Il risolutore
di Pier Paolo Giannubilo
Rizzoli, 2019
pp. 486
€ 20 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Avevo fatto la conoscenza di Manzoni diversi anni prima, nel 2004, quando aveva tenuto un reading di poesia nella mia città, Campobasso, accompagnato dalla sua donna di allora. Conservo un ricordo prodigiosamente plastico di Ester quella sera: total black, silhouette da magazine di intimo femminile, capelli neri lisci a mezza schiena, portamento da amazzone, sguardo impenetrabile di un siberian husky. «Un’ex studentessa di Manzoni all’Accademia di Urbino» mi aveva anticipato. Un mio conoscente che era stato un compagno di corso. «È ricca sfondata, e qualche anno fa ha girato un porno su cui all’università si favoleggiava a tutto spiano.»
Così l’inizio del racconto. Dal protagonista con un cognome importante, Gian Ruggero Manzoni, pronipote di Alessandro Manzoni e cugino dell’irriverente Pietro. Conosciuto da Giannubilo durante un reading in Molise, per caso. Una biografia certo, ma non solo, c’è dell’altro all’interno della storia, tanto da essere un centrifugato di generi: una spy-story, un romanzo storico-politico che ha sullo sfondo i grandi nomi della Letteratura e dell’Arte, uno psicologico con venature thriller, erotico. Di sicuro l’intreccio è costituito in gran parte da storie vere, romanzato con ricostruzioni di fantasia, seppure coerenti con gli eventi reali.
Gian Ruggero Manzoni è un pittore e poeta, formatosi al DAMS di Bologna insieme a Pier Vittorio Tondelli, Andrea Pazienza, Roberto Freak Antoni, nel pieno della febbre rivoluzionaria del Movimento del ’77. Trovato con una pistola addosso, viene arrestato durante il marzo bolognese di quello stesso anno. Gli vengono dati tre anni di carcere, che non sconterà nel vero senso della parola; in possesso di armi da fuoco e con la condanna a tre anni per banda armata, Manzoni patteggia con lo stato un servizio alternativo. All’inizio non sa di cosa si tratta, dopo un anno di addestramento capisce di essere stato assegnato all’intelligence italiana. È il risolutore: un informatore con licenza di uccidere, un killer per lo stato. La cosiddetta ‘commutazione della prigione’ in un servizio militare alternativo, lo rende di fatto ostaggio della NATO per un quarto di secolo e lo trasforma in un killer di stato. La sua vita dissennata, probabilmente lo stress che lo vede nei peggiori teatri di guerra del secondo Novecento, lo fanno ammalare del morbo di Crohn e lo costringono al ricovero psichiatrico. La narrazioni si sviluppa su due parallele psicologiche, una doppia vita: intellettuale e killer.
Gian Ruggiero viene inviato in zone ad alto rischio, dove le vicende si snodano coinvolgendo diverse aree geografiche: medio-oriente, Europa e oltre, la guerra civile in Libano, la dissoluzione della Jugoslavia; i quartieri a luci rosse di Amburgo e l’esecuzione a sangue freddo di uno sgherro del clan dei marsigliesi. E nel frattempo dipinge. La sua misogina bulimia erotica e le avventure picaresche nei bordelli di mezza Europa, lo rendono un personaggio degli eccessi, che si porta dietro il peso di un cognome sulle spalle.
Un racconto lucido, che scorre nella lettura – seppur da assumere a piccole dosi per la lunghezza – dallo stile avvincente, degno di un thriller introspettivo. Guardarsi dentro è questo il tratto più originale del romanzo, mettendo a nudo le contraddizioni umane dei due protagonisti: Manzoni e Giannubilo. Sembra, infatti, che oltre a raccontare la storia del suo personaggio, Giannubilo racconti se stesso come scrittore e uomo, segnando i punti di scacco della sulla vita, cerca le soluzioni. Giannubilo fa il risolutore: nella storia di un altro.
Isabella Corrado
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