Tutti i racconti
di Kurt
Vonnegut
a
cura di Jerome Klinkowitz e Dan Wakefield
traduzione
di Vincenzo Mantovani
Bompiani,
2019
pp. 1.440
€ 38
(cartaceo)
€ 19,99
(ebook)
Novantotto
racconti, scritti fra il 1941 e il 2007, suddivisi in otto temi – “Guerra”, “Donne”,
“Scienza”, “Amore”, “Etica del lavoro contro fama e fortuna”, “Comportamento
umano”, “Il direttore della banda”, “Il futuro” – e per i quali il lettore
viene preparato e accompagnato attraverso una prefazione, una introduzione
sulla vita e le opere di Vonnegut, una nota dei due curatori Klinkowitz e
Wakefield e una ulteriore introduzione per ognuna delle otto parti; oltre 1.400
pagine inserite in un volume alto una decina di centimetri, confezionato con
una copertina rigida e spessa, dal vago sapore vintage: questa è la monumentale
opera di recupero che i due curatori, coadiuvati da Dave Eggers, hanno portato
avanti, e che Vincenzo Mantovani ha tradotto per Bompiani con un lavoro
sicuramente non semplice.
Poco
utile sarebbe recensire i racconti di un autore come Vonnegut, così come
soffermarsi sui numeri – cinque inediti, qualche testo apparso in rete, il
resto dei racconti apparso su riviste e giornali come The New Yorker, Collier’s,
The Saturday Evening, Cosmopolitan. Interessante è invece parlare della prefazione e delle introduzioni, elementi che spesso fanno la differenza nelle
raccolte critiche che puntano alla completezza d’informazioni. Nella prefazione
possiamo leggere eventi di un’altra epoca, un’epoca che qui in Italia non è mai
esistita ma che negli Stati uniti ha fatto la differenza, consentendo a molti
autori di diventare scrittori di successo, affermati in tutto il mondo: sto
parlando dell’epoca in cui pubblicare un racconto su una rivista o su un
giornale poteva fruttare anche 700 dollari, considerando che «dal 1950 lo
scrittore aveva mantenuto se stesso e la sua grande famiglia scrivendo racconti
per i più diffusi settimanali per famiglie del tempo» (p. 19). Un modo di
affrontare la letteratura, questo, che non solo ha salvato diversi scrittori
dall’indigenza ma che ci dice molto sulla
considerazione dello scrittore, sul prestigio che gli è stato attribuito
soprattutto in passato, prima che la tv spazzasse via molte delle riviste e
riducesse di tantissimo lo spazio della letteratura su quelle superstiti.
Leggere le parole di Eggers nella prefazione e quelle di Wakefield
nell’introduzione “Come Vonnegut imparò a scrivere racconti” è dunque
affacciarsi a osservare un mondo scomparso, così come leggere i racconti di
Vonnegut è leggere un’America sparita.
Leggere questi racconti, scritti e perlopiù pubblicati prima della fama, è un po' come entrare nella casa d'infanzia di qualcuno: si ha modo di scoprire chi è stata prima di diventare la persona che abbiamo conosciuto, ricavando dagli oggetti disseminati nell'abitazione i segni costitutivi della sua identità. Così, nei racconti che Vonnegut ha scritto a partire dai diciannove anni possiamo rinvenire le tracce di quello che avrebbe scritto in futuro. Come fa notare Eggers nella prefazione, per Vonnegut è tutto bianco o nero, non c'è spazio nei suoi racconti per l'ambiguità: il male, come il bene, è talmente riconoscibile che viene da chiedersi perché perseguire il primo piuttosto che il secondo, e in questo senso l'esigenza di "educare" il lettore sopravvive a discapito, a volte, della tensione interna alla storia.
In conclusione, la lettura della traduzione italiana di Kurt Vonnegut: complete stories, pubblicato originariamente dalla casa editrice newyorkese Seven Stories Press, necessita di tempo e soprattutto di spazio: con le sue grandi dimensioni e col suo chilo e passa di peso, questo non è un libro da portare a spasso, né una lettura estiva da farsi sotto l’ombrellone; è un testo per chi ama quest’autore e vuole approfondirne il background storico-culturale in cui ha vissuto e scritto, le sfide che ha dovuto affrontare prima di diventare lo scrittore di Mattatoio n. 5.
Leggere questi racconti, scritti e perlopiù pubblicati prima della fama, è un po' come entrare nella casa d'infanzia di qualcuno: si ha modo di scoprire chi è stata prima di diventare la persona che abbiamo conosciuto, ricavando dagli oggetti disseminati nell'abitazione i segni costitutivi della sua identità. Così, nei racconti che Vonnegut ha scritto a partire dai diciannove anni possiamo rinvenire le tracce di quello che avrebbe scritto in futuro. Come fa notare Eggers nella prefazione, per Vonnegut è tutto bianco o nero, non c'è spazio nei suoi racconti per l'ambiguità: il male, come il bene, è talmente riconoscibile che viene da chiedersi perché perseguire il primo piuttosto che il secondo, e in questo senso l'esigenza di "educare" il lettore sopravvive a discapito, a volte, della tensione interna alla storia.
In conclusione, la lettura della traduzione italiana di Kurt Vonnegut: complete stories, pubblicato originariamente dalla casa editrice newyorkese Seven Stories Press, necessita di tempo e soprattutto di spazio: con le sue grandi dimensioni e col suo chilo e passa di peso, questo non è un libro da portare a spasso, né una lettura estiva da farsi sotto l’ombrellone; è un testo per chi ama quest’autore e vuole approfondirne il background storico-culturale in cui ha vissuto e scritto, le sfide che ha dovuto affrontare prima di diventare lo scrittore di Mattatoio n. 5.
David
Valentini