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«Chissà se la vita è un fiume che porta distesi ad abbracciar chi incontri, o a indossar pantofole, attento a dove metti i piedi».

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Cos'hai da guardare
di Bobo Rondelli
Mondadori, luglio 2019

pp. 180
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Quanti modi conoscete per parlare della vita? Bobo Rondelli sceglie quello più scanzonato e informale, tipico suo, senza veli, per raccontarsi in brevi episodi, a tratti fulminanti: 
Sono qui a ripercorrere le strade maestre dell'infanzia, dove sembra che il tempo non sia mai passato, dove sono sempre io a vivere nello stesso posto. (p. 25)
Non sono tanto i primissimi anni ad interessare all'autore, ma più che altro l'adolescenza, periodo disgraziato per vari grilli per la testa, acne e classici complessi dell'età, mentre il rapporto coi genitori e in particolare col padre si fa complesso. La delusione del genitore per la caduta nelle dipendenze e l'incapacità di tenersi un lavoro è però controbilanciata dalle riprese, dai successi, nuovamente riequilibrati dagli spettacoli dove sono arrivati fischi e insulti:
Sono stato un fricchettone viziato che sputava sempre nel piatto. Chissà quanto hai sofferto a sentirti arrivare in faccia questa sassata di ingratitudine.
Peccato non ci sia venuta la forza di litigare e sputare fuori i rospi.
Bello sarebbe poterlo fare adesso, affrontarci a muso duro e sentire come siamo forti. (pp. 84-85)
E non sempre è facile per il padre perdonare e porre rimedio alle mattane di Bobo, mentre l'altro figlio è quieto e inquadrato. Ciò non toglie che proprio al padre morente è dedicato il racconto più commovente, quello che dà il titolo al libro, a partire da una sua frase: 
Babbo, forse non è colpa nostra se non ci siamo mai abbracciati, è la vita che ci ha riempito di tagli profondi.
E ora ti risento dire: Cos'hai da guardare, figlio. Non mi soffrire addosso. I tuoi occhi mi fanno male. È già troppo il dolore mio. Sciogliere nodi è ormai tardi. (p. 87)
Il loro rapporto, troncato prematuramente dalla scomparsa del padre, resta in sospeso, senza mai chiarire fino in fondo gli errori che hanno fatto sì che Bobo si autodefinisse più volte (e si definisca ancora) "cretino": dalla droga ad alcune scelte decisamente istintive e quasi folli, come quella di denudarsi sul palco più volte. Ma la provocazione non è certamente l'unica cifra di questo libro e della vita di Rondelli: semmai bisogna parlare di varietà. Se da un lato leggiamo di incontri che restano nel cuore, dall'altro incappiamo spesso in situazioni paradossali guardate con l'ironia di un livornese che non rinnega le sue origini:
A Livorno è impossibile essere prolissi, è come giocare a poker con le parole della vita. Perfino il ridere è un ridere provocatorio ma bonario, quasi a esorcizzare la parte più cinica dell'uomo. Il livornese scherza sugli ebrei ma poi li accoglie, e così fa con i migranti, dai secoli dei secoli. (p. 141) 
Ci sono anche squarci lirici, toccanti, ancora più spiazzanti proprio perché non te li aspetti: la bontà di cuore di Rondelli, la disponibilità ad aiutare il prossimo e la sensibilità per gli emarginati, gli "ultimi", sono una prova di come si possa prendere parte al mondo senza pregiudizi. 
Insomma, tutto in Cos'hai da guardare è imprevedibile: il saliscendi della carriera, paragonata a «tirarsi un carretto con le cose da vendere o da raccontare, con passo lento e sguardo lontano» (p. 36) è sempre però accompagnato dalla consapevolezza di essere un abile musicista e di avere una buona voce e facilità nel comporre testi. E la fame di musica, il bisogno di suonare (non necessariamente pezzi propri), il palcoscenico sono 
la battaglia per vincere la paura del mondo, del vivere, diverso e uguale agli altri, in gioventù urlando la rabbia della mia diversità, e ora, negli anni, per dare indietro l'amore ricevuto, cercando di fare trasfusioni di speranza nelle anime sole, di quando qualcuno si racconta a nudo. (p. 158)
Proprio questo "raccontare a nudo" è il pregio maggiore di Cos'hai da guardare: il suo essere politicamente scorretto porta il suo autore e protagonista istrionico, sregolato e spesso eccessivo, a mettere alla prova la propria creatività anche sulla carta. E se si è disposti a lasciarsi schiaffeggiare da un pezzo pulsante di vita, allora si riceverà tutta la potenza della scrittura di Rondelli: a tratti fortemente metaforica, altrove concreta fino alla trivialità, è però estremamente personale. Come le sue canzoni. 

GMGhioni




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