Lolly Willowes o l’amoroso cacciatore
di Sylvia Townsend Warner
Adelphi, 2019
Traduzione di Grazia Gatti
1^ edizione in lingua originale: 1926
pp. 176
€ 11 (cartaceo)
€ 6,99 (ebook)
Jane Austen e Sylvia Townsend Warner si incontrano dove descrivono la campagna inglese e certe famiglie, ma soprattutto quando riflettono sulla condizione delle donne, solo che mentre l’una continua per il sentiero con le suole sulla ghiaia, l’altra percorre radure più fantasiose. È stato questo uno dei primi pensieri durante la lettura di Lolly Willowes, il primo romanzo di Sylvia Townsend Warner; è ambientato negli anni ’20 del Novecento e racconta la storia di una donna che decide di non sposarsi, di non vivere con la sua famiglia, ma di ritirarsi in un piccolo villaggio di campagna ed essere una strega.
La prima parte scorre placida al ritmo delle attività della famiglia Willowes, che l’autrice definisce conservatrice; eppure le piace raccontare al lettore le piccole tradizioni che si sono consolidate negli anni, perché sono un preludio all’evoluzione del personaggio: la vocazione di Laura alla stregoneria deriva proprio dalla sua famiglia. I Willowes vivono in una casa in mezzo alla campagna, gestiscono una fabbrica di birra, il che non si discosta dalla passione di Laura per «infusi e fermentazioni»: «Ora, per Laura la botanica e l’arte della fermentazione si combinavano in un unico interesse» assecondato dal padre (pag. 29), che le regala un alambicco; inoltre ha accesso ai ricettari di famiglia, che parlano ancora di un interesse atavico per le erbe e le piante medicinali. Persino il nome della famiglia rimanda alla botanica, quel salice piangente dalla notevole tradizione letteraria e antropologica.
Nonostante Laura ami i suoi familiari, non vuole vivere insieme a loro per sempre, non le interessano le persone, non ha mai pensato al matrimonio: una sorda inquietudine si impadronisce di lei, soprattutto all’arrivo dell’autunno, uno stato d’animo del quale Townsend Warner descrive ogni moto con delicatezza e maestria, aiutandosi con ogni mezzo: «Quel turbamento non aveva attinenza con la sua vita. Saliva dal terreno con l’odore delle foglie morte: la seguiva per le strade all’imbrunire, sorgeva innanzi a lei alla vista della luna alta nel cielo» (pag. 60). Questo sentire deriva dalla natura, un ambiente nel quale Laura si sente sempre a suo agio e come a ogni creatura inquieta e lunare in ascolto del richiamo della terra, la vista della luna le provoca quell’agitazione che la spinge ad andare via; a poco a poco realizza di voler vivere vicino a un bosco e godersi la solitudine. La sua decisione sovverte l’ordine delle cose nella sua famiglia, che in un primo momento si impegna a non lasciarla andare; per tener fede al suo proposito, Laura è costretta a puntare i piedi:
«Non aveva mai perso la pazienza in quel modo. Era una sensazione splendida». (pag. 79)
Qui la natura è senziente, se ne avverte il respiro; giudica e parla attraverso il vento o il silenzio, talvolta ne sentiamo le parole, che sono quasi sempre degli inviti rivolti a Laura perché si unisca a lei; e lei aderisce del tutto ai boschi e alle colline, anche quando il tramonto è vicino e si trova lontana da casa: Lolly Willowes dal nome d’albero si trova a suo agio, perché le colline «le si stringono intorno come le dita di una mano», e il segreto del bosco è l’unico che le importi davvero; tra quei sentieri erbosi incontriamo il diavolo, un personaggio che fa pensare a Woland del Maestro e Margherita, ma non è possibile che l’autrice lo abbia tratto da lì, perché il romanzo di Bulgakov fu pubblicato decenni più tardi. Non siamo di fronte a un angelo caduto: in queste pagine Satana è Pan, e aiuta la protagonista verso quel percorso di coscienza di sé sul quale il femminismo avrebbe riflettuto negli anni a venire.
«Oh, Satana! Perché mi spingi a parlare quando conosci già tutti i miei pensieri?»«Lo faccio perché li conosca tu». (pag. 171)
La stregoneria tra le pagine di Townsend Warner nulla ha a che fare con incantesimi e pozioni, con cappelli a punta, bacchette o fenomeni soprannaturali, è uno stato d’animo incline all’ascolto della terra e all’autodeterminazione. Il passo nel quale Laura sente forte il suo richiamo è tra i più sentiti e tenebrosi e il riverbero scuote in lei terrore e adrenalina.
Lolly Willowes è la storia di una donna che dice no all’esistenza nella quale la sua famiglia e la società la vedono bene, come fosse naturale o l’unica alternativa; che non si ferma di fronte al loro disappunto e che finisce senza risentimenti, solo quiete.
«Il divertimento che aveva tratto dalla loro disapprovazione era l’ultimo residuo della sua vita da schiava, la sua danza beffarda sulla sponda settentrionale dell’Ohio. […] Perdonarli era fuori questione, e comunque lei non aveva una natura incline al perdono, né loro erano responsabili dell’offesa che le avevano arrecato. Se avesse dovuto mettersi a perdonare, c’erano anche la Società, la Legge, la Chiesa, la Storia d’Europa, il Vecchio Testamento, la sua pro-prozia Salomè con il suo libro di preghiere, la Banca d’Inghilterra, la Prostituzione, l’Architetto di Apsley Terrace e una mezza dozzina di altri capisaldi della civiltà. No, poteva solo continuare a dimenticarli». (pag. 109)
Laura diviene così un personaggio che precorre i tempi, per la sensibilità riguardo i temi sociali sui quali riflette, come si può facilmente arguire dalla splendida perorazione finale, che sa di manifesto.
L’andamento della prosa è piano, lo stile ha cadenze austeniane, come la sottile ironia dell’autrice, che, pur essendo alla sua prima prova, costruisce un romanzo dalla struttura solida, con una protagonista difficile dimenticare.
Lorena Bruno
Lorena Bruno
Social Network