Pietro e Paolo
di Marcello Fois
Einaudi, 2019
pp. 160
€ 17,50 (cartaceo)
«Aveva scoperto negli anni della latitanza con quanta semplicità si possa sparire dallo sguardo altrui. Aveva capito quanto conti la certezza del passo, la franchezza dello sguardo, per riuscire a essere completamente invisibili. L’umanità apprezza le eccezioni, si ricorda di quelle, ama le storie di chi le abita. E allora bisogna imparare a discostarsi dall’eccezione, portarsi in giro come se non si avesse assolutamente niente da temere, con lo sguardo schietto del giusto e il passo deciso, ma mai frettoloso, di chi non deve sfuggire a nessun inseguitore». (p. 33)
Chi di voi ripensa ancora con commozione e nostalgia alla splendida trilogia familiare dei Chironi, rimpiangendo di aver già concluso quelle pagine piene di storia, valori, frizioni tra passato e presente, può rasserenarsi: Pietro e Paolo, il nuovo romanzo di Marcello Fois, è un nuovo delicato capolavoro. Un capolavoro che non urla - non ne ha bisogno -, che annida nella storia della Grande Guerra sentimenti atavici.
Ma andiamo con calma: nel paese di Lollove, minuscola frazione di Nuoro, un ventenne rientra dopo essere stato al fronte e aver disertato: «La fine del conflitto aveva seminato per il nord Italia migliaia di quelli che si chiamavano sbandati, che per Pietro significava un po’ banditi» (p. 102). È Pietro Carta, uno dei due protagonisti: quando torna, è ricco, ma della sua famiglia trova ben poco. L'onta della slealtà ha ridotto i Carta alla fame e ha ucciso il capofamiglia, Vindice: in paese, infatti, si dice che Pietro abbia abbandonato in prima linea il suo amico fraterno Paolo, pur avendo giurato di proteggerlo. Al lettore viene subito il dubbio che le cose non siano davvero andate così, o che perlomeno non siano tanto semplici da spiegare, ma non gli resta che seguire la narrazione, costruita da Fois come un countdown che porta dal capitolo sedici allo zero, ovvero dal rientro di Pietro alla resa dei conti finale con Paolo.
Tuttavia, anche in questo romanzo la dimensione del presente è solo il punto di partenza per affondare nel passato: ogni capitolo, pur aprendosi su questo appuntamento che si avvicina, si abbandona poi ai ricordi. In particolare, l'infanzia vede nascere e svilupparsi l'amicizia tra i due bambini, di pari passo con la loro crescita: è Pietro, povero di famiglia ma ricco di vitalità, a far scoprire tanto a Paolo, nato nella dimensione protetta dell'arricchita famiglia Mannoni. Benché anche la serva di casa Mannoni faccia di tutto per sottolineare la differenza tra Paolo e il figlio del porcaro, i bambini non sembrano invece prestare attenzione a queste sovrastrutture proprie degli adulti, e si muovono «senza concepire una fine, perché quelle erano estati infinite» (p. 29). Eppure l'età adulta arriva, con i primi batticuori, che vedono Pietro arrossire davanti alla bella Lucia, che un giorno, con totale spregiudicatezza, «gli aveva detto quanto belle fossero allora le sue mani. V’immaginate: una donna che dice una cosa del genere a un uomo?» (p. 41). Non basta neanche la promessa di un amore appena alluso per fermare Pietro: quando don Pasqualino Mannoni gli chiede (gli intima?) di arruolarsi insieme a suo figlio in guerra, il ragazzo lascia la famiglia che ha bisogno di lui e gli affetti per seguire l'amico.
Tuttavia, anche in questo romanzo la dimensione del presente è solo il punto di partenza per affondare nel passato: ogni capitolo, pur aprendosi su questo appuntamento che si avvicina, si abbandona poi ai ricordi. In particolare, l'infanzia vede nascere e svilupparsi l'amicizia tra i due bambini, di pari passo con la loro crescita: è Pietro, povero di famiglia ma ricco di vitalità, a far scoprire tanto a Paolo, nato nella dimensione protetta dell'arricchita famiglia Mannoni. Benché anche la serva di casa Mannoni faccia di tutto per sottolineare la differenza tra Paolo e il figlio del porcaro, i bambini non sembrano invece prestare attenzione a queste sovrastrutture proprie degli adulti, e si muovono «senza concepire una fine, perché quelle erano estati infinite» (p. 29). Eppure l'età adulta arriva, con i primi batticuori, che vedono Pietro arrossire davanti alla bella Lucia, che un giorno, con totale spregiudicatezza, «gli aveva detto quanto belle fossero allora le sue mani. V’immaginate: una donna che dice una cosa del genere a un uomo?» (p. 41). Non basta neanche la promessa di un amore appena alluso per fermare Pietro: quando don Pasqualino Mannoni gli chiede (gli intima?) di arruolarsi insieme a suo figlio in guerra, il ragazzo lascia la famiglia che ha bisogno di lui e gli affetti per seguire l'amico.
Ma sul Carso tutte le promesse cambiano: se don Pasqualino aveva promesso compiti a basso rischio, in realtà Paolo si trova a dover fronteggiare da solo la prima linea, e Pietro diserta. Perché? Davvero Pietro ha abbandonato l'amico nel momento del bisogno?
Appena gli echi di questa vicenda giungono in paese, i Carta vengono estromessi dalle terre dei Mannoni e la fama saetta per le strade, rendendo anche i famigliari di Pietro dei reietti. Ecco perché quando Pietro rientra il lettore porta con sé tante domande: cosa è accaduto davvero? Come Pietro si è trasformato in un bandito? E perché si ostina a voler incontrare Paolo, nonostante i rischi?
Marcello Fois è a dir poco sapiente nel muoversi tra passato e presente, restituendo al lettore la forza di un'amicizia che diventa addirittura fede: Pietro, che non crede più in niente, che non spera in nessun miracolo, sente per Paolo un amore fraterno indissolubile, un'intimità e una dimestichezza nel conoscerlo e riconoscerlo che non si esaurisce nel tempo. “Le distanze cambiano, le cose cambiano…” (p. 136), si legge in uno dei dialoghi di maggior pathos del romanzo, e ciononostante si spera che l'amicizia e la lealtà restino due dei valori radicati tanto a fondo nei protagonisti da non vacillare.
Se già di per sé la trama è piena di poesia, altrettanto lirico è anche il linguaggio: calibrato, poetico, non scontato, non minimalista e al tempo stesso frutto di una scelta sapiente. Marcello Fois con Pietro e Paolo ci propone un romanzo che sfida il tempo e i cambiamenti per proporci un'amicizia che vive di memoria.
GMGhioni
Se già di per sé la trama è piena di poesia, altrettanto lirico è anche il linguaggio: calibrato, poetico, non scontato, non minimalista e al tempo stesso frutto di una scelta sapiente. Marcello Fois con Pietro e Paolo ci propone un romanzo che sfida il tempo e i cambiamenti per proporci un'amicizia che vive di memoria.
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