Lamentation
di Joe Clifford
Casa Sirio Editore, 2018
Collana I riottosi
traduzione di Alessandra Brunetti
pp. 320
€ 15 (cartaceo)
€ 4,99 (ebook)
Molto spesso le storie contengono frammenti di vita di chi
le scrive, aspetto più o meno evidente e dichiarato a seconda delle intenzioni
dell’autore; Jay Porter, il protagonista di Lamentation, pur non potendo
definirsi un alter ego di Joe Clifford, il suo creatore, ne condivide più di un
tratto caratteristico, per ammissione dello stesso scrittore.
Jay è un anonimo trentenne con un radioso futuro dietro le
spalle ma fustigato da una vita difficile e relegato in un altrettanto anonimo
buco da qualche parte nell’algido New Hampshire, che sopravvive lavorando per
una piccola impresa di sgombero immobili. Malpagato, disilluso e solo, Jay deve
farsi carico del fratello tossicodipendente sempre a corto di soldi e nei guai
con la legge.
Proprio il fratello, Chris, sarà il perno della vicenda
trattata in questo Lamentation, che costituisce il primo capitolo della Jay Porter
series, che a oggi comprende altri quattro titoli.
Come si diceva, sono tempi duri per Jay: dopo aver
recuperato il fratello alla stazione di polizia viene messo in guardia circa i
sospetti che gravano su Chris a causa della scomparsa di un suo socio in
affari, definizione che Jay accetta con beneficio d’inventario, conoscendo il
tipo di vita condotto dal fratello. Il problema è che Chris ha pubblicamente
minacciato di morte il socio, che dopo poco tempo viene trovato ucciso. Da qui le cose
iniziano a farsi difficili per Chris (che sparisce all’istante) e per lo stesso
Jay, che cerca di capire cosa sia davvero accaduto perché ritiene improbabile
che suo fratello, nonostante tutto, possa aver compiuto un gesto così grave,
alla luce soprattutto della modalità di esecuzione particolarmente violenta.
Jay si improvvisa quindi detective, sia perché gli agenti
della polizia cittadina di Ashton non brillano per particolari capacità
deduttive, sia perché alcuni aspetti della vicenda risultano controversi o poco
credibili. In più, Jay non se la sente proprio di abbandonare quel fratello
maggiore vittima di se stesso oltre che di tutte le disgrazie capitategli, a
cominciare dalla morte dei genitori avvenuta vent’anni prima in un incidente
stradale. La storia procede quindi fra tossici, biker minacciosi, personalità
cittadine intoccabili, investigatori provenienti addirittura, e
inspiegabilmente, dalla capitale dello Stato. La resa dei conti, che porterà
alla luce eventi sordidi nascosti per anni, avviene sul monte Lamentation, che
incombe triste e minaccioso sulla insignificante Ashton e sulle vite dei suoi piccoli
e inutili abitanti, rendendo se possibile ancora più grigie quelle esistenze
senza via d’uscita.
Ciò che emerge in modo violento da questo romanzo di Joe
Clifford è la rappresentazione di un mondo ai limiti della distopia ma
purtroppo tremendamente reale; è il mondo del proletariato bianco che
sopravvive in mezzo al nulla della sterminata provincia americana (ne ho già
parlato qui), donne e uomini sconfitti dalla sfortuna e da un sistema che non
concede pietà ai vinti. Lo stesso Jay Porter è parte di questo mondo, è una
sorta di Joe-the-plumber che non ce l’ha fatta, emblema di una classe
lavoratrice travolta da dinamiche – esistenziali prima ancora che economiche – inflessibili,
martellata addirittura dall’inclemenza del clima, lasciata a se stessa senza
prospettive né speranza.
Il romanzo presenta anche spunti di riflessioni notevoli su
argomenti spinosi, sgradevoli e oscuri. Al di là del problema delle
tossicodipendenze che è un po’ il fulcro di tutta la storia, Lamentation parla
di abuso su minori, di violenza familiare, di prevaricazione da parte del
potente di turno, di disprezzo sociale. Insomma, una narrazione che ha un
valore intrinseco, che va ben oltre la mera vicenda.
Eppure una via d’uscita c’è. Scrivevo in apertura che molti tratti dell’autore sono presenti nel romanzo e nei suoi personaggi; Clifford ha vissuto per anni ai margini della società: senzatetto e tossicodipendente, è riuscito a guadagnarsi una seconda vita dopo un percorso riabilitativo e una laurea in creative writing all’università della Florida. La sua storia di vita si riversa in modo evidentissimo nel suo stile narrativo, ruvido, diretto e realistico ma allo stesso tempo ricco di pathos e di capacità descrittiva, sia nei riguardi dei protagonisti che dell’ambiente stesso, inospitale e pericoloso ma raccontato con grande spirito scenografico.
Eppure una via d’uscita c’è. Scrivevo in apertura che molti tratti dell’autore sono presenti nel romanzo e nei suoi personaggi; Clifford ha vissuto per anni ai margini della società: senzatetto e tossicodipendente, è riuscito a guadagnarsi una seconda vita dopo un percorso riabilitativo e una laurea in creative writing all’università della Florida. La sua storia di vita si riversa in modo evidentissimo nel suo stile narrativo, ruvido, diretto e realistico ma allo stesso tempo ricco di pathos e di capacità descrittiva, sia nei riguardi dei protagonisti che dell’ambiente stesso, inospitale e pericoloso ma raccontato con grande spirito scenografico.
Un po’ di speranza c’è anche per Jay, che in Lamentation non
solo cerca di trarre in salvo quel fratello che si sta autodistruggendo, ma
anche di rimettere insieme i cocci di un rapporto difficile con la ex e con il
figlio di due anni.
I casi della vita, tuttavia, sono tanti e inconoscibili, e la
Jay Porter series ha all'attivo, a oggi, altri quattro titoli (di cui attendiamo
con ansia l’arrivo in Italia). Mi sa tanto che fare pronostici è un po’
prematuro.
Stefano Crivelli
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