Tu salvati
di Paolo Valentino
SEM, 2019
pp. 394
€ 16,00 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)
€ 7,99 (ebook)
Non salirò mai su un cavallo. Né bacerò un ragazzo sulle rive della Senna. [...] Vorrei che i ricordi, un giorno, mi si sprigionassero dalla testa, uno dopo l'altro, come in un filo di perle, e una volta usciti mi dicessero: "Per noi ormai non c'è nulla da fare, siamo persi, pieni d'ombra, ma tu lasciaci andare. Tu salvati". Possibile che l'unico modo per salvarsi sia morire? (pp. 7-8)
Avere diciassette anni e ritenere che la vita non abbia più senso, che i ricordi siano troppo onerosi per poter essere sopportati, le cose troppo brutte per essere rielaborate e accettate. Cosa significa provare questa sensazione, il vuoto che comporta, lo sanno bene le protagoniste di questo romanzo di Paolo Valentino e bisognerebbe guardarsi dall'attribuire troppo velocemente le parole del Prologo a una di loro, così come dal pensare di averle comprese, di poterle etichettare una volta per tutte.
Tu salvati provvede infatti progressivamente a rovesciare tutte le aspettative iniziali, sottopone tutti i personaggi a processi di trasformazione che li rendono diversi da come il lettore li ha conosciuti. Il testo è articolato in quattro sezioni che costituiscono una sorta di sinfonia del femminile. Non mancano, all'interno della trama, i personaggi maschili, ma non sono centrali, né necessariamente positivi. Sono assenti, o fragili, o violenti. Sono il perno su cui si innestano le trasformazioni delle altre. Persino Davide, che sta fronteggiando un periodo difficile, in cui si rende conto che molte delle sue convinzioni sul reale sono illusorie, si muove in un universo muliebre, e finisce per diventare narrativamente rilevante soprattutto per il modo in cui le sue vicende intersecano quelle delle comprimarie.
Ma chi sono La più brutta, La più ribelle, La più triste, La più pura? C'è Galdina, grande presenza-assenza all'interno del romanzo, visto che si suicida nelle prime pagine, ma permane come figura ingombrante, in grado di incidere sulle esistenze di chi l'ha incontrata nel giorno della sua morte; c'è la professoressa Bice Righetti, che l'ha intravista nello squallore di un bar e, pur riconoscendo in lei Miss Cesso del Liceo 1993, pur conoscendo il peso di un titolo scomodo e avendo visto il suo sguardo triste, ha deciso di andare a lezione come nulla fosse; e poi Arianna, sua coetanea e compagna di scuola, che ha assistito al suo salto tragico e ha per prima avvicinato il suo cadavere. Ma c'è anche Carla, la nonna di Bice, che ha dedicato la sua vita alle future madri – per aiutarle a dare alla luce i loro bambini, o intervenire in caso di gravidanze indesiderate.
E di madri, in verità, sono popolate le pagine: quella di Arianna, rigida e autoritaria, che non riesce a instaurare un vero dialogo con la figlia; quella di Bice, morta troppo presto e sulle cui sorti grava un mutismo inscalfibile; quella di Davide, che porta con sé un terribile segreto e forse ha bisogno di essere perdonata. O ancora la mamma di Galdina, prostrata da un dolore che nessuno riesce a fronteggiare. Che le madri siano la chiave per decifrare il testo è suggerito anche dall'epigrafe tratta da L'isola di Arturo di Elsa Morante: “Dalle altre femmine, uno può salvarsi, può scoraggiare il loro amore; ma dalla madre chi ti salva?”.
Il nodo è tutto nella svolta concettuale che si annida nel passaggio tra il titolo e le ultime parole: non ci si può salvare da soli, c'è bisogno di qualcuno che penetri nel nostro silenzio, che veda e accetti la nostra miseria, che ci aiuti a strapparcene fuori. In questo passaggio, si consumano le esistenze dei personaggi, nel loro tentativo di riscatto, nella loro ricerca di una seconda occasione, nel loro errare continuo, sgradevole, profondamente umano. Tutti i fili della vicenda ruotano intorno al paesino di Pozzochiaro, che appare come un labirinto da cui è difficile, se non impossibile, fuggire, e che prima o dopo ti porta a confrontarti con te stesso, con le domande a cui devi trovare risposta:
Non può più scappare da quella domanda, non può più scappare da lei, perché Pozzochiaro è minuscolo, le sue strade sono come un vortice. Girando, alla fine, si arriva in qualsiasi luogo. (p. 178)
Tu salvati è un romanzo che ti trascina a viva forza dentro la narrazione, grazie a una prosa scorrevole e alla scelta dell'autore di non proteggere i suoi personaggi: Valentino li offre sulla pagina agli sguardi impietosi del lettore, all'antipatia che prima o dopo si prova per tutti – per Bice, insegnante demotivata, donna talmente fragile da accettare sempre relazioni sbagliate, se non addirittura immorali; per Arianna, che si imbarca in una storia disfunzionale con un giovane prepotente, e rinuncia per lui a tanti dei suoi valori; per Carla che con la sua rigidità ha finito per ferire chi amava di più, e anche per Davide, che farà qualcosa di tremendo per cui non c'è vera redenzione.
L'autore ce li mostra così, nudi, veri. E poco alla volta ci aiuta a guardarli meglio, a perdonarli proprio laddove loro non riescono a farlo, a concedergli quell'assoluzione che loro stessi si negano. Anche se la lettura è veloce, Tu salvati non è un romanzo semplice. Se è vero che "ogni storia è come un vaso di vetro. Quand'è composta, la si può accarezzare, è liscia, sinuosa. Se però si infrange, i suoi frammenti possono fare male" (p. 369), quello che ci offre Valentino sono proprio i frammenti della storia, che feriscono fintantoché, con fatica, non vengono ricomposti in unità. E anche se alla fine una speranza viene concessa, le cicatrici rimangono e quello che viene proposto non può certo definirsi un lieto fine.
L'autore ce li mostra così, nudi, veri. E poco alla volta ci aiuta a guardarli meglio, a perdonarli proprio laddove loro non riescono a farlo, a concedergli quell'assoluzione che loro stessi si negano. Anche se la lettura è veloce, Tu salvati non è un romanzo semplice. Se è vero che "ogni storia è come un vaso di vetro. Quand'è composta, la si può accarezzare, è liscia, sinuosa. Se però si infrange, i suoi frammenti possono fare male" (p. 369), quello che ci offre Valentino sono proprio i frammenti della storia, che feriscono fintantoché, con fatica, non vengono ricomposti in unità. E anche se alla fine una speranza viene concessa, le cicatrici rimangono e quello che viene proposto non può certo definirsi un lieto fine.
Carolina Pernigo