Denti bianchi
di Zadie Smith
Oscar Mondadori, 2017
Traduzione di Laura Grimaldi
1^ edizione in lingua originale: 2000
pp. 546
€ 14,50 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)
Immaginiamo gli immigranti costantemente in movimento, liberi da pastoie, capaci di cambiare rotta in ogni attimo, capaci di impiegare a ogni mutamento il loro leggendario spirito d'iniziativa. Ci è stato raccontato dello spirito d'iniziativa del signor Schmutters, o della scioltezza d'azione del signor Banajii, che veleggiano fino a Ellis Island o Dover o Calais e sbarcano su una terra straniera come persone nuove, libere da qualunque tipo di bagaglio, felici e disposte a lasciare sul molo le loro diversità per cogliere le opportunità di questo nuovo posto, per amalgamarsi con l'unicità di questa verdepiacevolelibertariaterradellalibertà [...] Magid e Millat non ne erano capaci.
Zadie Smith aveva solo ventitré anni quando ha scritto Denti Bianchi. È straordinario che la sua prima prova sia una delle opere più mature della sua produzione, con una struttura così solida e una visione lucida del contesto contemporaneo.
Denti bianchi è un'epopea sociale scritta alle soglie di un nuovo millennio da un'autrice cresciuta alla fine del Novecento, ma è anche molto altro. È una narrazione più che mai attuale sulla migrazione, la ricerca d'identità e il processo di integrazione.
L'autrice intreccia le vicende di un gruppo di personaggi della periferia londinese a partire dall'1 gennaio 1975 fino al 1999. Sono gli anni di vita effettivi dell'autrice che formano un'ideale meridiana del romanzo, ma diventano anche il piano di misurazione di un tempo più esteso che ingloba tutte le migrazioni della storia.
Ci sono Clara e Archiebald, lei d'origine giamaicana, lui inglese, una coppia insolita sposata per istinto, quasi un test di fusione di due universi lontani; ci sono Alsana e Samad, musulmani che cercano una fede impossibile in un mondo che ha tutt'altro credo; ci sono Joyce e Marcus Chalfen inglesi della Londra borghese, tanto convinti del progresso e della bontà della loro genetica quanto poco a fuoco con il presente. E poi ci sono i loro figli: Irie, Magid, Millat, Joshua, e una serie di personaggi di contesto, tutti prodotti di una spasmodica volontà di appartenenza a un mondo che sta cambiando direzione, in preda della nascita di nuovi isterici -ismi.
Zadie Smith ha raccontato in maniera esemplare la vita di un gruppo di inglesi di seconda generazione rappresentandola come un'onda che costantemente fluisce, sbatte e ritorna. I personaggi provano a progredire su una linea
retta ma in realtà stanno correndo lungo un cerchio che infinitamente
si rincorre.
Una storia senza una vera evoluzione dove le colpe dei padri ricadono sui figli, le battaglie degli uni passano agli altri senza compiersi. Il romanzo ha una perfetta struttura a scatole cinesi: nel perimetro dell'affresco sociale l'autrice ha inserito le storie delle famiglie, dentro le storie delle famiglie ha costruito il percorso dell'individuo. Immigrazione di prima e seconda generazione a confronto, fede contro progresso scientifico, castità contro pulsione sessuale, impegno sociale contro rassegnazione, isolamento contro integrazione, idealismo contro pragmatismo: il romanzo vive della dialettica di opposti spesso rappresentati da coppie di personaggi, altre volte dal confronto del personaggio con se stesso. Tra i principali temi problematizzati, l'irrisolto rapporto genitori-figli:
Una storia senza una vera evoluzione dove le colpe dei padri ricadono sui figli, le battaglie degli uni passano agli altri senza compiersi. Il romanzo ha una perfetta struttura a scatole cinesi: nel perimetro dell'affresco sociale l'autrice ha inserito le storie delle famiglie, dentro le storie delle famiglie ha costruito il percorso dell'individuo. Immigrazione di prima e seconda generazione a confronto, fede contro progresso scientifico, castità contro pulsione sessuale, impegno sociale contro rassegnazione, isolamento contro integrazione, idealismo contro pragmatismo: il romanzo vive della dialettica di opposti spesso rappresentati da coppie di personaggi, altre volte dal confronto del personaggio con se stesso. Tra i principali temi problematizzati, l'irrisolto rapporto genitori-figli:
Niente moschee. Forse una chiesetta. Praticamente nessun peccato. Un sacco di perdono. Niente soffitte. Niente merda nelle soffitte. Niente scheletri negli armadi. Niente bisnonni. Sono pronta a scommettere subito venti sterline che qui dentro Samad è l'unico a conoscere la maledetta misura interna della gamba del suo bisnonno. E lo sapete perché non la conoscono? Perché non gliene frega un cazzo! Per quanto li riguarda, è il passato. È così che va nelle altre famiglie. Non vivono ripiegate su se stesse. Non corrono in tondo, godendo del fatto che sono mentalmente disturbate. Non passano il tempo a tentare di trovare il modo di rendere più complessa la loro vita. Si limitano a viverla. Bastardi fortunati. Figli di puttana fortunati.
Quello che rende Denti bianchi straordinario è che Zadie Smith non ne fa mai un mero tema di discussione ideologica, ma di radici. I finti denti bianchi di Clara sono un tentativo di nascondere chi era e di provare a radicarla tra gli inglesi, un tentativo di mordere il mondo senza riuscirci.
Rivoluzioni, eventi, cambiamenti del pensiero sono tutti visti dalla prospettiva di una periferia che apparentemente sembra lontana dal palcoscenico della Storia, ma che invece ne diventa un campione molto rappresentativo. Le vicende di queste famiglie, così unite ma così intimamente divise, raccontano infondo un'unione impossibile, quella tra un individuo straniero e una terra verde, pacifica, libertaria, ma nella sua essenza inospitale.
Rivoluzioni, eventi, cambiamenti del pensiero sono tutti visti dalla prospettiva di una periferia che apparentemente sembra lontana dal palcoscenico della Storia, ma che invece ne diventa un campione molto rappresentativo. Le vicende di queste famiglie, così unite ma così intimamente divise, raccontano infondo un'unione impossibile, quella tra un individuo straniero e una terra verde, pacifica, libertaria, ma nella sua essenza inospitale.
Per questo Abdul-Colin, arrivato a Trafalgar Square, esclama: "Come amano le loro false icone, in questo paese [...] Ora, per favore, qualcuno mi dica: che cosa spinge gli inglesi a costruire le loro statue con le spalle alla loro cultura e gli occhi sull'ora?".
O ancora Samad incide su una panchina il suo cognome col sangue e dopo si pente e inizia a pregare:
Significava che volevo scrivere il mio nome sul mondo. Significava che ero arrogante. Come gli inglesi che nel Kerala davano alle strade i nomi delle mogli. Come gli americani che piantavano la bandiera sulla luna. Era un avvertimento di Allah. Diceva: Iqbal, stai diventando come loro. Ecco cosa significava.Sembra non esserci mai un pacifico venire a patti con quello che si era e quello che si vuole diventare. Torna poi, come momento ricorrente nel romanzo, il capodanno che per alcuni significa risorgere a nuova vita, per altri ardere nel peccato tra le fiamme della fine del mondo.
Dovreste leggere Zadie Smith perché si viene conquistati dal suo narrato cangiante, dai dialoghi tragicomici e dal vocabolario fertile di culture e suggestioni.
Ma più di tutto dovreste leggere Denti bianchi perché con estrema lungimiranza dipinge il nostro presente, soprattutto a livello europeo. Facilmente potremmo trovare nelle nostre città delle coppie alla Clara e Archie, vedere Samad che va a pregare in moschea o Millat che scorrazza in periferia.
I personaggi di questo romanzo siamo anche noi quando ascoltiamo al telegiornale i politici che parlano di politiche migratorie o quando diciamo la nostra sull'integrazione. Siamo noi quando assistiamo impotenti allo scontro latente di culture e modi di vivere.
Claudia Consoli