di Dave Eggers
Feltrinelli, 29 agosto 2019
Traduzione di Francesco Pacifico
pp. 144
€ 15 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Si alzò in piedi e si godette il silenzio assoluto. Non vedeva accampamenti e non sentiva voci umane. Questa era serenità: stare soli con la strada e l'asfaltatrice. Il lavoro nella sua essenza: tutto il resto non era necessario. (p. 30)
Nel mondo immaginato da Dave Eggers nel suo nuovo romanzo, La parata, non ci sono tante domande da farsi: bisogna lavorare, un po' come il protagonista Quattro, che ha lasciato la sua famiglia lontano per andare ad asfaltare 230 chilometri di strada a due corsie per unire il Nord (più avanzato) al più arretrato Sud. Quattro sapeva già prima di partire che l'impresa sarebbe stata tutt'altro che semplice: avrebbe dovuto preparare e verniciare l'asfalto entro la data stabilita per l''importante parata che sancirà finalmente la fine delle ostilità tra le due parti del paese. Ad aiutare il protagonista nella sua impresa, è stato mandato lì Nove, un uomo che deve precedere Quattro e la poderosa macchina asfaltatrice RS-80 cercando e appianando ostacoli, rimuovendo sassi e allontanando animali e persone lungo il percorso. In realtà, fin da subito Quattro scopre che il suo compagno di lavoro è tutt'altro che motivato: Nove sul suo quad fa tutto ciò che è vietato, dallo stringere rapporti con i locali al mangiare il loro cibo e corteggiare le loro ragazze. Dopo la guerra a cui più volte si allude nel romanzo, infatti, il Sud rurale è particolarmente ostile ai nuovi arrivati e ci sono vari gruppi rivoluzionari che hanno preso il potere con la forza e che gestiscono una sorta di mafia locale.
Insomma, fin dal primo giorno di lavoro Quattro si trova a mal sopportare il suo accompagnatore, che, anziché aiutarlo veramente, crea caos e pone continuamente l'altro davanti a una domanda fondamentale: è ora di denunciare Nove? E con quali conseguenze? L'azienda, infatti, non vede di buon occhio simili problemi, e preferisce che siano i singoli lavoratori a cavarsela.
Intanto le sfide si moltiplicano così come i contatti con i locali e la missione viene continuamente messa in dubbio: per Quattro è sempre stato rilassante di compiere il proprio dovere a testa bassa, con devozione e abnegazione, sopportando il caldo, il pessimo cibo liofilizzato e le privazioni, in attesa del rientro a casa. Adesso, con Nove, si trova però a dover fronteggiare ben altri problemi, e soprattutto a porsi i quesiti che lo stato ha cercato di eliminare, quelli più difficili: i quesiti etici, che colgono Quattro impreparato e a disagio.
Mentre la strada avanza inesorabilmente e noi lettori attendiamo con grande curiosità quel che accadrà, ecco che avvertiamo in contemporanea tutta la disabitudine alle emozioni che hanno invaso questo nuovo (?) mondo, che si muove a cavallo tra realtà parallele immaginarie o apocalittiche visioni del futuro, che fanno pendere il libro verso il genere fantastico o verso la distopia. Quel che è certo è che l'egoismo di Quattro, inizialmente concentrato solo sulla sua missione, è proprio di un certo individualismo negativo e sprezzante che sembra invadere anche la nostra società. E alla conclusione del romanzo si resta con tanti interrogativi, spiazzati da un finale che non è aperto, ma che ribalta quanto abbiamo letto fin dalla sua impalcatura. Per questo La parata è con la sua asciuttezza enigmatica figlio minore delle grandi distopie novecentesche. Sarà che sto leggendo proprio in questi giorni Noi di Zamjatin: mi pare di rivedere in Eggers più di un omaggio alla società anaffettiva e fredda dello scrittore russo. In entrambi i libri i sentimenti fanno irruzione proprio laddove i personaggi sono stati per anni incapaci di provare emozioni forti, e questa invasione dell'"anima" è indesiderata eppure inevitabile.
Alla fine di questa lettura gli interrogativi non si esauriscono; viene, anzi, da chiedersi quale ispirazione abbia mosso Eggers, e la risposta non è affatto scontata né deducibile dal testo. Forse, chissà, sarà proprio l'autore a offrirci una sua chiave di lettura al Festival della Letteratura di Mantova (qui i dati dell'incontro): aspettiamo fiduciosi.
GMGhioni
Insomma, fin dal primo giorno di lavoro Quattro si trova a mal sopportare il suo accompagnatore, che, anziché aiutarlo veramente, crea caos e pone continuamente l'altro davanti a una domanda fondamentale: è ora di denunciare Nove? E con quali conseguenze? L'azienda, infatti, non vede di buon occhio simili problemi, e preferisce che siano i singoli lavoratori a cavarsela.
Intanto le sfide si moltiplicano così come i contatti con i locali e la missione viene continuamente messa in dubbio: per Quattro è sempre stato rilassante di compiere il proprio dovere a testa bassa, con devozione e abnegazione, sopportando il caldo, il pessimo cibo liofilizzato e le privazioni, in attesa del rientro a casa. Adesso, con Nove, si trova però a dover fronteggiare ben altri problemi, e soprattutto a porsi i quesiti che lo stato ha cercato di eliminare, quelli più difficili: i quesiti etici, che colgono Quattro impreparato e a disagio.
Mentre la strada avanza inesorabilmente e noi lettori attendiamo con grande curiosità quel che accadrà, ecco che avvertiamo in contemporanea tutta la disabitudine alle emozioni che hanno invaso questo nuovo (?) mondo, che si muove a cavallo tra realtà parallele immaginarie o apocalittiche visioni del futuro, che fanno pendere il libro verso il genere fantastico o verso la distopia. Quel che è certo è che l'egoismo di Quattro, inizialmente concentrato solo sulla sua missione, è proprio di un certo individualismo negativo e sprezzante che sembra invadere anche la nostra società. E alla conclusione del romanzo si resta con tanti interrogativi, spiazzati da un finale che non è aperto, ma che ribalta quanto abbiamo letto fin dalla sua impalcatura. Per questo La parata è con la sua asciuttezza enigmatica figlio minore delle grandi distopie novecentesche. Sarà che sto leggendo proprio in questi giorni Noi di Zamjatin: mi pare di rivedere in Eggers più di un omaggio alla società anaffettiva e fredda dello scrittore russo. In entrambi i libri i sentimenti fanno irruzione proprio laddove i personaggi sono stati per anni incapaci di provare emozioni forti, e questa invasione dell'"anima" è indesiderata eppure inevitabile.
Alla fine di questa lettura gli interrogativi non si esauriscono; viene, anzi, da chiedersi quale ispirazione abbia mosso Eggers, e la risposta non è affatto scontata né deducibile dal testo. Forse, chissà, sarà proprio l'autore a offrirci una sua chiave di lettura al Festival della Letteratura di Mantova (qui i dati dell'incontro): aspettiamo fiduciosi.
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