di Wu Ming 1
Einaudi, aprile 2019
pp. 335
€ 18,50 (cartaceo)
Sì, era stato il disgusto per il tempo che ci era toccato in sorte ad avviare la reazione a catena. Dal disgusto e dall'attrito quotidiano contro il nostro tempo era scaturita ogni sovrapposizione, fantasticheria, vaticinio... e cortocircuito. (p. 242)
Raccontare il confino: sono tanti i libri che hanno tramandato in forma saggistica, cronachistica o romanzesca i ricordi di chi è stato mandato a fare una "vacanza", come dicevano i fascisti, ma La macchina del vento di Wu Ming 1 ha un potere speciale nel narrare uno degli spaccati di storia più controversi del nostro Novecento. Spesso allontanati perché nemici politici, omosessuali, potenziali rivoluzionari o semplicemente perché antifascisti, molti sono approdati a Ventotene. I due protagonisti del romanzo, Giacomo e Erminio, hanno alle loro spalle un passato diverso: Giacomo era un allievo di Enrico Fermi; Erminio stava per scrivere una tesi ambiziosa sul mito greco, dando alla ricerca un taglio tutt'altro che filofascista. Complici la loro giovane età e il fatto che entrambi si trovano persi a fantasticare nelle loro idee di evasione, tra i due nasce immediatamente la curiosità di conoscersi meglio e l'amicizia scatta di lì a poco.
Ecco perché possono confessarsi i propri "demoni": Giacomo racconta nelle primissime pagine di un prototipo di macchina del tempo che stava mettendo a punto, quando un amico (e che amico, lo scoprirete via via!), ricercato, ha deciso di sperimentarla, anche se il "veicolo", come lo chiamavano loro, non era ancora sicuro. E, a tutti gli effetti, l'amico era scomparso. Erminio, per quanto scettico, resta in ascolto:
Spesso i due protagonisti sono obbligati a rinunciare alle proprie fantasie per fare i conti con la realtà: un presente complesso, che vede i confinati costretti a spersonalizzanti raduni nella piazza principale, per l'appello; a pochi passi dalle loro passeggiate - sempre limitate a una porzione ridotta dell'isola -, le guardie. Sono tanti i divieti lì presenti, a cominciare da quello di parlare di Mussolini e di fare discorsi politici, o di associarsi in gruppi: ma ottocento persone sanno bene come aggirare le regole e cercare a ogni costo almeno due forme di libertà, quella di parola e di pensiero. E così il Duce viene chiamato indifferentemente "Pasta-e-Fagioli" o "Andrea", mentre le mense sull'isola sono veri e propri ritrovi per i gruppi politici di cui i confinati facevano parte nella "vita vera". Qualcuno si inventa un lavoro, qualcun altro prova col baratto e il mercato nero a procurarsi quel che normalmente non arriva sull'isola. E tutti aspettano con impazienza la barca che settimanalmente (almeno nel primo periodo del confino) porta insieme ai viveri, la posta e i giornali, ormai vecchi, ma tiepidi agganci alla loro vecchia vita.
Gli spazi di Ventotene sono condivisi con i grandi personaggi storici, a cominciare da Sandro Pertini, esempio costante di dignità e di onore, persino quando è immaginato a condividere il companatico:
Come viene poi raccontato minutamente da Wu Ming 1 nella postfazione, si percepisce in ogni pagina il sostrato di letture, testimonianze, studi che sono stati fatti prima di scrivere il romanzo, ma non c'è pesantezza nelle pagine: solo l'accuratezza di chi vuole davvero darci l'impressione di provare sulla nostra pelle il confino, vuole farci stringere le mani di tanti grandi personaggi della storia, temporaneamente o definitivamente tolti di mezzo. Così, attraverso gli occhi dei due protagonisti, proviamo un'esperienza di limitazione della libertà che ci farà apprezzare il nostro presente e - speriamo - difendere con determinazione il futuro, nostro e di chi verrà. Perché, in fondo,
Ecco perché possono confessarsi i propri "demoni": Giacomo racconta nelle primissime pagine di un prototipo di macchina del tempo che stava mettendo a punto, quando un amico (e che amico, lo scoprirete via via!), ricercato, ha deciso di sperimentarla, anche se il "veicolo", come lo chiamavano loro, non era ancora sicuro. E, a tutti gli effetti, l'amico era scomparso. Erminio, per quanto scettico, resta in ascolto:
Immaginarla era una cosa: l'essere umano può immaginare l'irreale, vedere il mai avvenuto, è questo a distinguerlo dagli animali. Non solo questo, certamente, ma anche. Ascolti una favola e vedi il lupo che parla con l'agnello, la rana invidiosa del bue, la sfida tra la lepre e la tartaruga. Leggi un romanzo e vedi personaggi mai visti amarsi, combattere, tradirsi, morire. Leggi l'"Odissea" e vedi Atena assumere le sembianze di Mente, di Mentore, di Telemaco...D'altra parte, anche Erminio ha le sue realtà parallele: gli dèi greci di cui voleva parlare nella tesi sono sbarcati con lui a Ventotene. Perché Poseidone è diventato filofascista e ha impedito che i confinati provassero a fuggire da Ventotene? L'immaginazione "classica" di Erminio fugge e si posa su più dèi, che immagina camminare e assumere sembianze di isolani. D'altra parte, bisogna pur provare a darsi una spiegazione di un confino spesso senza senso, che risponde solo all'arbitrarietà.
Immaginarla era una cosa. Ma crederla vera, quella scena con la macchina del tempo, era un altro paio di maniche. (p. 11)
Spesso i due protagonisti sono obbligati a rinunciare alle proprie fantasie per fare i conti con la realtà: un presente complesso, che vede i confinati costretti a spersonalizzanti raduni nella piazza principale, per l'appello; a pochi passi dalle loro passeggiate - sempre limitate a una porzione ridotta dell'isola -, le guardie. Sono tanti i divieti lì presenti, a cominciare da quello di parlare di Mussolini e di fare discorsi politici, o di associarsi in gruppi: ma ottocento persone sanno bene come aggirare le regole e cercare a ogni costo almeno due forme di libertà, quella di parola e di pensiero. E così il Duce viene chiamato indifferentemente "Pasta-e-Fagioli" o "Andrea", mentre le mense sull'isola sono veri e propri ritrovi per i gruppi politici di cui i confinati facevano parte nella "vita vera". Qualcuno si inventa un lavoro, qualcun altro prova col baratto e il mercato nero a procurarsi quel che normalmente non arriva sull'isola. E tutti aspettano con impazienza la barca che settimanalmente (almeno nel primo periodo del confino) porta insieme ai viveri, la posta e i giornali, ormai vecchi, ma tiepidi agganci alla loro vecchia vita.
Gli spazi di Ventotene sono condivisi con i grandi personaggi storici, a cominciare da Sandro Pertini, esempio costante di dignità e di onore, persino quando è immaginato a condividere il companatico:
In mensa restammo io e Pertini. Era ancora chino sulla scodella. Con l'ultimo tozzo di pane nero la pulì fino a farla tornare immacolata, poi si passò il tovagliolo sulle labbra. Per riguardo verso noi tutti aveva scodella, bicchiere, posate e tovagliolo personali, che lavava a parte facendoli bollire, anche se il contagio era improbabile. Non era solo uno scrupolo, ma un silenzioso monito su quanto fosse importante la cura di sé e degli altri, quanto fosse necessario darsi delle regole, mantenere un'autodisciplina. (p. 49)E verrebbe davvero da dire che Wu Ming 1 eserciti con grande equilibrio quella che, secondo Manzoni, è la facoltà dello scrittore di romanzi storici: inventare ciò che gli uomini hanno pensato, le spinte interiori che li hanno portati a determinati gesti e decisioni; creare, se necessario, personaggi minori che però si incuneino in modo verosimile nella realtà storica. E così accade con Giacomo ed Erminio, testimoni sui generis, che vivacizzano e rendono curiosa ed estremamente piacevole la cadenza narrativa di La macchina del vento.
Come viene poi raccontato minutamente da Wu Ming 1 nella postfazione, si percepisce in ogni pagina il sostrato di letture, testimonianze, studi che sono stati fatti prima di scrivere il romanzo, ma non c'è pesantezza nelle pagine: solo l'accuratezza di chi vuole davvero darci l'impressione di provare sulla nostra pelle il confino, vuole farci stringere le mani di tanti grandi personaggi della storia, temporaneamente o definitivamente tolti di mezzo. Così, attraverso gli occhi dei due protagonisti, proviamo un'esperienza di limitazione della libertà che ci farà apprezzare il nostro presente e - speriamo - difendere con determinazione il futuro, nostro e di chi verrà. Perché, in fondo,
(noi siamo storie)
(noi siamo ricordi tramandati)
(p. 325)
GMGhioni