Rosamund
di Rebecca West
Fazi Editore, 2019
Traduzione di Francesca Frigerio
pp. 422
€ 20,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
€ 20,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Dopo la morte di Richard Quin e della mamma, niente aveva più lo stesso interesse per noi. Non credo esistano altri due esseri umani che abbiano trascorso un periodo così divertente e allegro come quello vissuto da me e Mary dopo che il matrimonio di Cordelia ci aveva lasciate sole con nostra madre, nostro fratello e Kate. (p. 7)
Se siete arrivati fino a qui nella lettura della saga della famiglia Aubrey, sapete che il nuovo e conclusivo volume Rosamund, in uscita oggi per Fazi Editore, si apre con due grosse perdite. La famiglia è orfana sia della piacevolezza e brillantezza di Richard Quin, morto in guerra, sia dell'acutezza e del genio musicale di Clare, la madre.
Rose e Mary, ormai nel pieno della loro fulgida carriera musicale, sono costrette ad affrontare l'età adulta in preda alla solitudine, senza le figure di riferimento che hanno sempre guidato ogni loro azione. Resta loro l'ultimo membro della famiglia che gode di amore incondizionato: non Cordelia, da sempre sorella solo di nome e non negli affetti, ma la cugina Rosamund. E quando anche lei le abbandona per perseguire l'aborrita istituzione matrimoniale, il senso di solitudine delle Aubrey riesce a mettere in discussione tutto ciò che le sorelle hanno sempre perseguito.
Ogni storia giunge a conclusione. La saga della famiglia Aubrey, scritta da Rebecca West tra il 1956 e il 1985 e ripubblicata in questi ultimi due anni (trovate qui e qui le recensioni ai precedenti romanzi), ha fatto conoscere e affezionare a personaggi fuori dagli schemi, con una vita interiore e una ricchezza di pensiero molto ampia. Una saga non sempre di semplice lettura, immersiva nel pensiero della voce narrante di Rose e che in questo volume tira le fila delle tematiche ben precise e distintive della narrazione dei precedenti volumi: la musica, il sovrannaturale, il rifiuto delle istituzioni regolari e la solitudine che, soprattutto ne Il cuore della notte, ha occupato un posto di rilievo.
La musica è da sempre specchio di interpretazione del mondo per Rose. Chi non è in grado di suonare e capire la musica, come la sorella Cordelia o il cugino Jock, non è degno di amore e di attenzione. Con la sola eccezione di Rosamund, che è diventata infermiera ed è al di sopra di qualunque critica o menomazione dell'affetto per via della sua scarsa attitudine musicale, tutto il mondo deve essere visto attraverso lo spazio bianco delle partiture. Rose e Mary sono ormai concertiste di primissimo livello, sempre in giro per concerti e sempre convinte che l'una abbia qualcosa in più dell'altra.
Il sovrannaturale, nel primo volume, era centrale: le manifestazioni del poltergeist a casa di Rosamund, le previsioni del futuro di Kate, le capacità quasi paranormali di Rose, tutte cose per nulla approvate dalla loro madre. In Rosamund la tematica corre sottesa a tutto il testo: Kate che riprende a divinare per sapere le prospettive familiari e matrimoniali delle sue ragazze, le forze del male che cospirano e permettono che l'inspiegabile matrimonio di Rosamund abbia luogo, la possessione di Barbados Hall (dimora quasi kafkiana nel suo essere labirintica) dove Rose, Oliver e Avis tentano un concerto e la malignità dei suoi occupanti, fanno sì che il qualcosa al di là della percezione della realtà diventi di nuovo presente e pressante.
Il rifiuto delle istituzioni e delle convenzioni sociali è sempre stato connaturato nella famiglia e Cordelia, sin da piccola, ha pagato il fio per la sua ricerca di normalità. Lei, che vedeva la musica come un mezzo per combattere la povertà della famiglia e che per prima si è inserita nell'istituzione matrimoniale, ha vissuto l'allontanamento della famiglia. Il suo pragmatismo le è costato l'affetto dei suoi ed è stata scalzata da Rosamund.
«Non vi vergognate? Non vi vergognate di averla sempre anteposta a me?» (p. 133),
sbotta finalmente dando voce a una secessione familiare e a una dolorosa incomprensione durata anni.
Tutti queste tematiche hanno un elemento comune: la presenza di Rosamund che, sebbene in questo volume che porta il suo nome compaia in, relativamente, poche scene, è costante in ogni riflessione e ogni discorso e dà il colpo di grazia all'allontanamento e alla solitudine di Rose. Si vede sottrarre la madre, l'amato fratello, Nancy (anche lei sposa), e infine Rosamund che sposa un uomo orribile, per i loro criteri, ricco e rozzo. Non si riesce a fare chiarezza sulle motivazioni di questo matrimonio e, per salvaguardare l'aura di santità di Rosamund, ci si può solo rifugiare nel pensiero che sia stata un'unione dettata dall'infinità bontà della cugina. Il rivoltante pensiero che sia un matrimonio d'interesse non sfiora nemmeno la famiglia.
«Ma noi siamo bambine per natura, non sappiamo come si fa a vivere da sole. Mamma Rosamund e Richard Quin erano genitori per natura. Ora se ne sono andati. Non importa quanti di noi sono rimasti indietro, siamo comunque come bambini abbandonati». (p. 138),
pronuncia pacata Mary. L'ultima solitudine è proprio il distacco tra le due sorelle che, fino ad ora, hanno composto quasi un'entità bicefala. Diverse nel modo di suonare e di gestire la propria vita, Rose e Mary assumono una loro forma ben definita e separata.
Per quanto sia una storia, a conti fatti, con un finale lieto, ha momenti di estrema cupezza. Il ritmo narrativo, proprio perché deve conciliare così tante tematiche, portare a conclusione le molteplici linee narrative e inserirne di nuove, è un po' più rallentato rispetto ai volumi precedenti. O forse, chissà, anche Rebecca West provava un po' di dispiacere nell'abbandonare questa estrosa e profonda famiglia e ha cercato di restare in loro compagnia il più a lungo possibile.
Giulia Pretta
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