Allegro con fuoco
di Beatrice Venezi
Utet, 2019
pp. 176
€ 16 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)
Mi piacerebbe allora semplicemente poter smettere di dare etichette alla musica, in una smania classificatoria che invece di aiutarci a comprendere finisce solo per rendere tutto un prodotto di marketing più facilmente commerciabile, e parlare soltanto di musica "buona" o "cattiva", ben fatta o mediocre (così come mi piacerebbe poter parlare solo di bravi e cattivi direttori e non di direttori uomini o donne, ma questa è un'altra storia) (p. 10).
Ho iniziato a leggere Allegro con fuoco (Utet, 2019) perché si tratta di un libro in cui una giovanissima direttrice d'orchestra, Beatrice Venezi, racconta il mondo della musica classica al grande pubblico e, dovendo essere sincera, questo approccio mi ricordava tantissimo Mozart in the Jungle, una divertentissima serie tv prodotta da Amazon e ispirata al libro di memorie Mozart in the Jungle: Sex, Drugs and Classical Music scritto dall'oboista Blair Tindall che racconta i veri retroscena della New York Philarmonic.
In realtà Allegro con fuoco è molto più di questo: è un viaggio tridimensionale e multi sensoriale nel mondo della musica classica, è la scoperta (o la riscoperta) della modernità dei grandi autori del passato. Ma procediamo con ordine.
Fin dalle prime pagine l'intento della ventottenne autrice (che oltre a dirigere scrive in maniera molto chiara e fruibile) appare manifesto: avvicinare (o forse ) riavvicinare le persone (in particolar modo i giovani) a un mondo che troppo a lungo è stato considerato il simulacro del formalismo, di un'élite culturale che ha provocato gradualmente l'allontanamento del pubblico dal teatro dell'opera. Purtroppo molti amatori se ne sono discostati proprio dopo aver percepito un atteggiamento eccessivamente accademico dell'ambiente, come sostiene l'autrice, dalla quale traspare la grande conoscenza della musica classica e il profondo amore che nutre per la stessa:
Allo stesso modo ho trovato molto interessante e appropriata la scelta di paragonare l'armonia e le sue molteplici caratteristiche a una casa, e lo stesso quella di associare l'idea del ritmo al battito del cuore, e la melodia alla fisionomia del corpo:
Concludendo questo breve commento di un libro che tutti, a partire dai più giovani, dovrebbero leggere perché racconta di temi vicini a ogni genere di pubblico, non posso non condividere l'augurio formulato dalla direttrice Beatrice Venezi, ossia che l'opera smetta di essere appannaggio di pochi, ma torni a essere spettacolo di immedesimazione come lo è stata in passato, arte fruibile a grandi e piccini, meraviglia di modernità che ci ricorda una volta di più quanto il nostro Paese possa essere in grado di creare bellezza e autenticità e di emozionare il mondo intero.
Ilaria Pocaforza
Fin dalle prime pagine l'intento della ventottenne autrice (che oltre a dirigere scrive in maniera molto chiara e fruibile) appare manifesto: avvicinare (o forse ) riavvicinare le persone (in particolar modo i giovani) a un mondo che troppo a lungo è stato considerato il simulacro del formalismo, di un'élite culturale che ha provocato gradualmente l'allontanamento del pubblico dal teatro dell'opera. Purtroppo molti amatori se ne sono discostati proprio dopo aver percepito un atteggiamento eccessivamente accademico dell'ambiente, come sostiene l'autrice, dalla quale traspare la grande conoscenza della musica classica e il profondo amore che nutre per la stessa:
La musica non è una torre, un recinto chiuso, ma un castello da cui dobbiamo cacciare il drago a guardia dell'ingresso, un giardino in inverno che deve tornare a fiorire (p. 14).Tra i capitoli che più mi hanno colpita figura il secondo, "La grammatica della musica", in cui Beatrice Venezi ripercorre con parole semplici e facilmente fruibili anche da "i non addetti ai lavori" la storia della musica e, tra le tante curiosità, svela che furono gli antichi trovatori medievali a introdurre un elemento fondamentale nei componimenti di tutti i tempi: la rima.
Allo stesso modo ho trovato molto interessante e appropriata la scelta di paragonare l'armonia e le sue molteplici caratteristiche a una casa, e lo stesso quella di associare l'idea del ritmo al battito del cuore, e la melodia alla fisionomia del corpo:
Suonare in armonia, sia che cantiate insieme sia che suoniate in un'orchestra professionale, scolastica o amatoriale (e molte di più dovrebbero essercene in Italia, ovunque nel mondo!), significa talvolta sacrificare appena sé stessi, la propria potenza di suono, l'espressione di un'interpretazione, in nome di una possibilità di comunicare qualcosa di maggiore, di superiore. Vi accorgerete che, mentre cantate o suonate, prestate attenzione a cosa fa il vostro compagno, a come si muove, a quando respira, per capire se e quando attaccherà, a quanto sta cantando forte o se sta suonando. E, se lo farete insieme abbastanza a lungo, vi accorgerete anche che non smetterete di guardarvi, sentirvi, ascoltarvi anche una volta che la musica è finita. Vivere dentro la casa dell'armonia è una lezione per abitare il mondo (p. 40).Beatrice Venezi, comunque, non risparmia critiche costruttive ai nuovi generi musicali che, a suo dire, hanno smarrito l'arte originaria, la teoria, la tecnica della musica:
Mi domando cosa sia successo, non dico fra Paganini e Clapton, ma fra Clapton e un qualsiasi cantante trap di oggi, Sembra quasi che la capacità tecnica, quel virtuosismo che per secoli ha saputo sedurre e affascinare le masse, non sia più ritenuto interessante. È evidente che i canoni estetici sono cambiati, ma (e questa è una domanda sincera) mi chiedo come, per quali vie, e perché (p. 78).Ma è sicuramente nel quarto capitolo che con un interessante esperimento l'autrice dà vita a un autentico inno d'amore in primis per la musica classica, ma subito dopo anche per il suo Paese: attraverso il racconto di cinque famose opere (La Bohème, Carmen, Il Trovatore, Madama Butterfly e Andrea Chénier) la Venezi ci mostra come i valori, le emozioni e i sogni di personaggi creati centinaia di anni fa siano ancora incredibilmente attuali. Come non ritrovare, ad esempio, ne La Bohème di Giacomo Puccini una storia di precariato lavorativo e sentimentale di un gruppo di giovani che potrebbero benissimo vivere ai giorni nostri, la stessa situazione di disagio così riccamente descritta da film e serie tv dei quali noi tutti siamo spettatori.
Concludendo questo breve commento di un libro che tutti, a partire dai più giovani, dovrebbero leggere perché racconta di temi vicini a ogni genere di pubblico, non posso non condividere l'augurio formulato dalla direttrice Beatrice Venezi, ossia che l'opera smetta di essere appannaggio di pochi, ma torni a essere spettacolo di immedesimazione come lo è stata in passato, arte fruibile a grandi e piccini, meraviglia di modernità che ci ricorda una volta di più quanto il nostro Paese possa essere in grado di creare bellezza e autenticità e di emozionare il mondo intero.
Andrea Chénier ci insegna allora forse a diffidare del nuovo, a non prestare orecchio alla rivoluzione, al popolo? No di certo. Ma ci mostra le conseguenze del pensiero unico, ideologico o morale, quello che accade quando decidiamo che ci facciamo bastare ciò che ci viene detto senza prendere decisioni autonome, così come è accaduto a Gérard. Lui si è accontentato del racconto che gli era stato fatto (...). Non riteniamoci appagati mai, allora, di morali diffuse o racconti semplicistici nell'analizzare il presente e anche la Storia; non ascoltiamo il pregiudizio comune ma pensiamo sempre con la nostra testa. Informiamoci, leggiamo, decidiamo: non lasciamo che nessuno ci intontisca con idee preconfezionate. Facciamo che il nostro presente diventi il concreto del pensiero critico (p. 138).
Ilaria Pocaforza
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