I'm every woman
di Liv Strömquist
Fandango Libri, 2019
Traduzione di Samanta K. Milton Knowles
pp. 141
€19,00
Liv Strömquist è una fumettista svedese (originaria del sud del paese, ora residente a Malmö), che inizia a disegnare fumetti a cinque anni. Per tutta la vita, quindi, fino a quando non ha iniziato a fare della sua arte una professione all’alba dei vent’anni, il disegno è stato uno strumento di comunicazione innato, naturale. Va da sé che nel momento in cui la coscienza critica della giovane donna si è andata formando, lo sbocco naturale per i suoi pensieri erano proprio le tavole dei suoi fumetti. Oggi la Strömquist ha quarant’anni ed è un’autrice affermata nel mondo delle fanzine, della musica (ha disegnato molte copertine di album) e della radio, dato che dal 2005 lavora per la Sveriges Radio P3 e insieme a Caroline Ringskog Ferrada-Noli cura il podcast En varg söker sin pod. I’m every woman, una tra le prime opere giovanili, mi sembra quindi il mezzo ideale per entrare nella sfera narrativa e ideologica dell’autrice e comprenderne le velleità più irriverenti e strampalate ma, tenetevi pronti, illuminanti nel loro essere politically incorrect.
I’m every woman nasce dalla riflessione sul famoso detto secondo cui "dietro ogni grande uomo ci sarebbe sempre una grande donna", che rimane però relegata nell’ombra. Così, mordace e sfrontata, la giovane Liv disegna e scrive una disamina in cui passa in rassegna testi dalla natura più disparata, ma tutti funzionali alla teoria di fondo della sua opera: la vita sociale a cui le donne sono costrette dagli albori dell’umanità è un giogo che gli uomini hanno agganciato sulle loro spalle per trascinarle in giro a loro piacimento. Compito delle donne contemporanee è rompere quel giogo e sovvertire l’ordine precostituito delle cose. A partire da questa miccia, in I’m every woman esplode tutta la rabbia di una giovane autrice (lei stessa dichiarerà che da giovani si è più diretti e più punk, si dice tutto quello che si pensa fregandosene delle conseguenze) che da Britiney Spears, passando per Priscilla Preasley tenuta prigioniera e narcotizzata dal folle re del rock, approdando alla storia sconosciuta della prima femminista d’America, Lee Krasner, dimostra in maniera incontrovertibile che la sua idea è vera. Rimane quasi incredula di fronte al silenzio delle donne di tutto il mondo: come possono ignorare e farsi andare bene una società indubbiamente patriarcale, a tal punto maschilista da deviare silenziosamente anche i cartoni per bambini, come i Barbapapà, dove il papà può essere un obeso, rosa e molliccio ammasso informe, mentre la madre deve essere giovane e sexy?
Nonostante il tono serioso, quasi accademico, di molte sezioni del testo (in particolar modo quelle dedicate al patriarcato della religione - illuminanti - e ai cambiamenti climatici), in I’m every woman non mancano esilaranti parti comiche, la più brillante delle quali è la lista dei Fidanzati Provocanti, la top seven dei più vergognosi partner maschili della storia. Grazie a questa inedita classifica, si potrà così scoprire che il settimo classificato, Karl Marx, aveva rapporti promiscui con la sua domestica (sì, avete letto bene) e ignorava il contributo culturale della moglie Jenny, che pure figurava tra le autrici del Manifesto, o che Albert Einstein nascose alla comunità scientifica il contributo che la prima moglie Mileva Marić diede alla teoria della relatività diventandone, di fatto, l’unico scopritore.
Nonostante il tono serioso, quasi accademico, di molte sezioni del testo (in particolar modo quelle dedicate al patriarcato della religione - illuminanti - e ai cambiamenti climatici), in I’m every woman non mancano esilaranti parti comiche, la più brillante delle quali è la lista dei Fidanzati Provocanti, la top seven dei più vergognosi partner maschili della storia. Grazie a questa inedita classifica, si potrà così scoprire che il settimo classificato, Karl Marx, aveva rapporti promiscui con la sua domestica (sì, avete letto bene) e ignorava il contributo culturale della moglie Jenny, che pure figurava tra le autrici del Manifesto, o che Albert Einstein nascose alla comunità scientifica il contributo che la prima moglie Mileva Marić diede alla teoria della relatività diventandone, di fatto, l’unico scopritore.
Le posizioni della Strömquist sono sicuramente estreme, in certi punti difficili da digerire e da condividere. Ma proprio per la sua durezza e le sue posizioni così irremovibili su argomenti molto delicati, primo tra tutti la critica alla famiglia nucleare tradizionale, considerata la sede per eccellenza dell’ipocrisia e dell’infelicità femminile, e all'amore monogamico, catena che imbriglia la libertà, l’autrice spinge davvero ad andare all’osso e all’origine delle proprie convinzioni, metterle in discussione e comprendere perché le appoggiamo e se siamo pronti a difenderle con la stessa forza con cui l’autrice (giovane ed energica, ricordiamolo) difende le sue. Perché è dal diverso e dal rispetto per chi ha delle opinioni convinte e ragionevoli, pur diverse dalle nostre, nasce la civiltà.
Federica Privitera