La lotteria
di Shirley Jackson
Adelphi, 2007
Traduzione di Franco Salvatorelli
pp. 82
€ 10,00 (cartaceo)
€ 10,00 (cartaceo)
La mattina del 27 giugno era limpida e assolata, con un bel caldo da piena estate; i fiori sbocciavano a profusione e l'erba era di un verde smagliante. La gente del paese cominciò a radunarsi in piazza, tra l'ufficio postale e la banca, verso le dieci. In certe città, dato il gran numero di abitanti, la lotteria durava due giorni, e bisognava iniziarla il 26 giugno; ma in questo paese, di sole trecento anime all'incirca, bastavano meno di due ore sicché si poteva cominciare alle dieci del mattino e finire in tempo perché i paesani fossero a casa per il pranzo di mezzogiorno.I primi ad arrivare furono naturalmente i bambini. (p. 11)
Nel New England c'è una tradizione. A giugno, per propiziare un buon raccolto, si tiene una lotteria in ogni città. Tutti gli abitanti sono chiamati a partecipare e, anche se qualche villaggio abitato da scemi, ha deciso di abolire la pratica, in questo piccolo paese le tradizioni sono dure a morire. Si è abbandonato qualche aspetto folkloristico come l'inno cantato, ma la lotteria si è sempre tenuta e sempre si terrà. Si estrae da un bussolotto nero un biglietto: tutti i biglietti sono bianchi, con la sola eccezione di un biglietto con un pallino nero al centro.
Chi lo estrae viene lapidato sul posto.
Si narra che quando il racconto di Shirley Jackson "La lotteria" apparve sul New Yorker, i lettori precipitarono in una vera e propria crisi di panico, convinti com'erano che questo rituale si svolgesse davvero nelle campagne degli Stati Uniti. Questo perché Shirley Jackson, autrice del celebre Abbiamo sempre vissuto nel castello e musa riconosciuta del grande Stephen King, riesce a riempire di orrore e terrore i propri lettori solo descrivendo la più comune realtà di ogni giorno.
L'horror dell'autrice non ha bisogno di mostri, presenze sovrannaturali e misteri insoluti, perché il vero terrore scaturisce da quanto l'essere umano è in grado di realizzare da solo. Nel racconto che dà il titolo alla raccolta pubblicata da Adelphi, questa lotteria è vista come parte essenziale della vita della comunità. "Lotteria di giugno, spighe grosse in pugno" recita il proverbio della zona e l'omicidio che ne segue è considerato normale e giusto (tranne, sia chiaro, dal sorteggiato o dalla sorteggiata dell'anno) segno che l'essere umano non solo è autore dei più atroci misfatti verso i suoi simili, ma è anche in grado di anestetizzarsi completamente verso l'orrore. Ed è questo che scava nel lettore in quanto appartenente al genere umano: sapere che si sarebbe comportato nella stessa maniera di fronte a una "lotteria".
La raccolta prosegue con altri racconti forse meno noti, ma che continuano a interpretare il senso di agghiacciante in situazioni apparentemente normali. "Lo sposo" è ricerca affannosa: una futura sposa aspetta con ansia l'arrivo del proprio promesso che non si fa vedere all'orario convenuto. Nella labirintica caccia che ne segue ci si sente sempre con il fiato sospeso, come se qualcosa di terrificante dovesse balzare fuori da un angolo e darci una spiegazione per questa scomparsa. Qui si può ravvisare, volendo, un accenno lovecraftiano nel finale, ma è l'angoscioso senso di abbandono a far tremare.
"Il colloquio", breve dialogo tra una signora e il suo medico, esplora il tema della pazzia, senza alcun risvolto sovrannaturale. La società, con i suoi termini astrusi e le sue complicazioni, è sufficiente da sola a diventare l'elemento che porta alla pazzia, allo scollamento dalla realtà, tanto da chiedersi chi sia sano e chi malato.
Infine, "Il fantoccio" è forse il più riconoscibile come horror, vista la presenza di un pupazzo di legno che, gestito dal proprio ventriloquo, insulta la ballerina che compone questo trio di artisti. Farebbe piacere pensare che il pupazzo, così volgare e misogino, sia animato da qualche demone, ma purtroppo è solo la voce del ventriloquo a dare la stura a questi pensieri.
"Homo homini lupus" diceva, tra i tanti, Plauto e Shirley Jackson non esita a mettere in scena, con una cifra stilistica asciutta e pulita, la profonda verità di questo detto.
E se avete letto i romanzi o visto i film della saga Hunger Games non potrete più guardare la scena dell'estrazione del tributo dei distretti senza pensare al piccolo capolavoro del genere horror che è La lotteria. Segno che Shirley Jackson non smette di terrorizzarci a distanza di decenni.
Giulia Pretta