di Elena Ferrante
Edizioni e/o, 8 maggio 2019
Con illustrazioni di Andrea Ucini
pp. 128
€ 18 (cartaceo)
«Pubblicare sì, quello si può sicuramente rimandare, anzi si può persino decidere di non pubblicare affatto. Ma scrivere non va in nessun caso subordinato a un "dopo che". La scrittura, quando è il nostro modo di stare al mondo, non può che affermare di continuo il suo primato sulle altre mille cose della vita: l'amore, lo studio, un lavoro. Essa si impone anche quando non c'è carta e penna o altro, perché la nostra testa sempre in adorazione della parola scritta detta frasi persino in assenza di strumenti per fissarle» (pp. 41-42)
Se vi è capitato di provare almeno una volta nella vita l'urgenza della scrittura di cui parla il brano qui sopra, adorerete questo passo da L'invenzione occasionale, la raccolta di articoli che Elena Ferrante ha scritto settimanalmente nel 2018 per il «Guardian» (con la traduzione di Ann Goldstein). L'idea della rubrica con scadenza fissa all'inizio ha lasciato la scrittrice perplessa, ma poi Elena Ferrante ha deciso di accettare la sfida e «l'angoscia della pubblicazione è stata ampiamente bilanciata dal piacere di scrivere» (pp.109-110).
I cinquantuno frammenti che sono qui riportati in questa bella pubblicazione, introdotti ognuno da una illustrazione di Andrea Ucini, affrontano vari temi, assegnati dalla redazione del giornale, per richiesta esplicita di Elena Ferrante. Si spazia da temi esistenziali (amore, morte, amicizia, figli,...) a temi sociali, che riguardano aspetti più o meno scomodi della nostra Italia. La disparità e più in generale le differenze tra uomini e donne tornano più volte, con la particolare declinazione del discrimine tra scrittori e scrittrici: c'è in Elena Ferrante una battaglia contro il pregiudizio verso la scrittura femminile, un desiderio di abbattere le barriere senza però cadere nella opposizione aprioristica e fine a se stessa (di per sé un'altra gabbia).
Ma bisogna proprio dirlo, tra questi frammenti quelli che hanno attirato maggiormente la mia attenzione sono quelli dedicati alla Elena Ferrante scrittrice: come accade sempre quando stimo molto un autore e lo amo, inevitabilmente i brani di meta-letteratura e autobiografia letteraria sono gioielli rari, da leggere e rileggere. Ad esempio, sapete che Elena Ferrante ha iniziato a tenere un diario, ma dopo i primi passi non è riuscita a restare aderente al vero? Nei diari, di per sé privatissimi, faceva irruzione la fantasia: «dovevo smettere con la scrittura diaristica e convogliare il desiderio di dire la verità - le mie verità più impronunciabili - dentro racconti di invenzione» (p. 14). O ancora, sapete che per Elena Ferrante il romanzo è un enorme serbatoio di verità, nascoste sotto la finzione («quanta verità la finzione riesce alla fine a catturare», p. 18)?
Senza temere di dire io, proteggendosi certamente dietro l'ormai notissimo pseudonimo di Elena Ferrante, la scrittrice (o scrittore?) che emerge da queste pagine lascia comparire anche pezzi del proprio vissuto: dalla dipendenza dal fumo alla scelta di avere figli, dalle difficoltà a congedarsi dagli amici al suo cadere nella gelosia, di tanto in tanto. Ecco che accanto all'identikit letterario, si forma allora un identikit (vero o altrettanto romanzato, chissà) di una donna che vorrei conoscere, a cui vorrei stringere la mano e dire: tranquilla, niente interviste, solo il piacere di una chiacchierata informale. Sì, perché le interviste per Elena Ferrante sono state a lungo un problema, anche in forma scritta, ma ora non è più così.
Senza mai avere paura di dire io, né farsi protagonista ingombrante, Elena Ferrante in questi frammenti di un paio di pagine ci regala una visione del mondo molto decisa, mai banale, ma nella discrezione con cui affronta i diversi argomenti inserisce quel tocco di genialità che conferma, ancora una volta, come essere Scrittore corrisponda innanzitutto a chiarezza di pensiero.
GMGhioni
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