Dosei Mansion Volume 1,
di Hisae Iwaoka
Bao Publishing, 2019
Traduzione di Christine Minutoli
pp. 192
€ 7,90 (cartaceo)
Dosei Mansion è la prima serie di Aiken, la nuovissima collana targata Bao Publishing completamente dedicata ai fumetti giapponesi. A differenza delle altre due uscite, Fiori di Biscotto e Henshin, due volumi auto conclusivi, Dosei Mansion è composto da 7 uscite con cadenza bimestrale, è la serie più lunga della mangaka Hisae Iwaoka e si è aggiudicato il Gran Premio Manga al Japan Media Arts Festival organizzato dall’Agenzia per gli affari culturali del Giappone e l’associazione CG-Arts, durante il quale si premiano manga, anime, siti web e videogiochi.
In un futuro non precisato, a causa dello sfruttamento e dell’inquinamento la Terra è diventata una riserva naturale. Tutta l’umanità si è trasferita su un anello (da qui il nome dell’opera, Dosei – Saturno e Mansion – Palazzo/abitazione) costruito intorno a essa. L’anello è suddiviso in tre parti: piano inferiore, piano medio, piano superiore. A ogni livello corrispondono altrettanti ceti sociali, e come in una nave, al piano inferiore vivono i più poveri, mentre l’ultimo anello è abitato dai cittadini più facoltosi. Il protagonista della storia è Mitsu, ragazzino orfano che vive ai piani inferiori e che ha ereditato il lavoro del padre dopo la sua morte: il suo compito è pulire su commissione i vetri che compongono l’anello. Il lavoro del lavavetri, per quanto umile, è molto pericoloso perché bisogna accedere all’esterno della struttura orbitante in condizioni rischiose a causa dei forti venti o dei detriti spaziali. Proprio per le precarie condizioni di lavoro, non tutti possono permettersi di pagare un lavavetri e per questo motivo le richieste arrivano in particolare dagli abitanti dei livelli più alti, che non vogliono rinunciare nemmeno a un goccio della luce naturale di cui godono, a differenza dei livelli più bassi in cui si vive sempre illuminati da neon artificiali.
Il primo volume di Dosei Mansion ha una trama semplice, in cui ogni capitolo è autonomo e permette di entrare gradualmente nella storia, dato che Mitsu incontrerà uno alla volta sia i suoi colleghi di lavoro che i committenti, conoscendone le rispettive storie e presentandole così anche a i lettori. La Iwaoka sceglie quindi la classica impostazione narrativa di tutte le serie di manga, in cui le prime storie sono quasi dei pilot utili a saggiare le reazioni dei lettori. Ricordiamo, infatti, che in Giappone la raccolta in tankobon, il volumetto che viene pubblicato in Italia, avviene in un secondo momento, dato che un manga viene conosciuto per la prima volta su una rivista, in questo caso la prestigiosa Ikki Magazine. Nonostante la svariate trame verticali, ve ne è una principale che fa da filo conduttore ed è legata alla misteriosa morte del padre di Mitsu. L’uomo ha avuto un incidente sul lavoro, ma nessuno sa come e perché sia morto. Inoltre, il ragazzino si rende conto di non aver conosciuto il padre come persona, mentre amici e colleghi lo stimavano sia come uomo che come lavoratore. Per questo è intenzionato a scoprire la verità sulla sua morte, perché ritiene che possa essere un modo per non dimenticarlo e, al tempo stesso, scoprire di più sulla sua personalità.
Il manga, poi, non nasconde una forte componente di riflessione antropologica dietro alla sua storia di finzione. Mentre seguiamo il protagonista nel suo lavoro, a emergere è una società classista e cupa: chi sta ai piani inferiori vive in stanze piccole come cubicoli e non vede mai la luce naturale; nemmeno lo studio basta per avere un buon lavoro che permetta di vivere ai piani alti: se sei nato al primo livello, sarai destinato a rimanerci per tutta la vita. L’uomo viene mostrato in tutta la sua crudeltà e bassezza d’animo, causa sia della distruzione della natura che di qualunque ideale di uguaglianza collettiva e fratellanza.
Il primo volume di Dosei Mansion ha una trama semplice, in cui ogni capitolo è autonomo e permette di entrare gradualmente nella storia, dato che Mitsu incontrerà uno alla volta sia i suoi colleghi di lavoro che i committenti, conoscendone le rispettive storie e presentandole così anche a i lettori. La Iwaoka sceglie quindi la classica impostazione narrativa di tutte le serie di manga, in cui le prime storie sono quasi dei pilot utili a saggiare le reazioni dei lettori. Ricordiamo, infatti, che in Giappone la raccolta in tankobon, il volumetto che viene pubblicato in Italia, avviene in un secondo momento, dato che un manga viene conosciuto per la prima volta su una rivista, in questo caso la prestigiosa Ikki Magazine. Nonostante la svariate trame verticali, ve ne è una principale che fa da filo conduttore ed è legata alla misteriosa morte del padre di Mitsu. L’uomo ha avuto un incidente sul lavoro, ma nessuno sa come e perché sia morto. Inoltre, il ragazzino si rende conto di non aver conosciuto il padre come persona, mentre amici e colleghi lo stimavano sia come uomo che come lavoratore. Per questo è intenzionato a scoprire la verità sulla sua morte, perché ritiene che possa essere un modo per non dimenticarlo e, al tempo stesso, scoprire di più sulla sua personalità.
Il manga, poi, non nasconde una forte componente di riflessione antropologica dietro alla sua storia di finzione. Mentre seguiamo il protagonista nel suo lavoro, a emergere è una società classista e cupa: chi sta ai piani inferiori vive in stanze piccole come cubicoli e non vede mai la luce naturale; nemmeno lo studio basta per avere un buon lavoro che permetta di vivere ai piani alti: se sei nato al primo livello, sarai destinato a rimanerci per tutta la vita. L’uomo viene mostrato in tutta la sua crudeltà e bassezza d’animo, causa sia della distruzione della natura che di qualunque ideale di uguaglianza collettiva e fratellanza.
Hisae Iwaoka coniuga introspezione e critica partendo da premesse temporali e ambientali non nuove, basti pensare alla lunga tradizione di manga dalla tematica futuristico/distopica che va da Eden fino a Pluto. Tuttavia, servendosi di un tratto delicato, quasi kawaii, e riconoscibile (i personaggi hanno teste enormi e sproporzionate) che le permette di dosare tutti gli elementi della sua storia con il giusto equilibro, senza appesantire la lettura o affaticare il ritmo diegetico, la mangaka scrive un seinen del tutto originale, che va premiato anche per la meticolosa cura nel disegno delle parti architettoniche spaziali. Sebbene sia presto per dare un giudizio completo sulla storia, le premesse sono incoraggianti e aspettiamo con ansia l’uscita del secondo volume di Dosei Mansion per scoprirne di più. Ulteriore nota positiva da registrare è la veste editoriale adottata dalla Bao Publishing, che sceglie un formato molto fedele al tankobon originale giapponese (per grandezza e grafica) con un adattamento linguistico impeccabile.
Federica Privitera
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