LEGAMI. Intimità,
relazioni, nuovi mondi
Reggio Emilia, 12 aprile – 9 giugno
biglietto
intero € 15,00; ridotto € 12,00.
Abbiamo scoperto Fotografia Europea, quasi per
caso, nell'edizione dell'anno passato (qui il link alla recensione); ci
torniamo oggi volontariamente in un clima da tregenda. Il tessuto urbano, che
precedentemente rappresentava un elemento di raccordo tra le diverse
esposizioni, parte integrante del percorso artistico, diventa oggi, sotto la
pioggia battente, un ostacolo che si frappone tra momenti di bellezza
segmentati. Si scopre dunque un modo diverso per fruire di questi festival
della fotografia diffusi all’interno delle città che diventano – e felicemente –
sempre più numerosi sul territorio nazionale, garantendo il più delle volte
esposizioni di grande qualità (da noi amatissimo è anche il Photolux di Lucca,
che a differenza di Fotografia Europea ha però cadenza biennale).
Il filo conduttore scelto per Reggio Emilia (Legami. Intimità, Relazioni, Nuovi mondi) è molto ampio, tanto da offrire possibilità pressoché infinite alla libera declinazione da parte degli artisti, ma anche da rischiare di diventare dispersivo. Non tutte le mostre risultano quindi ugualmente pertinenti e il nesso appare in taluni casi un po' forzato, pur senza inficiare mai l’interesse dell’esposizione stessa. Al tempo stesso, però, la varietà dei temi e degli spunti diventa ricchezza per chi si prende il tempo di esplorare quanto offre la rassegna assecondando i richiami interni e gli agganci che raccordano le esibizioni le une alle altre secondo direttrici non scontate, che mutano e si rinnovano di volta in volta, sulla base delle diverse sensibilità dei singoli fruitori.
Lo scenario in cui vengono inserite le foto è
spesso suggestivo, pensato appositamente per dialogare con i materiali
esposti. Con le pareti affrescate dei Chiostri di San Pietro interagiscono ad
esempio le videoinstallazioni di Justine Emard, che indagano con delicatezza inusuale i rapporti e le connessioni tra intelligenza umana e artificiale.
Come in uno specchio l'uomo e il robot replicano i rispettivi movimenti, introducendo
una progressiva umanizzazione della macchina che va di pari passo con una
meccanizzazione dell'umano. La "notte
dei tempi", da cui prende il titolo l'esibizione, nell'ottica
dell'artista è collocata nel futuro più che nel passato e viene descritta come punto d'arrivo di un percorso inevitabile, insieme mistico e concreto.
Il filo conduttore scelto per Reggio Emilia (Legami. Intimità, Relazioni, Nuovi mondi) è molto ampio, tanto da offrire possibilità pressoché infinite alla libera declinazione da parte degli artisti, ma anche da rischiare di diventare dispersivo. Non tutte le mostre risultano quindi ugualmente pertinenti e il nesso appare in taluni casi un po' forzato, pur senza inficiare mai l’interesse dell’esposizione stessa. Al tempo stesso, però, la varietà dei temi e degli spunti diventa ricchezza per chi si prende il tempo di esplorare quanto offre la rassegna assecondando i richiami interni e gli agganci che raccordano le esibizioni le une alle altre secondo direttrici non scontate, che mutano e si rinnovano di volta in volta, sulla base delle diverse sensibilità dei singoli fruitori.
I Chiostri di San Pietro (ph. di Carolina Pernigo) |
La Storia, in tutte le sue declinazioni e nel suo sviluppo
attraverso il tempo, è il filo conduttore di molte delle esposizioni raccolte
in questa sede, in cui non è stato purtroppo possibile accedere a una delle
sezioni più interessanti, quella dedicata al paese ospite, il Giappone, inagibile
a causa del maltempo. Il paese del Sol Levante è comunque protagonista del
viaggio artistico ed emotivo di Vittorio
Mortarotti, che lo descrive nel suo fronteggiare, o evitare, i traumi: un
Giappone rialzatosi, seppur a fatica, dopo le tragedie dell'atomica su
Hiroshima, sganciata nel "First Day
of Good Weather", come decretava il messaggio del presidente Truman e
ricorda ora il titolo della mostra, o dallo Tsunami del 2013, ed esplorato dall’autore
seguendo le tracce di una tragedia personale, la scomparsa di un fratello
amato. Anche la Libia, complicata e divisa, violenta e lacerata ci invita a
riflettere, attraverso le immagini e le parole di Samuel Gratacap. Il giovane fotografo si interessa del tema delle
migrazioni, vuole riflettere sulla sorte di chi vive Fifty-Fifty, a metà tra la vita e la morte, partecipando in parti
eguali dell’una e dell’altra.
A Zuara incontro Yousef, 26 anni […] mi fa una domanda allo stesso tempo sconvolgente e pertinente: “Sei qui per i migranti o per la guerra?” […] Rispondo che sono qui per i migranti, ma che mi sarà difficile ignorare la guerra perché proprio mentre parliamo la sua città viene colpita.
L’opera di Gratacap colpisce in faccia il visitatore con la durezza dei primi piani, le incursioni nelle città distrutte, o riconquistate, i campi di prigionia, i morti sulle spiagge. C’è l’occhio dell’artista nelle immagini proposte, ma anche la precisione del fotoreporter, e i due elementi si coniugano nel desiderio di mostrare le persone reali dietro alle notizie dei telegiornali. Un’analoga istanza di realtà si ritrova in Crack di Jacopo Benassi, che mira alla ricostruzione di un canone dei corpi, attraverso un'estetica del frammento, della scomposizione, che riduce gli arti, le membra, a pure forme astratte, creando associazioni incongrue e che pure funzionano tra figure e sculture, carne e marmo. A un'idea classica di bellezza come equilibrio e proporzione tra le parti si sostituisce un nuovo modello più relativo, in cui la dis-armonia diventa nuova armonia. Anche l'arte antica, del resto, appare qui abbandonata e trascurata, segnata ineluttabilmente dalla polvere, dalle crepe, dai segni del tempo passato.
Justine Emard – La notte dei tempi – Co(AI)xistence. 2019 © Justine Emard – ADAGP |
Esposizione dedicata a Horst P. Horst (ph. di Carolina Pernigo) |
Horst P.
Horst, Mainbocher corset,
Paris 1939, cm 40,5x50,5 cs.
Courtesy Paci
contemporary
gallery (Brescia – Porto Cervo, IT)
|
Carolina Pernigo