Soggetto e sceneggiatura di Pasquale Ruju e Andrea Cavaletto
Disegni di Rossano Piccioni
Feltrinelli Comics, 2019
pp. 112
€ 16.00 (cartaceo)
€7,99 (ebook)
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Dopo un'assolata vacanza a Positano, la famiglia Garver-Lellouche sta facendo ritorno a casa, nel paesino di Wolkendorf. Quella che viene rappresentata è la tipica famiglia moderna, complessa, composita: Bernhard, esperto di motori, ha sposato in seconde nozze Nadia, pittrice di origini algerine. Vivono con i rispettivi figli, Dennis e Jasmine, entrambi adolescenti, che passano il loro tempo tra cellulari, videogiochi, e le tipiche schermaglie tra fratelli. All'inizio del graphic novel viene mostrata, con disegni dai profili sottili e nervosi e tinte neutre, un quadro di assoluta normalità.
Peccato che a Wolkendorf la normalità sia già un ricordo lontano: un gruppo di neonazisti sempre più nutrito sta assumendo il controllo del paese, spingendo alla fuga tutti coloro che non ne condividono le idee. I valori sulla base dei quali conducono la loro esistenza sono inquietanti, ma non direttamente perseguibili dalla legge: il rifiuto dei servizi dello Stato, della corrente elettrica, dello smaltimento dei rifiuti. Tra roghi in cortile e atti intimidatori nei confronti dei vicini, celebrano il sangue e la razza, la famiglia tradizionale, il retaggio della società contadina, a contatto con la natura (si definiscono "Völkischen, contadini del Reich. La nostra è la dottrina della terra del sangue. E il nostro sangue [...] non dovrà essere mai, mai contaminato", p. 44). Il leader del movimento è Siegmund Strand, che cresce i suoi figli, in particolare il primogenito, Erich, in base a un'ideologia violenta e confusa (i nemici di volta in volta sono – perfettamente interscambiabili – i capitalisti, gli ebrei, gli stranieri...), eppure totalmente condivisa e interiorizzata.
I disegni di Rossano Piccioni restituiscono l'imperversare del male attraverso un uso simbolico dei colori: agli acquerelli grigio-azzurri che rappresentano la vita ordinaria del paese, si alternano – sempre più frequenti – campiture scarlatte che mettono in evidenza i portatori del nuovo pensiero, le zone della città già colonizzate. Le divisioni non sono però nette, a indicare un'invasione graduale, fino a un certo punto forse anche reversibile: quando Erich parla con Jasmine, il rosso si attenua, salvo poi intensificarsi appena si allontana e viene riassorbito dal contesto ideologico deviato in cui è cresciuto. E anche Dennis muta il suo colore, mentre per essere accettato inizia a frequentare i teppisti locali, decorare la stanza con croci uncinate o altri simboli nazisti, fare esercizio fisico per temprare il corpo come i suoi nuovi amici. Man mano che il giovane Garver cede alla ferocia del branco e si rivolta contro la sua stessa famiglia, vengono meno anche le speranze del lettore circa un possibile esito positivo della vicenda.
Peccato che a Wolkendorf la normalità sia già un ricordo lontano: un gruppo di neonazisti sempre più nutrito sta assumendo il controllo del paese, spingendo alla fuga tutti coloro che non ne condividono le idee. I valori sulla base dei quali conducono la loro esistenza sono inquietanti, ma non direttamente perseguibili dalla legge: il rifiuto dei servizi dello Stato, della corrente elettrica, dello smaltimento dei rifiuti. Tra roghi in cortile e atti intimidatori nei confronti dei vicini, celebrano il sangue e la razza, la famiglia tradizionale, il retaggio della società contadina, a contatto con la natura (si definiscono "Völkischen, contadini del Reich. La nostra è la dottrina della terra del sangue. E il nostro sangue [...] non dovrà essere mai, mai contaminato", p. 44). Il leader del movimento è Siegmund Strand, che cresce i suoi figli, in particolare il primogenito, Erich, in base a un'ideologia violenta e confusa (i nemici di volta in volta sono – perfettamente interscambiabili – i capitalisti, gli ebrei, gli stranieri...), eppure totalmente condivisa e interiorizzata.
I disegni di Rossano Piccioni restituiscono l'imperversare del male attraverso un uso simbolico dei colori: agli acquerelli grigio-azzurri che rappresentano la vita ordinaria del paese, si alternano – sempre più frequenti – campiture scarlatte che mettono in evidenza i portatori del nuovo pensiero, le zone della città già colonizzate. Le divisioni non sono però nette, a indicare un'invasione graduale, fino a un certo punto forse anche reversibile: quando Erich parla con Jasmine, il rosso si attenua, salvo poi intensificarsi appena si allontana e viene riassorbito dal contesto ideologico deviato in cui è cresciuto. E anche Dennis muta il suo colore, mentre per essere accettato inizia a frequentare i teppisti locali, decorare la stanza con croci uncinate o altri simboli nazisti, fare esercizio fisico per temprare il corpo come i suoi nuovi amici. Man mano che il giovane Garver cede alla ferocia del branco e si rivolta contro la sua stessa famiglia, vengono meno anche le speranze del lettore circa un possibile esito positivo della vicenda.
Il linguaggio di Nuvole nere è violento, e anche le immagini lo sono. Questo rende il graphic novel inadatto ai giovanissimi. gli autori riescono perfettamente a rendere un clima di tensione crescente, di follia che dilaga e impera, travolgendo le menti e sopprimendo ogni spirito critico.
Mentre l'odio nei confronti dei Garver aumenta – loro del resto commettono l'errore imperdonabile di resistere, di non lasciarsi intimidire – anche le tinte delle tavole di fanno più drammatiche: rosse sono le svastiche che tappezzano i muri, marchiano le macchine vandalizzate; rosse sono le fiamme che distruggono la rimessa della famiglia e i quadri di Nadia; rosse le maschere che indossa il branco che aggredisce Jasmine. Rosso il sangue, celebrato come valore dai nazisti; rossa la vendetta, rossa una conclusione che non ha nulla di catartico – e vede invece trionfare il male, in una forma assolutamente non prevedibile, come unica soluzione possibile. Nel terminare la lettura, provo la stessa sensazione di malessere che mi aveva colto guardando Dogville: la strategia comunicativa, volta a destabilizzare il pubblico, mi sembra simile. Non c'è approfondimento nella narrazione, solo la pura suggestione dei testi e delle immagini, che però funziona. Nuvole nere è una distopia dell'oggi, un terribile monito circa il presente, che dà forma a una minaccia ancora senza nome, senza volto – o che invece un volto ce l'ha già, ha già un nome, dei simboli, delle idee tristemente note.
Per mettere in guardia da questo, nella postfazione si fa cenno a fatti di attualità che ricordano da vicino quelli descritti nel volume (il nome del villaggio neonazista di Jamel occhieggia allusivamente – e non colto se non retrospettivamente – anche da una delle prime tavole). Basta poco, dopo aver letto le parole degli autori, per aprire Google e scoprire tra la cronaca europea notizie poco conosciute, e sconcertanti, riguardanti la nuova minaccia dell'econazismo, che si annida in molte zone rurali della Germania e che spinge a riflettere criticamente e con una attenzione specifica sulle nuove ideologie che vengono alimentate da xenofobia e ignoranza sempre più diffuse. L’invito degli autori è allora a farlo, a documentarsi, a non lasciarsi cogliere impreparati da “questa nuova, terribile ondata di razzismo […] che, come benzina sul fuoco, alimenta la fiamma mai sopita dell’odio” (107).
Del resto, però,
Mentre l'odio nei confronti dei Garver aumenta – loro del resto commettono l'errore imperdonabile di resistere, di non lasciarsi intimidire – anche le tinte delle tavole di fanno più drammatiche: rosse sono le svastiche che tappezzano i muri, marchiano le macchine vandalizzate; rosse sono le fiamme che distruggono la rimessa della famiglia e i quadri di Nadia; rosse le maschere che indossa il branco che aggredisce Jasmine. Rosso il sangue, celebrato come valore dai nazisti; rossa la vendetta, rossa una conclusione che non ha nulla di catartico – e vede invece trionfare il male, in una forma assolutamente non prevedibile, come unica soluzione possibile. Nel terminare la lettura, provo la stessa sensazione di malessere che mi aveva colto guardando Dogville: la strategia comunicativa, volta a destabilizzare il pubblico, mi sembra simile. Non c'è approfondimento nella narrazione, solo la pura suggestione dei testi e delle immagini, che però funziona. Nuvole nere è una distopia dell'oggi, un terribile monito circa il presente, che dà forma a una minaccia ancora senza nome, senza volto – o che invece un volto ce l'ha già, ha già un nome, dei simboli, delle idee tristemente note.
Per mettere in guardia da questo, nella postfazione si fa cenno a fatti di attualità che ricordano da vicino quelli descritti nel volume (il nome del villaggio neonazista di Jamel occhieggia allusivamente – e non colto se non retrospettivamente – anche da una delle prime tavole). Basta poco, dopo aver letto le parole degli autori, per aprire Google e scoprire tra la cronaca europea notizie poco conosciute, e sconcertanti, riguardanti la nuova minaccia dell'econazismo, che si annida in molte zone rurali della Germania e che spinge a riflettere criticamente e con una attenzione specifica sulle nuove ideologie che vengono alimentate da xenofobia e ignoranza sempre più diffuse. L’invito degli autori è allora a farlo, a documentarsi, a non lasciarsi cogliere impreparati da “questa nuova, terribile ondata di razzismo […] che, come benzina sul fuoco, alimenta la fiamma mai sopita dell’odio” (107).
Del resto, però,
Carolina Pernigo
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