Tutto sarà perfetto
di Lorenzo Marone
Feltrinelli, 2019
pp. 298
€ 16,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Infilo la giacca e mi affaccio nella stanza di papà: lo trovo che si è assopito seduto sul letto, con il capo appoggiato alla testiera e la bocca spalancata dalla quale esce un rantolo sinistro. Mi scopro a fissarlo un po’ troppo a lungo, intimorito dalla posa innaturale che gli deforma il viso. Non è la morte in sé a terrorizzarmi, ma lo scampolo di vita che siamo costretti a portarci dietro prima dello stop, quel ritaglio inutile che non sappiamo più come riempire. (pp. 23-24)
Prendete Andrea, un quarantenne non ancora entrato nell’età adulta – scapolo, senza figli, con un lavoro saltuario, interessato alle frequentazioni più che alle relazioni stabili – e unitelo a un anziano al termine della propria vita per una malattia incurabile e che in passato non è stato affatto presente nella vita dei figli. Aggiungete una serie di divieti imposti al protagonista dalla sorella per salvaguardare la salute del padre e stendete il tutto su un’isola in cui la famiglia (in)felice ha trascorso gli anni – un’isola abbandonata ma mai dimenticata – e avrete il romanzo in cui, alla fine, tutto sarà perfetto.
Si sa – ce lo insegna King in On writing e ce lo insegnano i testi e i corsi di scrittura creativa – che in narrativa e in letteratura esistono in genere degli step fondamentali che, partendo dall’incipit e correndo lungo la trama, portano quest’ultima al compimento, ossia al finale: il protagonista, per poter risolvere il problema che gli si para davanti, deve affrontare un percorso di cambiamento durante il quale verrà aiutato da alcuni personaggi e ostacolato da altri, e così facendo potrà raggiungere il proprio obiettivo; in questo modo lo ritroveremo, nelle ultime pagine, maturato rispetto alle prime, proprio a causa del percorso compiuto. Questo è, in sintesi, il modo in cui funziona un testo di narrativa: incipit, problema, evoluzione, trasformazione, conclusione.
Se è vero tuttavia che così vanno le cose, è anche vero che alcuni testi sono migliori di altri nel celare le impalcature che reggono questi passaggi; le quali, riprendendo un’immagine che ho usato altrove, se troppo evidenti risultano come un microfono ad asta che compare nel bel mezzo di un film in bianco e nero, oppure (per usarne una nuova) un bicchiere di Starbucks dimenticato sul set durante le riprese.
Ecco, senza scendere nei dettagli della trama trovo che in Tutto sarà perfetto quest’opera di celamento (o di rimozione, se si vuole cambiare termine) non sia totalmente riuscita: saranno le considerazioni che il protagonista/narratore non può esimersi dal fare, o forse uno script che non punta alla suspense; sta di fatto che leggendo il libro si ha costantemente la sensazione di déjà vu, che si unisce, quando si oltrepassa la metà, a quella di un minaccioso senso di anticipazione. Per dirla in altri termini, la trama segue una sua logica e fila liscia, talmente liscia che è possibile prevedere quasi tutto: come evolverà la trama nelle prossime pagine, come evolverà il protagonista, a volte anche alcune battute ma, soprattutto – e cosa più fastidiosa – è possibile anticipare il finale, e con largo anticipo. Il risultato immediato è che le ultime pagine, avendo previsto ogni cosa, sono risultate inutili, e anziché svolgere il ruolo di conclusione sono apparse come una mera coda al resto.
Ho accennato poi alle considerazioni che il protagonista porta avanti: sono probabilmente queste a dare il maggior senso di “impalcatura” al testo, in quanto spiegazioni superflue e spesso non richieste, evidentemente inserite come elemento di supporto. Faccio un esempio: per evidenziare come Andrea fugga dalle responsabilità, Marone gli appioppa una frase di rito, “in che senso?”, da usare nei momenti di difficoltà; tre parole che soprattutto verso la fine diventano una sorta di leit motiv. Ecco allora che alla prima occasione arriva lo "spiegone".
Da quando mi sono comparsi i primi brufoli sul viso ho iniziato a rispondere alle domande con queste tre paroline; un modo per prendere tempo, o anche per non rispondere. E gli altri perdono subito la pazienza. La sera che Sara mi propose di acquistare una casa insieme (sì, mio padre ci ha azzeccato) risposi proprio così, “in che senso?”, e lei corse a chiudersi in bagno. “Ho solo fatto una domanda”, cercai di giustificarmi da dietro la porta, ma non mi aprì e non mi rivolse la parola per due giorni. (p. 49)
Insomma, Tutto sarà perfetto è un romanzo che parla di ricongiungimenti familiari, che ruota intorno all’idea di perdonare e perdonarsi, di ricucire con un passato da cui si è fuggiti con troppa fretta, tuttavia è tutto così scontato da far passare i pregi in secondo piano. Lo consiglio come lettura estiva, senza troppe pretese.
David
Valentini
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