di Kawamura Genki
Einaudi, giugno 2019
Traduzione di Anna Specchio
pp. 184
€ 14 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)
Se siete gattofili, sicuramente il nuovo romanzo di Kawamura Genki avrà già attirato la vostra attenzione in libreria: un po' per la copertina bellissima e tuttavia vagamente inquietante, con questi gatti senza occhi che sembrano spettri in dissolvenza, un po' per il titolo, che contempla un'ipotesi terribile. Ma c'è di più: anche la sinossi è certamente curiosa. Possiamo leggere la storia come una riscrittura moderna (non letterariamente pretenziosa e anzi giocosa) del Faust di Goethe.
Il protagonista è un trentenne giapponese, quasi disinteressato al trascorrere delle sue giornate sempre sostanzialmente uguali, finché scopre all'improvviso che è un tumore al cervello a provocargli i suoi frequenti mal di testa. Stando ai medici, gli restano pochissimi giorni di vita; mentre il ragazzo si dispera e non sa cosa fare, nel suo appartamento si materializza il diavolo, con una proposta allettante. È disposto a prolungare la vita del protagonista, se lui ogni giorno accetta di far scomparire dal mondo qualcosa. All'inizio il ragazzo elenca tutte le cose che odia e gli sembra che il patto sia molto vantaggioso per lui, ma il diavolo è furbo e precisa che invece deve trattarsi sempre di una rinuncia. E la domanda che dunque scatta nel protagonista ma, inevitabilmente, anche nel lettore è: a cosa sareste disposti a rinunciare pur di vivere qualche giorno in più?
Ecco che allora seguiamo il protagonista nelle sue riflessioni: ogni giorno, prova a immaginare il mondo senza telefoni cellulari o senza orologi, o senza film, e solo dopo accurate riflessioni dichiara al diavolo di accettare o meno "il baratto". Intanto, il lettore, che ha già letto il titolo, teme per la sorte del gatto Cavolo, il piccolo ammasso peloso che segue ovunque il protagonista: oltre a essere il suo inseparabile amico peloso, Cavolo è l'ultimo membro della famiglia. La madre del protagonista, infatti, è morta dopo una straziante malattia e da allora il ragazzo non parla più con il padre. Senza fratelli e sorelle e con ben pochi amici, il protagonista pensa anche a chiudere i conti con il suo passato, a cominciare dalla sua ex fidanzata, a cui vuole porre una domanda per lui fondamentale. Ma congedarsi è difficile, soprattutto quando si ha tanta voglia di vivere come lui: davvero non esiste un'altra soluzione?
Se i gatti scomparissero dal mondo è sornione come un gatto: sembra procedere con una narrazione piana, senza grandi vezzi o pretese letterarie, e in effetti è leggibile come una favola moderna. Ma di tanto in tanto, quando meno ce lo aspettiamo, è pronto a graffiare e a suscitare lacrime (di commozione) nel lettore: la vita del protagonista affiora qui e là, la sua solitudine è palpabile, così come il suo affetto incondizionato per il gatto di casa. La diagnosi della malattia però getta una luce nuova sulla sua vita, terribilmente routinaria, divisa tra lavoro come postino e pochi rituali come la passeggiata con il gatto. È inevitabile per lui chiedersi cosa abbia compiuto di buono in questi trent'anni: gli pare di non aver fatto niente degno di nota, e si percepisce tutta l'ansia di non lasciare ricordi in nessuno. Ma accanto a questi temi più pensosi, ce ne sono altri più leggeri, che spezzano qualsiasi rischio di affondare nel dramma e anzi stemperano l'atmosfera, facendo assumere al romanzo l'aspetto, per l'appunto, di una favola.
In un continuo movimento tra passato (malinconica sede del rimpianto), presente (pieno di incertezze e di domande) e futuro (ormai brevissimo), Se i gatti scomparissero dal mondo sa strappare ora un sorriso ora un pensiero più profondo. È una lettura piacevole che ci porta in punta di piedi, col passo felpato di un felino, a riflettere sulle grandi questioni della vita e della morte.
GMGhioni
Se i gatti scomparissero dal mondo è sornione come un gatto: sembra procedere con una narrazione piana, senza grandi vezzi o pretese letterarie, e in effetti è leggibile come una favola moderna. Ma di tanto in tanto, quando meno ce lo aspettiamo, è pronto a graffiare e a suscitare lacrime (di commozione) nel lettore: la vita del protagonista affiora qui e là, la sua solitudine è palpabile, così come il suo affetto incondizionato per il gatto di casa. La diagnosi della malattia però getta una luce nuova sulla sua vita, terribilmente routinaria, divisa tra lavoro come postino e pochi rituali come la passeggiata con il gatto. È inevitabile per lui chiedersi cosa abbia compiuto di buono in questi trent'anni: gli pare di non aver fatto niente degno di nota, e si percepisce tutta l'ansia di non lasciare ricordi in nessuno. Ma accanto a questi temi più pensosi, ce ne sono altri più leggeri, che spezzano qualsiasi rischio di affondare nel dramma e anzi stemperano l'atmosfera, facendo assumere al romanzo l'aspetto, per l'appunto, di una favola.
In un continuo movimento tra passato (malinconica sede del rimpianto), presente (pieno di incertezze e di domande) e futuro (ormai brevissimo), Se i gatti scomparissero dal mondo sa strappare ora un sorriso ora un pensiero più profondo. È una lettura piacevole che ci porta in punta di piedi, col passo felpato di un felino, a riflettere sulle grandi questioni della vita e della morte.
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