L'ultima amante di Hachiko
di Banana Yoshimoto
Universale Economica Feltrinelli, luglio 2004
Traduzione di Alessandro Giovanni Gerevini
pp. 110
€ 7 (cartaceo)
- “E perché saresti finito in India?”- “È una lunga storia, la vuoi sentire?”Hachi sorrise.Come un bambino, come il cielo azzurro.- “Vieni a casa nostra!”
Mao è un'adolescente che fa la terza media quando conosce Hachi, un ragazzo del liceo. Hachi, quando conosce Mao, sta insieme e convive con colei che Mao, la ragazzina, chiamerà per sempre Mamma.
Mao vive in una comunità la cui nonna è la santona e sua madre naturale è una delle tante complici/vittime.
La nonna, santona mica a sproposito, ha poteri soprannaturali. La madre naturale di Mao è per lo più succube dell'ambiente che respira.
E Mao è semplicemente troppo piccola. Così quando conosce Hachi e Mamma, la sua compagna, e le viene proposto di andare a vivere con loro, accetta senza ragionare troppo. La vita di comunità a Mao va stretta e mal sopporta vedere la madre biologica buttarsi via.
A casa di Hachi Mao non trova la quiete che cercava, sebbene ci stia meglio che nella comunità: la Mamma -la compagna di Hachi- è esuberante, piena di energie, ama l'alta velocità in moto con i suoi amici centauri. Hachi ha una vita decisamente più tranquilla che, come quella di Mao, viene stravolta dalla morte di Mamma.
Mamma si schianta in moto e crolla il flebile -se non proprio instabile- equilibrio dei giovanissimi rimasti. Mao torna nella comunità perché troppo forte il dolore del lutto, Hachi decide che di lì a qualche anno avrebbe ripercorso i passi delle sue adottive origini.
Hachi, giapponese, è stato abbandonato, adottato e cresciuto in India.
Da ragazzo ha scelto di tornare in Giappone, salvo cambiare idea di fronte alla drammatica perdita della sua compagna.
Hachi portava sulle spalle il peso di qualcosa di enorme, come un cielo stellato, un mare, una montagna. Oppure un sentiero estivo su cui cammina una vecchietta barcollante, l'ultimo sguardo di una persona un istante prima di morire, o ancora il momento in cui un neonato si separa per la prima volta dal corpo della madre.
Questo romanzo è composto da due nubi, una rosa e una nera: la rosa lascia intuire sin dal titolo che tra Mao e Hachi nascerà qualcosa di importante, un segno nel cuore se non in quello di entrambi i protagonisti, almeno in uno e la nera porta la pesantezza dell'abbandono, tracciato e delineato dai primi capitoli con la tragica perdita di Mamma. Ed è solo il preludio. La luna piena con lo sfondo nero è ben visibile per tutto il testo; è palpabile e si sente sempre, quasi in ogni riga, che comunque nulla andrà come si vorrebbe, perché nessun rosa può e potrà mai vincere contro il nero.
La scrittrice, la grande scrittrice Banana Yoshimoto ha scelto a tavolino cosa accadrà e questa scelta è limpida sin dalle prime frasi del libro. Per chi ama il genere, per gli estimatori della regina dell'onirico sa che non esistono colpi di scena, sorprese, ma solo conferme solenni con la scelta sua sublime e speciale delle metafore e delle parole che cullano il lettore in un qualcosa che si conosce, perché preannunciato, perché ben descritto, perché lei, Banana, non delude mai quando fa presagire quanto accadrà sin dalle prime righe dell'incipit del testo. Lei procede incalzante, a colpo sicuro, nel suo canovaccio prepotente, certo e altamente dichiarato.
Se L'ultima amante di Hachiko deve essere, sarà.
Hachi sorrise. E di riflesso provai a farlo anch'io.La storia era triste ma non sapeva di reale.Pensai che fosse tutta una menzogna. Forse lui era solo uno straordinario vagabondo a cui piaceva ingannare le ragazze. Forse odiava avere legami. Le probabilità che fosse davvero così erano molte. In ogni caso qualunque tentativo di persuasione non gli avrebbe certo fatto cambiare idea. Quante volte avevo assistito a scene simili. In questo mondo di menzogne camuffate da consigli sinceri. Cercare di manovrare le persone secondo il proprio modo di pensare è ancora peggio che mentire. Anche se si pensa di farlo per il loro bene, che lo si faccia in modo lieve o greve non importa, il peccato resta sempre lo stesso. È una cosa terribile fare pressione sugli altri affinché a un tratto le loro idee cambino secondo il proprio disegno.
Mao è tornata nella sua comunità. La nonna in punto di morte le annuncia che ha avuto delle premonizioni: lei sarà l'ultima amante di un ragazzo che si chiama Hachiko e il suo futuro non sarà portare avanti la comunità, bensì sarà l'arte poiché diverrà pittrice.
Scappa. Mao scappa e torna a vivere da Hachi, “Hachiko” come vezzeggiativo d'affetto nella lingua giapponese.
Così come lei è cresciuta e ha avuto diversi uomini nella comunità (uomini che dichiara di avere a disposizione come il telecomando), anche lui è cambiato. Ha deciso che nel giro di qualche anno si trasferirà in India per dedicarsi alla preghiera vivendo come eremita, per sempre. Nella terra in cui non è nato, ma è cresciuto.
E così cominciai a vivere con Hachi.
Arriva la primavera, i due costruiscono un rapporto d'amore e di affetto solido. Sono spesso nudi.
Arriva l'estate e i due sono felici. Sono molto spesso nudi.
Arriva l'autunno e lui sta male. Hachi inizia ad entrare in crisi per la sua scelta, per la sua partenza definitiva.
Arriva l'inverno e lei sta male. Mao vive male il malessere di lui e per assurdo, nel fondo della preoccupazione, si illude che lui possa cambiare idea e non partire più.
Torna la primavera, cambiano, ruotano ancora cicliche le stagioni. I due costruiscono ricordi come se la morte, di uno o di entrambi, fosse incombente, sovrastante, imminente. Si amano più che possono, fanno tutto quello che possono.
Vanno alle terme. Lei ha una visione. Sua madre è morta poco distante, felice e serena. E lei, nuda con Hachi, non si preoccupa perché la vede luminosa.
Stavamo attuando una sorta di pratica ascetica. Insieme, in un modo naturale, come la respirazione. Nei nostri corpi facevamo delle alchimie per individuare quelle cose a cui tutti gli esseri umani ambiscono perché sono introvabili su questa terra, cose che per quanto le si usasse non si esaurivano mai. Stavamo cercando di far durare in eterno la nostra giovinezza.Noi due.
Mao dipinge da tempo. È famosa nel suo lavoro di pittrice. Conosce un italiano, “ritratto” dalla scrittrice giapponese come esperto d'arte e come il novello Casanova in quel dell'orizzonte nipponico. Mao non riesce a far ingelosire Hachi che, rassegnato già da alcune stagioni, è stabile e fedele alle sue decisioni.
Lui parte. Lei va a vivere come coinquilina nella casa dell'italiano e prova a seguire quanto presagito dalla nonna. Si dedica incondizionatamente alla pittura, anche lei vittima di un qualche potere surreale affidatele dalla penna divina e magica della regina dell'onirico.
Quando un essere umano prende davvero una decisione, gli altri non possono più farci niente.
Lo stile giapponese è da Banana Yoshimoto eseguito alla perfezione.
Leggerla, grazie anche ai fidati traduttori italiani, in questo caso ad Alessandro Giovanni Gerevini, significa danzare in punta di piedi sulle nuvole cariche di tiepide parole che apparentemente cadono nel testo casuali. Nulla nelle trame, nello stile e nella scelta delle parole della celeberrima autrice è mai rotolato a caso sul foglio. È una partita a scacchi tra la trama e le parole, tra lo stile caratteristico e quel mondo onirico che cattura, ammalia e affascina i suoi fedeli lettori.
Chiunque voglia assaporare l'Oriente e fare un nipponico aperitivo letterario non deve far altro che scegliere il titolo a sé più affine, quello che lo rapisce di più: non rimarrà deluso perché molto spesso il racconto con Banana Yoshimoto è servito e delineato nel titolo stesso del testo, come in questo caso con “L'ultima amante di Hachiko”.
Alessandra Liscia
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