Anna Édes
di Dezső Kosztolányi
Edizioni Anfora, 2018
Traduzione di Andrea Rényi e di Mónika Szilágyi
A cura di Mónika Szilágyi
Postfazione di Antonella Cilento
di Dezső Kosztolányi
Edizioni Anfora, 2018
Traduzione di Andrea Rényi e di Mónika Szilágyi
A cura di Mónika Szilágyi
Postfazione di Antonella Cilento
pp. 272
€ 17,00 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)
“Ho già detto tante volte che di questi tempi solo le serve se la passano bene”. Le signore emisero un sospiro come se fossero tutte donne che avevano sbagliato carriera e dispiaciute perché in quel mondo crudele in nessuna circostanza era loro possibile fare la cameriera. (p. 107)Premessa. Per capire i fatti accaduti nel libro è indispensabile conoscere il contesto storico-politico ungherese in cui la storia è ambientata. Gli eventi del romanzo si svolgono tra il 1919 e il 1922, più precisamente durante la caduta del Consiglio della Repubblica ungherese e l’adesione dell’Ungheria alla Società delle Nazioni: Dezső Kosztolányi immerge il lettore nei primi anni del consolidamento del potere di Miklós Horty. Il regime di Béla Kun, capo dei soviet ungheresi, è saltato, lasciando il Paese nel caos della rappresaglia, in cui i ferventi comunisti che hanno attaccato le classi borghesi e ricche temono per la propria vita. Si è sull’orlo di una guerra civile all’inizio di Anna Édes: il primo capitolo racconta proprio della fuga di Béla Kun in aereo, carico di beni e gioielli arraffati prima di lasciare l’Ungheria.
Adesso prendete la citazione d’apertura all’articolo, unitela alle informazioni ottenute dalla premessa e fatevi un’idea del perché Anna Édes di Dezső Kosztolányi può essere considerato, a buon diritto, un capolavoro della letteratura magiara, paragonabile in grandezza a Bulgakov (a mio parere persino superiore, ma so che per qualcuno il mio non comprendere l'autore de Il maestro e Margherita viene considerato un’eresia), ma purtroppo sconosciuto ai più. Eppure la storia di Anna ha tutte le carte in regola per rappresentare l’opera sociale, psicologica e narrativa che in Europa si inserisce perfettamente nel filone di Arthur Schnitzler, Pirandello e Freud ed è, per questo, contemporanea e anticipatrice.
Nei primi sei capitoli del romanzo, la figura di Anna ci è nota solo attraverso i discorsi di altri personaggi. Quando di lei sentiamo solo parlare, cominciamo a conoscere l’ambiente storico e culturale in cui si dipana la vicenda: il crollo del regime di Béla Kun porta con sé moltissimi disordini sociali, primariamente tra gli “ex” rossi. Tra questi spicca il portinaio Ficsor il quale, forse per allontanare il sospetto di bolscevismo dalla sua figura o come ideologico risarcimento per la cattiveria perpetuata nei confronti dei ricchi, offre la propria nipote, Anna appunto, come serva ai proprietari dello stabile presso cui lavora. Gli illustrissimi Kornél e Angéla Vizy, infatti, con la caduta del regime comunista possono finalmente riprendere fiato e tornare a mostrare la ricchezza nascosta per mesi. Lui, Kornél, è un Consigliere ministeriale che ha atteso la liberazione per tornare a ergersi come esempio di integrità politica. Lei, Angéla, è una moglie insoddisfatta e lunatica, che si presenta a vicini e amici come una signora dalla morale ineccepibile, mentre la sua anima è corrosa dalla frustrazione derivante da una vita priva di qualsiasi gioia. Da quando hanno prematuramente perso la figlioletta a soli sei anni, i Vizy conducono un’esistenza ipocrita e vuota di contenuti umani che si prefigge soltanto un’ostentazione del potere. Quale migliore modo se non sfoggiare la propria servitù? Ecco perché la signora Vizy è angosciata, ai limiti del patologico, dal pensiero di trovare una serva capace, efficiente e onesta in grado di sostituirne l’ennesima insoddisfacente.
E qui fa il suo ingresso Anna, totalmente asservita nel suo ruolo di domestica e, nei primi giorni, addirittura incapace di parlare o mangiare ma solo di lavorare con una qualità che i Vizy non immaginavano nemmeno nei loro sogni più rosei. Quando anche lei si abituerà alla nuova vita, sfiorendo ma trovando un equilibrio, una serie di disavventure sembrano perseguitarla senza sosta. Anna prova in tutti i modi a cambiare il suo destino, ma come può sottrarsi a una padrona che esercita su di lei un controllo assoluto perché operato con le armi del terrore psicologico? In nessun modo, se non con un'extrema ratio che deciderà, infine, di compiere.
Anna Édes negli ultimi capitoli si trasforma in un noir, calato perfettamente nella dimensione cupa su cui tutta la storia era innestata sin dall’inizio. Dicevo di connettere la citazione con il contesto storico: in questa strettissima relazione tra l’ironia e la presa di coscienza sullo stato delle cose c’è la grandezza di uno scrittore che restituisce ai suoi contemporanei una visione inedita del presente e a noi lettori lontani dal suo tempo la chiave di lettura per comprendere il valore della grande letteratura, quella cioè in grado di anticipare le ideologie e i pensieri, grazie alla spiccata sensibilità di un acuto osservatore dell’umano come è stato Dezső Kosztolányi. Senza il rigore di un trattato scientifico ma con la lungimiranza della narrativa, lo scrittore ha assimilato il modello pirandelliano dell’ipocrisia sociale e quello freudiano della scissione dell’io e li ha trasferiti sulla figura che ha sentito meno il cambiamento della storia tra prima e dopo Rivoluzione d’ottobre. Una serva, appunto, che dal bolscevismo non ha avuto nessun regalo e fa parte di quel gruppo di lavoratori che, paradossalmente, è stato danneggiato di più dalla caduta dell'impero. Sono loro, i servi, il modo più semplice che hanno i ricchi per dimostrare che lo stato delle cose non è cambiato e che il loro potere è rimasto invariato. E per questo li sfrutteranno con più intensità di prima.
Anna Édes negli ultimi capitoli si trasforma in un noir, calato perfettamente nella dimensione cupa su cui tutta la storia era innestata sin dall’inizio. Dicevo di connettere la citazione con il contesto storico: in questa strettissima relazione tra l’ironia e la presa di coscienza sullo stato delle cose c’è la grandezza di uno scrittore che restituisce ai suoi contemporanei una visione inedita del presente e a noi lettori lontani dal suo tempo la chiave di lettura per comprendere il valore della grande letteratura, quella cioè in grado di anticipare le ideologie e i pensieri, grazie alla spiccata sensibilità di un acuto osservatore dell’umano come è stato Dezső Kosztolányi. Senza il rigore di un trattato scientifico ma con la lungimiranza della narrativa, lo scrittore ha assimilato il modello pirandelliano dell’ipocrisia sociale e quello freudiano della scissione dell’io e li ha trasferiti sulla figura che ha sentito meno il cambiamento della storia tra prima e dopo Rivoluzione d’ottobre. Una serva, appunto, che dal bolscevismo non ha avuto nessun regalo e fa parte di quel gruppo di lavoratori che, paradossalmente, è stato danneggiato di più dalla caduta dell'impero. Sono loro, i servi, il modo più semplice che hanno i ricchi per dimostrare che lo stato delle cose non è cambiato e che il loro potere è rimasto invariato. E per questo li sfrutteranno con più intensità di prima.
La società in cui vive Anna è falsa, maschilista, ipocrita e sembra totalmente chiusa al cambiamento. A quasi cento anni dalla sua pubblicazione (1926) Anna Édes chiede a chiunque le si accosti di trascendere il significato delle relazioni umane e di chiedersi sempre cosa si può fare per cambiare il mondo. Perché se il gesto estremo compiuto da Anna non necessita di essere spiegato o analizzato nelle sue ragioni, il motivo sta nel fallimento della società in quando impianto di sostegno per gli individui. E dopo tutto questo tempo, quelli che nel XXI secolo possiedono le redini del potere. hanno ancora moltissimo da imparare.
Federica Privitera
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