album di bei ritratti, ma forse è più corretto suggerire che le decine di biografie fanno venire alla memoria quelle particolari miniature che, una volta, gli innamorati erano solito scambiarsi tra loro come pegno sentimentale: un simbolo artigianale (come artigianale è, del resto, anche l’arte della scrittura) in un formato piccino, dunque perfetto da tenere sul cuore. Con la differenza che in questo caso è l’autrice a figurarsi di volta in volta i vari oggetti d’amore, mentre la loro giustapposizione, come per un effetto mosaico, restituisce il profilo di colei che ne scrive e che così facendo si dichiara: a loro e a noi, ancora una volta e come la prima (fatto salvo per alcuni intenzionali Post Hoc e per i contenuti scritti appositamente per la pubblicazione).
Se è vero che il criterio per ordinare i materiali raccolti nel volume non è stato né tematico né cronologico – e in ciò sta il suo simbolismo metodologico: «a legare i testi sono le corrispondenze, gli echi che rimandano da visioni a visioni, da estetiche a estetiche, da personaggi a personaggi» (p. 15) – anche l’approccio di lettura, come per effetto di una proprietà transitiva, può ben farsi contagiare dalla stessa libertà di procedere per associazione di idee. L’autrice, da parte sua, raccomanda al lettore di fare proprio lo spirito del flâneur – «questo libro è una flânerie senza meta se non quella di girare in tondo lungo la spirale del tempo, col solo rischio di incontrare se stessi» (p. 16) – mentre Francesco Forlani, che firma la bella Prefazione dal titolo OCERG ÉFFAC (al lettore il gusto di scoprire il perché del ribaltamento grafico) descrive l’esperienza in termini addirittura stereoscopici:
Cecilia Mariani
Simbolisti, esteti, dandies e altri sognatori
di Tiziana Gazzini
Prefazione di Francesco Forlani
Fefé Editore, 2019
pp. 291
€ 15,00 (cartaceo)
«L’odore delle case dei vecchi». Così rispondeva un Jep Gambardella ancora giovane alla cruciale domanda: «Che cosa ti piace di più veramente nella vita?». Mentre i suoi amici dichiaravano totale devozione alla donna (meglio: a una sua precisa e tuttavia sineddotica porzione anatomica), lui ammetteva di subire il fascino delle storie altrui, spalancando l’anima a un destino di sensibilità, scrittura e non poca vita mondana, quella di cui sarebbe divenuto ben presto l’indiscusso Signore e Padrone. A Roma, ovviamente, laddove portavano tutte le strade e certamente la sua. Leggendo Visionari, l’ultimo libro di Tiziana Gazzini pubblicato da Fefé Editore, viene in mente questo preciso passaggio dal film La grande bellezza di Paolo Sorrentino. Perché è vero: certe soglie d’ingresso possono cambiare per sempre la vita di chi ha la ventura di attraversarle, e anche per la giornalista e saggista è stato così al terzo piano di Palazzo Borgnana, in via Condotti 23, dove a lungo ha abitato.
L’appartamento dirimpetto al suo era stato proprietà di Alessandro (Sandro) Bacci, un fiorentino nato a metà dell’Ottocento e poi trasferitosi nella Capitale. E anche se lo straordinario signore non era più tra i vivi già dal 1951, la sua casa – «la Casa delle Meraviglie» – ne serbava intatte le passioni grazie alle cure amorevoli della sorella Gemma. Così, tra le stanze arredate da quel gentiluomo che fu «amatore d’arte, fotografo sperimentale e collezionista», e che aveva allestito la sua dimora «con gusto teatrale e simbolista, tra giapponismo fin de siècle e Roma “bizantina”» (p. 11), l’autrice avrebbe avuto la sua “educazione al gusto”, in una fatale coincidenza di fascinazione e formazione. Un marchio indelebile, dunque, che l’avrebbe portata, negli anni, ad appassionarsi alle vicende e alle opere di non meno carismatici simbolisti, esteti, dandies e altri sognatori: quelli di cui questo suo libro, come da sottotitolo, magnificamente ci parla, tirando le somme di quasi trent’anni di articoli, saggi e altre scritture già pubblicate su quotidiani come Il Piccolo e Paese Sera, e su riviste quali Abstracta, Dolce Vita, CineCritica e SUD.
Come chiarisce la stessa autrice nell’Introduzione (PRÉLUDE. VIA CONDOTTI 23), quello nei confronti della casa di Sandro Bacci è un vero e proprio debito di riconoscenza esistenziale, che ha indirizzato le passioni di una vita allo stesso modo in cui ha suggerito il criterio editoriale con cui raggruppare questo personale florilegio:
«il filo per cucire alcuni dei testi scritti in più di trent’anni, pubblicati su quotidiani, periodici, volumi d’arte, in occasione di mostre, dell’uscita di libri, di visite a case di intellettuali e artisti, non era il criterio cronologico o tematico, ma si trovava lì, nella casa di Sandro e nelle strade di Roma tra piazza di Spagna e Trinità dei Monti, Villa Borghese e Campo Marzio, Montecitorio e Palazzo Primoli. Lì è avvenuto l’imprinting. Da lì arrivava l’attrazione per i visionari: artisti, scrittori, pensatori sempre un po’ simbolisti, esteti, immancabilmente dandy. Attrazione per i personaggi e le loro visioni, qualunque fosse il linguaggio scelto per esprimersi, qualunque fosse il periodo storico in cui hanno immaginato cose che non bastavano mai a se stesse, anticipando, inventando, guardando al passato come alla più trasgressiva delle eredità e al futuro come al destino di una sapienza che fa di noi gli antichi. Personaggi che ribaltano i punti di vista più diffusi e che spesso hanno edificato dimore e castelli, dando corpo e materia alle loro visioni. I protagonisti di questo libro, anche i più impavidamente contemporanei, finiscono sempre per rimandare, anche solo con spericolate ellissi, a via Condotti e alla sua essenza» (pp. 14-15).E a nominarli tutti, questi protagonisti, ci si rende conto di citare alcuni tra i più importanti artisti e intellettuali mai vissuti, in un elenco vertiginoso di personalità di ieri e di oggi che hanno segnato la storia della cultura mondiale. Rievocati e tratteggiati a partire da uno spunto mnemonico o d’occasione, ecco, tra gli altri, i pittori Gustave Moreau e Balthus, gli scrittori Stephen King e Paul Valery, il poeta Costantin Kavafis, il regista Luchino Visconti, il padre della psicanalisi Sigmund Freud, l’anglista Mario Praz, l’antropologo Claude Lévi-Stauss. Ecco figure femminili divenute iconiche, come la danzatrice Joséphine Baker, la scultrice Camille Claudel, la pittrice Tamara de Lempicka, la regista Kathryn Bigelow e le scrittrici Karen Blixen, Vita Sackville-West e Anna Maria Ortese. Ed ecco soprattutto, nell’immagine di copertina come nel brano chiusura, il maestro Alessandro Kokocinski, forse la figura più cara a Tiziana Gazzini, già autrice di una bellissima biografia dell’artista e che qui lo omaggia nel privilegio dell’overture grafica e dell’explicit narrativo.
Articolata in tre sezioni dai titoli tanto suggestivi quanto sibillini (Correspondances, Esoterica, Dissipazioni), la miscellanea di omaggi ai suddetti “visionari” somiglia certamente a un album di bei ritratti, ma forse è più corretto suggerire che le decine di biografie fanno venire alla memoria quelle particolari miniature che, una volta, gli innamorati erano solito scambiarsi tra loro come pegno sentimentale: un simbolo artigianale (come artigianale è, del resto, anche l’arte della scrittura) in un formato piccino, dunque perfetto da tenere sul cuore. Con la differenza che in questo caso è l’autrice a figurarsi di volta in volta i vari oggetti d’amore, mentre la loro giustapposizione, come per un effetto mosaico, restituisce il profilo di colei che ne scrive e che così facendo si dichiara: a loro e a noi, ancora una volta e come la prima (fatto salvo per alcuni intenzionali Post Hoc e per i contenuti scritti appositamente per la pubblicazione).
Se è vero che il criterio per ordinare i materiali raccolti nel volume non è stato né tematico né cronologico – e in ciò sta il suo simbolismo metodologico: «a legare i testi sono le corrispondenze, gli echi che rimandano da visioni a visioni, da estetiche a estetiche, da personaggi a personaggi» (p. 15) – anche l’approccio di lettura, come per effetto di una proprietà transitiva, può ben farsi contagiare dalla stessa libertà di procedere per associazione di idee. L’autrice, da parte sua, raccomanda al lettore di fare proprio lo spirito del flâneur – «questo libro è una flânerie senza meta se non quella di girare in tondo lungo la spirale del tempo, col solo rischio di incontrare se stessi» (p. 16) – mentre Francesco Forlani, che firma la bella Prefazione dal titolo OCERG ÉFFAC (al lettore il gusto di scoprire il perché del ribaltamento grafico) descrive l’esperienza in termini addirittura stereoscopici:
«dietro ad ogni ritratto di questo libro c’è sempre un’ulteriore visione, un rimando, una sequenza, e ho immaginato, da lettore, di poter disporre di un dispositivo stereoscopico, sul modello delle finte macchinette fotografiche che si vendevano nei negozi dei souvenir delle città d’arte, quelli in cui scattando la fotografia ti facevano apparire nel visore la piazza, la fontana, il cielo in una prospettiva tale da farteli sembrare veri al punto di poterli toccare» (pp. 6-7).Se è lecito suggerire un orario preferenziale per sfogliare queste pagine, quello che meglio si addice a Visionari è certamente quello notturno: il buio d’intorno sarà lo schermo ideale per proiettare la vita e le gesta di questi personaggi straordinari. Quanto alla luce, saranno loro stessi a pensarci: nessuna visione correrà il rischio di restare nell’ombra, barbaglieranno tutte con la stessa fosforescente intensità, e a quei lettori più sofisticati che aguzzeranno per bene la vista capiterà non solo di vedere, ma anche di (ri)vedersi e di essere veduti. La prosa di Tiziana Gazzini – sempre gradevolissima, efficace, suggestiva senza essere mai retorica – sarà il perfetto trait d’union tra i “visionari” di ogni epoca e cultura e tutti coloro che vorranno avere occhi per visitare i loro mondi interiori, vale a dire quei libri, quei dipinti, quelle sculture e quei lungometraggi in cui è stata trasferita così bene l’impronta delle loro anime. È così, del resto, che fa l’artista e il sognatore, proprio come l’Antinoo di Alessandro Kokocinski sulla copertina del libro. Tiziana Gazzini (alla pari dell’autore del disegno) ne è convinta: quella «figura bianca con gli occhi coperti da un buio che si dirada» è «il ritratto di tutti i visionari, che hanno rinunciato per un attimo al loro buio profondo per illuminarci con i loro bagliori» (p. 283).
Cecilia Mariani
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