Perché ci ostiniamo
di Fredrik Sjöberg
Iperborea, 2018
Traduzione di Andrea Berardini e Fulvio Ferrari
pp. 192
€ 16,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
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Io però sono alla ricerca di qualcos'altro, di un'intuizione più audace per il futuro delle pietre preistoriche e delle capanne di legno con il tetto di torba. Quello che cerco è una nuova - almeno in parte - estetica, il che ovviamente può anche dipendere dal fatto che, personalmente, sto abbandonando lo stadio del collezionista, il trafficare con animali e piante, ovvero i singoli vocaboli, per cercare di afferrare il racconto nella sua totalità. (p. 145)
Non è semplice inquadrare Perché ci ostiniamo di Fredrik Sjöberg. L'autore svedese edito da Iperborea è viaggiatore, entomologo e saggista: una figura caleidoscopica che, partendo da un punto, è in grado di farti arrivare a distanze mai percorse o immaginate. Distanze che ti fanno guardare indietro, scorrere le pagine e ti fanno domandare: "Ma come siamo arrivati a parlare di questo?".
Perché ci ostiniamo, pur presentandosi con una copertina unica, è in realtà una raccolta di nove brevi saggi. O forse di nove memoriali. Di nove divagazioni scientifiche o artistiche; filosofiche o umoristiche. Se dovessimo cercare una definizione più completa, potremmo dire che questo volume è una Wunderkammer letteraria. Non è un libro di immediata lettura: il ritmo non è costante e, vista la varietà di materiale esposto, può non essere sempre d'interesse per il lettore. Ma è meglio provare a seguire un primo percorso, giusto per rendersi conto di dove questo volume può portare.
Si entra nella prima pagina e si incappa nella prima curiosità, ovvero di quando possono spingersi lontano i collezionisti nel perseguire la propria passione.
Tra i collezionisti gira la storia di un filatelico talmente attaccato ai suoi francobolli che la fidanzata, una deliziosa fanciulla sotto ogni aspetto, un giorno ne ebbe abbastanza e di punto in bianco rivelò un lato meno incantevole della sua personalità, pronunciando le poi celebri parole: «Eat your stamps or I'll leave you!» (p. 7)
La questione del collezionismo, molto cara all'autore che si occupa di mosche, porta a parlare anzitutto della sua scala di valori che oscilla tra la follia e la pura beatitudine e poi della sua origine che viene direttamente dall'invenzione della borsa. Da qui ai trattati antropologici sulle popolazioni khoisan dell'Africa meridionale, il passo è veramente breve. Ci siamo addentrati di poche righe e pochi metri nella Wunderkammer e, partendo da un filatelico forzato a mangiare la propria collezione, siamo arrivati a confrontare l'invenzione della borsa con quella della ruota e domandarci quale sia stata più rivoluzionaria per l'umanità.
E questo è solo l'inizio e il passaggio più semplice di questo intrecciato volume. Si saltella dalla passione per la caccia di Theodore Roosevelt che portò all'invenzione del famoso orsetto di peluche, il Teddy Bear, alle politiche ambientali svedesi e all'attivista Anna Lindhagen che spiegò a Lenin come fosse necessario per ogni essere umano avere il proprio giardino da coltivare e di come Lenin non fosse convinto di questa posizione. La parti più strettamente memorialistiche come i ricordi di alcune presentazioni dell'autore in luoghi peculiari, i suoi ricordi d'infanzia e il lungo capitolo dedicato al padre dopo la sua morte, virano dal comico al profondamente commovente. Sjöberg ci seduce, ci attira verso gli anfratti più profondi della camera con l'intento di raccontarci storie di cui non eravamo a conoscenza e di cui non pensavamo potessimo mai interessarci, ma che una volta scoperte vanno ascoltate fino alla fine. Perché il bravo saggista deve fornire al lettore «conoscenze, magari indelebili, su qualche argomento più o meno inatteso» (p. 55).
Così ci addentriamo tra le pagine e gli scaffali, scorgiamo momenti di pura bellezza e, ma solo talvolta, ci pare di aver scorto il filo rosso che collega tutto quello che ci circonda. Ma sono solo momenti, perché la Wunderkammer ci reclama con nuove meraviglie nascoste e rimescola tutto quello che pensavamo di aver visto e capito. Perdersi tra queste pagine, per quanto ostico e difficile possa essere, apre sempre nuovi scorci.
Giulia Pretta
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