Per chi è la notte
di Aldo Simeone
Fazi Editore, 2019
pp. 284
€16,00 (cartaceo)
€5,99 (ebook)
Prima di iniziare a scrivere la recensione a Per chi è la notte di Aldo Simeone mi sono imbattuta in un articolo del blog di Stoner, il blog della casa editrice Fazi, in cui l’autore raccontava la genesi del romanzo. Senza svelarvi troppo, posso solo dire che un punto mi è sembrato illuminante, la chiave per decodificare i messaggi che il suo romanzo di esordio mi aveva comunicato, ma a cui non riuscivo a dare un’identità. Per lui esiste una netta differenza tra ciò che è vero e ciò che è reale, eppure quando si è bambini i due piani che caratterizzano la dimensione percettiva del mondo non sembrano distinguersi e si sfilacciano l’uno nell’altro. Qual è il momento della vita in cui decidiamo che queste due dimensioni sono distinte e una (la verità) ha la supremazia sull’altra (la realtà)?
Per Francesco questo avviene nei mesi dopo l'8 settembre del 1943. Siamo sui monti della Garfagnana e mentre la seconda guerra mondiale si avvia verso la fase più cruenta, nel paese dove l’undicenne vive insieme alla madre e alla nonna la vita è scandita da antiche e reali leggende e la verità storica del conflitto fa da eco lontana a una quotidianità semplice e scandita da un’unica regola: non bisogna mai entrare nel bosco dopo il tramonto. Tra gli alberi si nascondano gli streghi, gli spiriti che si aggirano con un cero in mano in un’infinita processione. Chi sono? Qual è la risposta alla loro oscura domanda: «Per chi è la notte?». Francesco è ossessionato dalle leggende narrate sul bosco e questo atteggiamento taciturno contribuisce a estraniarlo ancora di più dai suoi coetanei, che già lo isolavano perché, secondo le dicerie paesane, figlio di un disertore. All’arrivo dei nazisti, e dopo l’apparizione di strane luci nel fitto degli alberi, sarà Tommaso, un ragazzino dagli occhi verdi e dai capelli rossi, giunto da solo in fuga dalla città e ospite in canonica dove il “rosso” Don pare dia ricovero a ebrei e perseguitati, a convincere Francesco a violare l’unica regola aurea della sua vita e a varcare quell’estremo confine, oltre il quale bisogna andare per scegliere da che parte stare.
Quanta saggezza c’è nell’infanzia, quanta grazia regola le relazioni del bambino con il mondo che lo circonda. Altrettanta grazia si percepisce nella storia di Per chi è la notte, che equilibra perfettamente le due dimensioni di realtà e verità e che a queste ne aggiunge altre due, la dimensione del sé e la dimensione dell’altro. Il rapporto tra Francesco e Tommaso esemplifica perfettamente il conflitto che ogni individuo prova tra sé e il mondo esterno e leggendo come i due bambini affrontano la loro – segreta – amicizia e come calano il loro duo nel mondo, veniamo spinti a chiederci di più sulla composizione della nostra anima: quanto spazio abbiamo lasciato per i sogni e la fantasia e quanto alla libertà di dare sfogo a quello che crediamo sia vero?
La storia fa da sfondo a una vicenda intima e semplice, e nonostante la sua presenza poco ingombrante non si può prescindere da lei per entrare nel vivo delle emozioni dei due bambini protagonisti. Inoltre, la scelta di ambientare Per chi è la notte agli inizi degli anni Quaranta mi spinge a riflettere sul fermento culturale che anima il contesto letterario italiano. Se infatti Simeone si presenta con un esordio convincente, pacato e riuscito, torna subito alla mente un altro esordio nato dal progetto editoriale firmato Fazi, quello dello scorso anno di Laura Fusconi e del suo Volo di paglia. Dal momento che i due autori hanno entrambi scelto di raccontare una storia di amicizia tra bambini e di farlo ambientandola nel periodo del secondo conflitto mondiale, sembra quasi che le prime opere dei contemporanei narratori italiani necessitino di partire dal momento più oscuro della nostra storia, di alimentare i ricordi, quasi alla ricerca di radici per assumere consapevolezza sulla vita e sul futuro. Per chi è la notte conferma, quindi, il lavoro che Fazi sta compiendo negli ultimi anni con gli esordienti italiani: testi di qualità e che, con la semplicità delle relazioni infantili di un tempo lontano, dicono molto di chi siamo in quanto popolo.
Quanta saggezza c’è nell’infanzia, quanta grazia regola le relazioni del bambino con il mondo che lo circonda. Altrettanta grazia si percepisce nella storia di Per chi è la notte, che equilibra perfettamente le due dimensioni di realtà e verità e che a queste ne aggiunge altre due, la dimensione del sé e la dimensione dell’altro. Il rapporto tra Francesco e Tommaso esemplifica perfettamente il conflitto che ogni individuo prova tra sé e il mondo esterno e leggendo come i due bambini affrontano la loro – segreta – amicizia e come calano il loro duo nel mondo, veniamo spinti a chiederci di più sulla composizione della nostra anima: quanto spazio abbiamo lasciato per i sogni e la fantasia e quanto alla libertà di dare sfogo a quello che crediamo sia vero?
La storia fa da sfondo a una vicenda intima e semplice, e nonostante la sua presenza poco ingombrante non si può prescindere da lei per entrare nel vivo delle emozioni dei due bambini protagonisti. Inoltre, la scelta di ambientare Per chi è la notte agli inizi degli anni Quaranta mi spinge a riflettere sul fermento culturale che anima il contesto letterario italiano. Se infatti Simeone si presenta con un esordio convincente, pacato e riuscito, torna subito alla mente un altro esordio nato dal progetto editoriale firmato Fazi, quello dello scorso anno di Laura Fusconi e del suo Volo di paglia. Dal momento che i due autori hanno entrambi scelto di raccontare una storia di amicizia tra bambini e di farlo ambientandola nel periodo del secondo conflitto mondiale, sembra quasi che le prime opere dei contemporanei narratori italiani necessitino di partire dal momento più oscuro della nostra storia, di alimentare i ricordi, quasi alla ricerca di radici per assumere consapevolezza sulla vita e sul futuro. Per chi è la notte conferma, quindi, il lavoro che Fazi sta compiendo negli ultimi anni con gli esordienti italiani: testi di qualità e che, con la semplicità delle relazioni infantili di un tempo lontano, dicono molto di chi siamo in quanto popolo.
Federica Privitera