di Doris Femminis
Marcos y Marcos, 8 maggio 2019
pp. 348
€ 18 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)
La lasciavano in pace, l'osservavano per non vedere nulla, non era tanto depressa: mangiava, dormiva, affermava di non avere idee nere, soltanto un persistente sentimento di vuoto. A volte rideva tra sé: spiegava che le pareva di essere un'attrice sulla scena; trovava divertente il suo ruolo e lo scenario, ma si chiedeva che senso avesse vivere così, senza passione, spenta, a guardarsi recitare. (p. 105)
Se volessimo trovare una parola-chiave che percorre tutto il romanzo, questa è certamente: fuga. Quando facciamo la conoscenza di Giulia, nelle prime pagine del romanzo, la troviamo in fuga dopo un brutto litigio e subito dopo in fuga da sé stessa, con il gesto estremo di assumere un quantitativo di medicinali elevato, sperando di farla finita. E invece Giulia viene trovata da un amico storico, che chiama l'ambulanza e la salva: al suo risveglio, la ragazza è ricoverata nella clinica psichiatrica del Mottino, e di nuovo l'imperativo categorico è la fuga. Ma attorno a Giulia le mura della clinica si chiudono inesorabilmente con tutto il loro biancore: bianca la camera d'isolamento, bianchi i camici degli infermieri che sedano continuamente questo scricciolo di paziente, tanto minuta quanto rabbiosa nel suo cercare di liberarsi. L'unica via di fuga concessa è quella della parola: Giulia è invitata a parlare, a condividere le sue angosce con la psicoterapeuta, Elena Sortelli, che cerca di scavare a fondo nel passato della paziente, per capire cosa l'ha portata a un gesto tanto estremo. La ragazza resiste: dà la colpa allo stress, agli esami universitari, ma è chiaro che c'è ben altro sotto.
E perché, prima di assumere i farmaci, ha scritto "Lilì per sempre"? Forse bisogna partire da lì, dalla storia familiare che ha imposto a Giulia di crescere prima del tempo: dalla grave depressione della madre alla sorella minore Annalisa, che è sempre stata una spina nel fianco con la sua autodistruzione; dai problemi economici alle tante bocche da sfamare in famiglia... Più la dottoressa Sortelli fa parlare Giulia, e più il suo racconto si fa ambiguo, e il discrimine tra realtà e mistificazione si fa sottile: ma Giulia è convinta di tutto ciò che racconta; e dunque dove inizia e dove finisce la verità?
Più la protagonista si sfoga, più il Mottino smette di essere una prigione: è, anzi, una specie di casa che protegge la ragazza da quel che c'è fuori, ma soprattutto che tampona i traumi che Giulia ha dentro e di cui non è pienamente conscia.
Tuttavia, l'arrivo improvviso di una nuova paziente, la selvatica e indomabile Alex Sanders, porta nuovamente Giulia a pensare alla fuga: Alex è tutto ciò che Giulia non è mai riuscita a essere, è la fuggiasca per eccellenza, colei che è scappata parecchie volte dal Mottino e che ha sempre lottato contro le autorità, come pure è fuggita da sé più volte con la droga.
Ma quale effetto può creare l'incontro di due personalità tanto esplosive? Riusciranno a restare fuori per sempre? E da cosa, o da chi?
Il romanzo di Doris Femminis ha il merito di portarci a conoscere da vicino la realtà complessa della malattia mentale, dei turbamenti che portano a distorcere i fatti per renderli più accettabili, o perlomeno tollerabili. E tuttavia la vicenda a volte si sfilaccia: la vicenda di Giulia lascia il posto alla vita di Elena Sortelli, di altri componenti della famiglia, di alcuni infermieri del Mottino,... Se il desiderio era quello di rivelare la complessità delle vite di tutti i personaggi, l'obiettivo è raggiunto; resta però da chiedersi se fosse necessario scivolare tanto nelle realtà degli altri, diluendo o lasciando in sospeso la narrazione principale. Il romanzo ha però una capacità tutt'altro che scontata: ci fa sentire cosa si prova a sentirsi prigionieri delle decisioni altrui e preda delle nostre più recondite pulsioni.
GMGhioni
E perché, prima di assumere i farmaci, ha scritto "Lilì per sempre"? Forse bisogna partire da lì, dalla storia familiare che ha imposto a Giulia di crescere prima del tempo: dalla grave depressione della madre alla sorella minore Annalisa, che è sempre stata una spina nel fianco con la sua autodistruzione; dai problemi economici alle tante bocche da sfamare in famiglia... Più la dottoressa Sortelli fa parlare Giulia, e più il suo racconto si fa ambiguo, e il discrimine tra realtà e mistificazione si fa sottile: ma Giulia è convinta di tutto ciò che racconta; e dunque dove inizia e dove finisce la verità?
Più la protagonista si sfoga, più il Mottino smette di essere una prigione: è, anzi, una specie di casa che protegge la ragazza da quel che c'è fuori, ma soprattutto che tampona i traumi che Giulia ha dentro e di cui non è pienamente conscia.
Tuttavia, l'arrivo improvviso di una nuova paziente, la selvatica e indomabile Alex Sanders, porta nuovamente Giulia a pensare alla fuga: Alex è tutto ciò che Giulia non è mai riuscita a essere, è la fuggiasca per eccellenza, colei che è scappata parecchie volte dal Mottino e che ha sempre lottato contro le autorità, come pure è fuggita da sé più volte con la droga.
Ma quale effetto può creare l'incontro di due personalità tanto esplosive? Riusciranno a restare fuori per sempre? E da cosa, o da chi?
Il romanzo di Doris Femminis ha il merito di portarci a conoscere da vicino la realtà complessa della malattia mentale, dei turbamenti che portano a distorcere i fatti per renderli più accettabili, o perlomeno tollerabili. E tuttavia la vicenda a volte si sfilaccia: la vicenda di Giulia lascia il posto alla vita di Elena Sortelli, di altri componenti della famiglia, di alcuni infermieri del Mottino,... Se il desiderio era quello di rivelare la complessità delle vite di tutti i personaggi, l'obiettivo è raggiunto; resta però da chiedersi se fosse necessario scivolare tanto nelle realtà degli altri, diluendo o lasciando in sospeso la narrazione principale. Il romanzo ha però una capacità tutt'altro che scontata: ci fa sentire cosa si prova a sentirsi prigionieri delle decisioni altrui e preda delle nostre più recondite pulsioni.
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