di Francis Hallé
In collaborazione con Éliane Patriarca
L’ippocampo, 2019
Titolo originale: Atlas de botanique poétique
Traduzione di Giovanni Zucca
pp. 123
€ 19,90 (cartaceo)
Perché parliamo di vandalismo quando viene distrutto un capolavoro dell'uomo, mentre chi distrugge i capolavori della natura si nasconde così sovente dietro parole come progresso e sviluppo? (p. 7).
È citando la primatologa britannica Jane Goodall che il biologo francese Francis Hallé introduce il suo Atlante di botanica poetica: un'opera curiosa, che esplora gli incontri più stravaganti fatti dall'autore nel corso delle sue esplorazioni delle foreste pluviali. Le piante descritte vengono suddivise in cinque sezioni sulla base di diverse caratteristiche, volte a suscitare la curiosità del lettore comune: l'eccezionalità, le capacità adattative, la coevoluzione con determinate specie animali, le specificità comportamentali e le singolarità biologiche. Trait d'union del volume è il desiderio di celebrare il patrimonio naturalistico come "fonte di interesse e novità, ma anche di alterità e bellezza" (p. 7), allo scopo di incentivare le azioni volte alla sua tutela.
A dare spessore all'istanza etica dell'autore è la sua personale e sincera passione per l'argomento trattato: le schede dedicate ad ogni pianta sono frutto di appunti da lui presi nel corso dei suoi viaggi e anche gli schizzi che vogliono descrivere ogni esemplare sono tratti dai suoi taccuini. E a chi gli chieda perché non abbia preferito l'immediatezza dello scatto fotografico al tempo lungo del disegno, risponde che quest'ultimo è l'unico adatto a "un dialogo con la pianta, il tempo della riflessione", necessaria per entrare in una reale sintonia con l’oggetto della contemplazione, e accedere a una più profonda comprensione di una diversità irriducibile come quella vegetale. Grazie all'implicazione emotiva dell'autore, l'Atlante di botanica poetica procede avvincente come una narrazione: le piante vengono trattate alla stregua di qualsiasi altro essere vivente, dotato di un carattere e un comportamento specifico, e pertanto diventano protagoniste di una fitta aneddotica, si impara a conoscerle come fossero parenti rievocati attraverso un album di famiglia.
Si scopre così della liana camaleonte, capace di adattare le sue foglie alla forma, il colore, le dimensioni di quelle dell'albero che la ospita, per difendersi dagli insetti erbivori. O ancora del Codariocalyx motorius, la pianta che, pur non avendo un apparato uditivo, danza non appena percepisce un suono, che sia prodotto o meno da voce umana, e senza un'apparente ragione evolutiva. Si conferma, nello stupore dello studioso che si imbatte in piante come questa, ma anche nell'attitudine del lettore che sfoglia il volume, che "le piante ci incuriosiscono e ci attraggono di più, quanto più mostrano caratteristiche animali e somiglianze con noi umani" (p. 68). Codariocalyx, conosciuta già da Charles Darwin, è senza dubbio un esempio di questa fascinazione, della capacità della pianta di assumere veri e propri atteggiamenti di cui non si riesce a dare pienamente conto:
Si scopre così della liana camaleonte, capace di adattare le sue foglie alla forma, il colore, le dimensioni di quelle dell'albero che la ospita, per difendersi dagli insetti erbivori. O ancora del Codariocalyx motorius, la pianta che, pur non avendo un apparato uditivo, danza non appena percepisce un suono, che sia prodotto o meno da voce umana, e senza un'apparente ragione evolutiva. Si conferma, nello stupore dello studioso che si imbatte in piante come questa, ma anche nell'attitudine del lettore che sfoglia il volume, che "le piante ci incuriosiscono e ci attraggono di più, quanto più mostrano caratteristiche animali e somiglianze con noi umani" (p. 68). Codariocalyx, conosciuta già da Charles Darwin, è senza dubbio un esempio di questa fascinazione, della capacità della pianta di assumere veri e propri atteggiamenti di cui non si riesce a dare pienamente conto:
Se la si fa crescere nel silenzio per sei mesi e poi si tenta di farla danzare, la pianta si muove solo un po', e lentamente. Ma se viene "allenata" tutti i giorni, come una ballerina alla sbarra, fa progressi e danza sempre meglio. La pianta ha davvero bisogno di un allenamento come lo si intende nello sport, che deve essere per forza basato su una qualche specie di memoria. (p. 68)
In alcuni casi la trattazione di Francis Hallé ci riporta indietro nel tempo e nello spazio, aprendo interessanti parentesi storiche, come nel caso della Victoria amazonica, la ninfea che ispirò al giardiniere Paxton il progetto per il meraviglioso Crystal Palace, creato per l'Esposizione universale di Londra e inaugurato nel 1951; oppure il garoé, l'"albero-fontana" di cui parla Antonio Pigafetta nella sua Relazione del primo viaggio intorno al mondo, scritta quando si trovava al seguito di Magellano. La Ocotea foetens, tipica dell'isola di El Hierro alle Canarie, aveva la capacità di riuscire, in un ambiente arido e poco piovoso, a intrappolare l'umidità dell'aria generando al di sotto della coltre dei suoi rami una vera e propria pioggerellina, che veniva sfruttata come riserva di acqua dalla popolazione dei Guanche che abitava l'isola.
Talvolta la digressione si apre alla storia personale e famigliare dell'autore stesso:
Mio padre era agronomo, e ha viaggiato in tutto il mondo. Noi suoi figli, sette fratelli, abbiamo seguito più o meno tutti la stessa strada. Io sono il più giovane, e ricordo bene i più grandi che rientravano dai Tropici con storie avvincenti, facevano una breve tappa a Parigi e poi tornavano in quei paesi lontani che li avevano affascinati. I Tropici sono diventati una tradizione di famiglia. Se poi fai il botanico, tanto vale andare dove ci sono più piante, no? [...] Ai Tropici le piante sono più belle, più grandi e più incredibili che in qualunque altra parte del globo; e molte sono ancora sconosciute. (p. 110)
L’obiettivo dello studioso non è tuttavia quello, in qualche modo più semplice, della scoperta di nuove specie, ma quello del raggiungimento di una più piena comprensione del comportamento della vegetazione in quanto chiave di accesso privilegiata al mondo che ci circonda: “a me non interessa minimamente scoprire qualche nuova pianta a cui dare un nome; non è quello il mio mestiere. A me interessa la biologia della pianta. Il mio sogno è liberare la botanica dall’obbligo di denominare e classificare” (p. 45).
L'approccio di Hallé è quello dello scienziato, che non esita a mostrare le sue ricerche, e le ricerche in ambito botanico in generale, come un lavoro in corso: non tutte le domande hanno ancora una risposta, molti sono i misteri che circondano le piante più rare e bizzarre, molti gli aspetti che ancora non sono stati affrontati. Questo, invece che rappresentare un limite per lo studioso, rende più avvincente il lavoro, più vivo il suo desiderio di leggere, viaggiare, progredire.
In un’opera che si propone di portare all’attenzione di un pubblico vasto la meravigliosa biodiversità delle foreste equatoriali, l’autore a volte si lascia prendere la mano dalla materia, infervorare dal discorso, entrando in specifiche tecniche che il lettore inesperto fatica a comprendere pienamente, nonostante il glossario esplicativo al fondo del volume. L’effetto complessivo tuttavia è pienamente raggiunto nel senso di stupore e fascinazione che si prova di fronte alle descrizioni precise, ai tratti felici delle illustrazioni, con cui Hallé riesce a spalancarci di fronte una finestra su un panorama precedentemente ignorato che, scopriamo inaspettatamente, ci piacerebbe molto conoscere meglio.
Carolina Pernigo
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