Breve storia dell’alchimia
Dagli albori al pensiero junghiano: una sintesi storica
di Stefano Valente
Graphofeel Edizioni, 2019
pp. 123
€ 17,00 (cartaceo)
Opus Magnum, Ars Regia, Ars metallica, Ars trasmutatoria, Arte Sacra, crisopea: che cosa vi fanno venire in mente questi termini, tra loro sinonimi di alchimia? La vostra risposta sarà probabilmente questa: tutto e il contrario di tutto. Perché sì, in effetti sull’alchimia vera e propria vige una certa generale confusione, e a meno che non si nutra un interesse un po’ dotto per l’argomento il suo significato è legato a un uso del termine sostanzialmente simbolico e metaforico, ovvero di alchimia intesa come amalgama imprecisata di circostanze/sensazioni/sentimenti che finisce col sortire un determinato effetto (in affari e politica come anche nelle relazioni interpersonali). Davvero riduttivo, non vi pare, per quell’antico insieme di teorie e pratiche sorte nell’Egitto del I secolo d. C. che si proponeva di manipolare i metalli per trasmutarli in oro o in rimedi che garantissero l’elisir di lunga vita e la panacea di tutti i mali? Ma non temete: se le vostre lacune in materia cominciano a sembrarvi imbarazzanti, la Breve storia dell’alchimia di Stefano Valente, appena pubblicata da Graphofeel, è il libro che fa per voi.
Glottologo, lusitanista, studioso delle lingue e delle letterature ibero-romanze, l’autore di questa agile sintesi si è posto un obiettivo ambizioso: condensare in dodici capitoli e in meno di duecento pagine (costellate di belle illustrazioni in bianco e nero e a colori) la storia di un fenomeno che paga le conseguenze di una spiccata attrazione per le mistificazioni oltre che di un’origine lontana nel tempo e di un’evoluzione oltremodo complessa attraverso i secoli e le culture. Bastano queste parole tratte dall’Introduzione per rendersi conto di che razza di ginepraio ci si trovi ad affrontare nel cercare di fare un po’ di luce sull’argomento:
Questa Breve storia dell’alchimia deluderà i cultori della tematica e i profani che si aspettano di trovarci un elenco di stramberie assortite: i primi lo giudicheranno evidentemente troppo sintetico e riepilogativo, mentre i secondi non troveranno soddisfazione alla loro brama di stravaganza tout court. Il testo redatto da Stefano Valente sarà invece la lettura perfetta per coloro che hanno sull’argomento idee vaghe e confuse, e desiderano fare un po’ di chiarezza in proposito: la prospettiva diacronica scelta dall’autore, in questo senso, è l’ideale proprio per aiutare a comprendere in che misura l’alchimia sconti in negativo l’abitudine alla commistione e sovrapposizione delle sue stesse interpretazioni. Il volumetto pubblicato da Graphofeel è, insomma, un punto di partenza sintetico ma onesto, che non solo evita scientemente di farsi contagiare dalla complessità della materia adottando, al contrario, uno stile di scrittura il più possibile chiaro e lineare, ma invita a un necessario approfondimento grazie alla Bibliografia Essenziale posta in coda. A leggerlo con il giusto atteggiamento, d’altra parte, non potrà che essere così: poco male che non si venga contagiati dalla smania per l’oro e per il rimedio universale, e tanto meglio, dunque, per la propria curiosità e fame di conoscenza.
Cecilia Mariani
Dagli albori al pensiero junghiano: una sintesi storica
di Stefano Valente
Graphofeel Edizioni, 2019
pp. 123
€ 17,00 (cartaceo)
Opus Magnum, Ars Regia, Ars metallica, Ars trasmutatoria, Arte Sacra, crisopea: che cosa vi fanno venire in mente questi termini, tra loro sinonimi di alchimia? La vostra risposta sarà probabilmente questa: tutto e il contrario di tutto. Perché sì, in effetti sull’alchimia vera e propria vige una certa generale confusione, e a meno che non si nutra un interesse un po’ dotto per l’argomento il suo significato è legato a un uso del termine sostanzialmente simbolico e metaforico, ovvero di alchimia intesa come amalgama imprecisata di circostanze/sensazioni/sentimenti che finisce col sortire un determinato effetto (in affari e politica come anche nelle relazioni interpersonali). Davvero riduttivo, non vi pare, per quell’antico insieme di teorie e pratiche sorte nell’Egitto del I secolo d. C. che si proponeva di manipolare i metalli per trasmutarli in oro o in rimedi che garantissero l’elisir di lunga vita e la panacea di tutti i mali? Ma non temete: se le vostre lacune in materia cominciano a sembrarvi imbarazzanti, la Breve storia dell’alchimia di Stefano Valente, appena pubblicata da Graphofeel, è il libro che fa per voi.
Glottologo, lusitanista, studioso delle lingue e delle letterature ibero-romanze, l’autore di questa agile sintesi si è posto un obiettivo ambizioso: condensare in dodici capitoli e in meno di duecento pagine (costellate di belle illustrazioni in bianco e nero e a colori) la storia di un fenomeno che paga le conseguenze di una spiccata attrazione per le mistificazioni oltre che di un’origine lontana nel tempo e di un’evoluzione oltremodo complessa attraverso i secoli e le culture. Bastano queste parole tratte dall’Introduzione per rendersi conto di che razza di ginepraio ci si trovi ad affrontare nel cercare di fare un po’ di luce sull’argomento:
«dèi, simboli, rituali, tradizioni. Icone, geroglifici, visioni, rivelazioni, segreti. E negromanti, medici, chimici, astrologi, fisiognomici, chiromanti. Cialtroni e profeti, frodatori e nuovi messia, eruditi e avventurieri, sovrani assillati dalla ricerca della verità e collezionisti d’ogni sorta di stramberia. Sacerdoti ed eretici, filosofi e santoni, sette occulte e confraternite inarrivabili. E biblioteche, pagine enigmatiche, predizioni, falsi oracoli; laboratori, antri sotterranei, “stillerie”, alambicchi e fornelli. L’alchimia, fin dalle sue origini – la tarda Antichità ellenistica –, si palesa come una galleria di volti, glifi, libri e assiomi tanto caotica quanto multiforme, sfuggente, all’apparenza evasiva di fronte a qualsiasi tentativo di comprensione e decifrazione» (p. 7).Nell’ammettere la difficoltà del compito, Valente non illude il suo pubblico: lungi dal volersi ridurre a un mero elenco di occorrenze e variazioni, quella proposta in volume «è una storia di interconnessioni e concatenazioni […] Un racconto ininterrotto, dalle sembianze e con le simbologie le più dissimili. E tuttavia così profondamente – archetipicamente, direbbe qualcuno – radicato nella nostra cultura» (p. 8). Dopo un primo capitolo dedicato al chiarimento dei concetti preliminari – definizione di alchimia, spiegazione delle fasi della Grande Opera (Nigredo/Putrefazione, Albedo/Purificazione, Citrinitas/Combustione, Rubedo/Fissazione) e dei principi essenziali (i tria prima: mercurio, zolfo e sale) – l’autore ripercorre l’evoluzione del fenomeno: le origini orientali (egiziane e arabe), l’ingresso in Occidente attraverso la Spagna musulmana e le opere del persiano Geber tradotte in lingua latina, la percezione e la considerazione che se ne ebbero nel corso del Medioevo – «fase ancora contrassegnata dall’assenza di distinzione netta tra alchimia vera e propria, filosofia, magia, astrologia, cabbala e scienze occulte in genere» (p. 28) –, e poi nel Rinascimento (momento di massima fioritura), nel Barocco (specialmente quello romano), nel Seicento “scientifico” (in cui si ha la massima sovrapposizione tra pensiero ermetico e pensiero alchemico) e nel Settecento “dei lumi” (fortemente attratto dalla sfera dell’occulto); per arrivare, infine, al “secolo breve” e alle implicazioni del pensiero alchemico nella psicoanalisi di matrice junghiana. In uno scenario europeo vivacemente agitato e mutevole – che a dispetto di tutto tende sempre, in qualche modo, a perpetuare a sua volta «il caos di leggende e allegorie esoteriche implicito nel fenomeno alchemico» (p. 15) – a catturare l’attenzione del lettore saranno anche i focus sui singoli personaggi che si interessarono all’alchimia o aspirarono a divenire alchimisti in prima persona: dalla leggendaria figura di Ermete Trismegisto a Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Cornelio Agrippa, Paracelso, la regina Cristina di Svezia, Giuseppe Francesco Borri, Athanasius Kircher, Isaac Newton, Edward Alexander Crowley, “l’inidentificabile” Fulcanelli e Carl Gustav Jung.
Questa Breve storia dell’alchimia deluderà i cultori della tematica e i profani che si aspettano di trovarci un elenco di stramberie assortite: i primi lo giudicheranno evidentemente troppo sintetico e riepilogativo, mentre i secondi non troveranno soddisfazione alla loro brama di stravaganza tout court. Il testo redatto da Stefano Valente sarà invece la lettura perfetta per coloro che hanno sull’argomento idee vaghe e confuse, e desiderano fare un po’ di chiarezza in proposito: la prospettiva diacronica scelta dall’autore, in questo senso, è l’ideale proprio per aiutare a comprendere in che misura l’alchimia sconti in negativo l’abitudine alla commistione e sovrapposizione delle sue stesse interpretazioni. Il volumetto pubblicato da Graphofeel è, insomma, un punto di partenza sintetico ma onesto, che non solo evita scientemente di farsi contagiare dalla complessità della materia adottando, al contrario, uno stile di scrittura il più possibile chiaro e lineare, ma invita a un necessario approfondimento grazie alla Bibliografia Essenziale posta in coda. A leggerlo con il giusto atteggiamento, d’altra parte, non potrà che essere così: poco male che non si venga contagiati dalla smania per l’oro e per il rimedio universale, e tanto meglio, dunque, per la propria curiosità e fame di conoscenza.
Cecilia Mariani
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