di Gustavo Pietropolli Charmet
Laterza, 2018
pp. 176
€ 16,00 (cartaceo)
€ 9,90 (ebook)
La psicologia di ciascuno di noi sta subendo una trasformazione nel rapporto con sé stessi e con gli altri, tanto che il senso di colpa sta via via scomparendo a favore di una vergogna causata dalle aspettative insoddisfacibili della nostra società. Il rimorso era un attestato di potere – quello di nuocere, di poter influenzare la vita altrui – che ci inseriva dentro una comunità. Ora che un generale senso di impotenza si diffonde, ciò che ci rimane è solo l’inadeguatezza di non esistere per gli altri, sentimento che scontiamo mettendoci in vetrina. La questione non è più se il mutamento è in corso, ma la sua precisa fisionomia: L’insostenibile bisogno di ammirazione prova a farne un ritratto.
Pietropolli Charmet è uno psicologo dalla lunga carriera e dai molti riconoscimenti che proprio attraverso la sua attività professionale quotidiana, sembra sia riuscito a intuire cosa sta accadendo. La trattazione de L’insostenibile bisogno di ammirazione procede per macro-argomenti, come ad esempio il corpo o la coppia, ognuno di loro è però diviso in sfaccettature e casi concreti più facilmente analizzabili, perché spesso legati ad una conoscenza diretta dell’autore. A questo flusso di dati ed esperienze si accostano delle riflessioni che costruiscono un ponte tra i vari aspetti, rendendo il caso singolo un sintomo di una mutazione psicologica più ampia. Si evitano quindi analisi sociali astratte, preferendo un radicamento nel dato reale che si fa matrice di uno sguardo più ampio.Un pregio che diventa però anche un limite, perché costringe l’autore ad un testo denso e meno agile di quanto ci si potrebbe aspettare. Pur rimanendo nel campo della divulgazione Pietropolli Charmet deve usare delle categorie specifiche e dei ragionamenti legati alla sua professione: difficoltà però facilmente superabili per un’opera davvero utile per capirsi e capire chi ci circonda.
Si noterà che il titolo del libro, riproposto in edizione economica dal 20 giugno, parla di ammirazione e non di vergogna, questo perché sono elementi strettamente correlate. Una ricerca del plauso attraverso una coazione alla visibilità per fuggire dall’inesistenza sociale che incombe sul singolo. L’ammirazione, che si pretende sempre più ampia, non è quindi un semplice strumento narcisistico per riacquistare fiducia in sé stessi, ma una diffusa questione di «sopravvivenza identitaria» che spinge soprattutto i giovani a sovraesporsi, superando il pudore per evitare la vergogna del non riconoscimento.
L’importanza sociale della vergogna non è dovuta, infatti, alla grande sofferenza che essa innesca nella sua vittima, ma alla mole imponente di comportamenti individuali e collettivi che nascono dal proposito di evitare la vergogna, cioè di trovarsi in condizione di grande distanza dagli ideali [...] crudeli e pervasivi della società del narcisismo. (p. 69)
Gli spunti e i brani su cui soffermarsi a riflettere sarebbero davvero numerosi, preziosi soprattutto per genitori e insegnanti. Il nucleo problematico principale è quello di «governare il potere dello sguardo» altrui verso il singolo, ma anche del singolo verso sé stesso. Quest’ultimo rapporto ha un caso forse emblematico: la maggior diffusione della sensazione della noia – frutto di uno scoloramento del mondo in confronto al successo immaginato – a discapito della tristezza – che invece necessità di un lutto, di un legame con il reale. Un meccanismo che blocca l’evoluzione del singolo sotto un mare di aspettative opprimenti. Ma questa è solo una piccola tessera di un mosaico molto ricco e ampio: si passa dai cosplayer all’autolesionismo, passando per molti altri fenomeni. Tutto viene inserito in un tentativo di comprensione che sospende il giudizio morale. L’onestà di Pietropolli Charmet anzi sta nel denunciare il proprio pensiero, e anche pregiudizio, precedente e correlarlo a volte ad un percorso di rivalutazione attraverso l’analisi non solo terapeutica.
Nelle pagine di L’insostenibile bisogno di ammirazione troviamo più di un elemento per riflettere su di noi. La casistica è ampia, e inevitabilmente qualcosa è destinato a toccarci: non c’è possibilità di sfuggire ad un’analisi su delle mutazioni che riguardano tutti, anche se non ci si sente narcisisti estremi. Ciò che infatti l’autore sembra dirci è che se anche sfuggiamo e resistiamo a questi meccanismi di ammirazione-vergogna, nella fuga stiamo già ammettendo che essi ci influenzano.
Gabriele Tanda
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