Due figlie e altri animali feroci
di Leo Ortolani
Bao Publishing, 2019
pp. 192
€ 18,00 (cartonato)
€ 6,36 (ebook)
Cosa ci si aspetta da un fumettista? Che sappia disegnare, certo, che crei sceneggiature brillanti dal plot accattivante nel caso curi anche la parte narrativa di un testo. E poi? Sembra sempre più facile chiedere a uno scrittore di romanzi, poesie o saggi di compiere una determinata operazione autoriale nel momento in cui consegna un’opera ai suoi lettori. È diverso nel caso di un testo della nona arte? Io ho sempre creduto di no, ma non riuscivo a spiegare con parole mie i motivi dietro a quest’affermazione (ammesso che ce ne fosse bisogno, ma nel mondo intellettuale c’è chi considera i fumetti, ancora, quei disegnetti di supereroi per bambini). Poi ho letto Due figlie e altri animali feroci di Leo Ortolani e ho avuto la risposta tra le mani.
Basta entrare nel mondo narrativo di questa forma ibrida a cavallo tra il comic e il romanzo epistolare per avere non solo gli strumenti per chiarire il valore di un disegnatore ma, soprattutto, la possibilità di leggere il racconto di vita vera da parte di chi, dopo Cinzia che rimaneva comunque espresso nella forma classica, riesce di nuovo e con più forza a scrivere storie che vanno dritte al cuore.
Due figlie e altri animali feroci è, in realtà, la nuova edizione ampliata con cinquanta nuove tavole e corredata di una splendida copertina di un testo da tempo fuori catalogo pubblicato da Sperling & Kupfer nel 2011. Nel 2010 infatti, Leo e la Cate, sua moglie, compiono un viaggio in Colombia per andare a conoscere le loro figlie adottive, Johanna e Lucy Maria, dono atteso dopo nove anni di lungaggini burocratiche prima del compimento della tanto desiderata adozione internazionale. Durante i due mesi di permanenza tra Cali e Bogotá, Leo Ortolani inviava ad amici e parenti lunghe email per raccontare i progressi (o i regressi, molte volte) del processo di incontro e inserimento di due piccole pesti di quattro e tre anni nella nuova famiglia che le avrebbe portate presto in Italia. In origine l'autore non pensava di pubblicare un libro: l'idea era quella di mantenere un ricordo scritto, in modo che in futuro Johanna e Lucy Mary potessero leggere com'era stata la storia della loro adozione. Andrea Plazzi, storico editor di Rat-man e fraterno amico di Leo Ortolani, pensò che quei resoconti fossero pubblicabili e interessanti soprattutto per chi fosse coinvolto in adozioni internazionali. Di ritorno in Italia, anche Elisabetta Albieri della casa editrice Sperling & Kupfer la pensò come Plazzi e per questo il progetto andò in porto: Ortolani scrisse un prologo e un epilogo, disegnò circa ventiquattro vignette a corredo dei diversi capitoli e il libro venne pubblicato.
A otto anni dalla sua prima edizione, l’avventura di una coppia che sceglie la via dell’adozione per coronare il sogno di genitorialità negato dalla natura possiede lo stesso fascino e la stessa forza della prima volta in cui è stata raccontata. Ma ricordiamoci sempre la marca distintiva della scrittura di Leo Ortolani: l’ironia dirompente non viene annullata in questo frangente e, anzi, il ritmo degli impedimenti burocratici, prima, e, dopo, umani di due tsunami dai capelli ricci, viene dotato di quella verità e freschezza che solo una risata riesce a dare. Ridere delle cose della vita, dei problemi e delle tristezze (no, non è un ossimoro) non significa affrontarle con superficialità quanto invece abbassarle di intensità per guardarle con occhi diversi.
E quindi munitevi di fazzoletti e non per lacrime di gioia, ma per vere lacrime di divertimento. Ho trovato infatti in Due figlie e altri animali feroci le più spassose pagine che Leo Ortolani abbia mai scritto. Tra Lucy che riempie il pannolino di giaguarate pestilenziali almeno quattro volte al giorno, Johanna che assicura un NO secco a qualunque domanda e l’impiegata del tribunale a cui si augura di andare a fare qualcosa nel sedere, il tema della genitorialità viene presentato sotto la lente dell’umanità e non della pedagogia. E se quando vengono raccontati gli ostacoli che in un paese come l’Italia si incontrano quando si sceglie il percorso dell’adozione il riso è inevitabilmente amaro, Johanna e Lucy Mary hanno insegnato a tutti cosa significa diventare migliori quando si incontra il diverso. Ecco perché è importante che la loro storia, filtrata dal senso dell’umorismo del loro padre adottivo, venga conosciuta da genitori, figli, giovani coppie e single convinti: qualunque avventura, anche quella più accidentata in mezzo alla giungla delle difficoltà, diventa una bellissima scoperta se affrontata con il suono di una risata.
Federica Privitera
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