di Jonathan Safran Foer
Guanda, 26 agosto 2019
Traduzione di Irene Abigail Piccinini
pp. 320
€ 18 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)
[...] anche quando c'importa della crisi del pianeta, la viviamo come una guerra in corso laggiù. Siamo consapevoli dell'urgenza e della cruciale importanza della posta in gioco, ma pur sapendo che sta infuriando una guerra per la nostra sopravvivenza, non abbiamo la sensazione di esserci immersi dentro. Questa distanza tra comprensione e sensazione può rendere molto difficile agire anche per chi è attento e politicamente impegnato - per chi vuole agire. (p. 19)
Responsabilità individuale e collettiva, piccole e grandi azioni, ammissione di colpe e autocritica feroce: sono questi gli ingredienti che accompagnano con forza le argomentazioni di Jonathan Safran Foer, nel suo nuovo Possiamo salvare il mondo, prima di cena, ai primi posti dei più venduti fin dall'uscita in libreria. Difficile definirlo: il libro si muove tra i toni accesi da lungo pamphlet, la ricerca fittamente documentata, la lettera ai propri figli e un acerrimo discorso tra sé e sé. L'obiettivo, invece, è chiaro e dichiarato dallo stesso autore: «Ho passato due anni a scrivere questo libro, cercando di convincere quante più persone possibile a cambiare vita» (p. 165). Una finalità sicuramente ambiziosa, specialmente in quest'ultimo anno, in cui si sono avvicendati in libreria tanti titoli, più o meno apocalittici, che hanno denunciato l'urgenza climatica.
Uno dei primi problemi individuati da Safran Foer per far presa sulla gente è il fatto che i cambiamenti climatici sono narrativamente poco accattivanti, e se non si muovono i sentimenti e le emozioni della gente, è ben difficile che si passi all'azione. D'altra parte, anche le forze politiche in campo in questi anni hanno spesso atteggiamenti contraddittori o addirittura negazionisti, e questo non aiuta per niente a creare una struttura che sia sovranazionale e che spinga alle emozioni, spinga all'azione. Stiamo, insomma, vivendo in un periodo in cui è in atto «una crisi della capacità di credere» (p. 23): in molti si documentano, leggono statistiche e ricerche, ma quanti poi passano dal sapere al fare?
Lo stesso Safran Foer ammette che, mentre si documentava, alternava momenti di speranza ad altri però di «rabbia e disperazione» (p. 164). Ma, se alcune azioni devono essere promosse dall'alto, e ai privati cittadini non resta che aspettare, come ad esempio la riduzione delle emissioni di CO2 da parte delle industrie, esistono molte scelte che possiamo fare noi, dal basso, assumendoci innanzitutto la responsabilità individuale di fornire un proprio contributo. E questo riguarda le nostre abitudini alimentari:
«Questo libro non offre una spiegazione esaustiva sui cambiamenti climatici e non propone di eliminare in modo categorico dall'alimentazione i prodotti di origine animale. Esplora una decisione che la crisi del nostro pianeta ci impone di prendere. [...] Dobbiamo rinunciare ad alcune abitudini alimentari oppure rinunciare al pianeta. La scelta è questa, netta e drammatica. » (p. 84-85)
E ancora:
«Scegliere di mangiare meno prodotti di origine animale è probabilmente l'azione più importante che un singolo individuo può compiere per invertire la rotta del riscaldamento globale - ha un effetto noto e significativo sull'ambiente e, fatto collettivamente, avrebbe un impatto culturale e commerciale superiore a qualsiasi manifestazione» (p. 167)
I lettori affezionati penseranno subito a quel libro crudele e necessario che è Se niente importa, in cui tre anni fa Safran Foer affrontava la questione degli allevamenti intensivi e la scelta di diventare vegetariano, se non addirittura vegano. Qui, la documentazione è altrettanto accurata: stavolta la scelta di ridurre nettamente il consumo di origine animale non è solo legata alla propria salute e alla salvaguardia degli animali. I numeri che riguardano infatti l'allevamento in merito a deforestazione, emissioni di CO2, sfruttamento dell'acqua e di varie risorse sono davvero angoscianti. E la risposta individuale che ognuno di noi può dare diventa importante se si trasforma in contributo diffuso e cambiamento di stile di vita alimentare. Certamente si tratta di una rinuncia: lo stesso Safran Foer ammette di non essere ancora riuscito a togliere del tutto dalla propria dieta i latticini e le uova, e che il desiderio di assaggiare la carne non è mai stato tanto forte come dopo la scelta di non mangiarne più. Però è necessario: pensate che «per eguagliare l'attuale livello di carne e latticini, ogni abitante del pianeta nel 1700 avrebbe dovuto mangiare 430 chili di carne e bere 4500 litri di latte al giorno» (p. 97). Numeri scioccanti, non è vero? Una sezione del libro è occupata proprio da una trentina di pagine che raccolgono statistiche e dati aggiornatissimi, che nella loro nuda oggettività possono portarci a riflettere a fondo. E anche questi muovono la nostra emotività e possono quindi portarci all'azione.
Quindi, in un'altra sezione del testo, Safran Foer mette in piedi un dibattito serrato con la propria anima, un botta e risposta impietoso in cui vengono ammesse le proprie colpe, le debolezze, le fragilità e i desideri per il futuro, in un'altalena tra speranza e disillusione che già il lettore avrà imparato a riconoscere nella prima metà del libro. Ma la vita dell'autore entra nel saggio, come avveniva anche nel precedente Se niente importa: c'è la sua vita di uomo, di padre e di figlio al tempo stesso, di nipote di una nonna che ha fatto di tutto per sopravvivere, compreso abbandonare il proprio paese. E ora cosa siamo disposti a fare per sopravvivere e far sopravvivere le prossime generazioni?
Veniamo alla nostra rubrica; alcuni di voi si staranno chiedendo: è un libro da portare in classe? Senza dubbio, sì. Ma non consiglierei di affidare la lettura integrale ai ragazzi: è un libro da leggere insieme e da commentare, dedicando il giusto tempo alla riflessione (forse sarà necessario tagliare qualche pagina del manuale di geografia, per carità, perché i programmi sono enormi, ma l'efficacia di Safran Foer è ben superiore a qualsiasi pagina fredda). Inizierei a leggere con i ragazzi singoli capitoli: i primi, al di là dei contenuti pregnanti, sono anche meravigliosi esempi di testo argomentativo (e dunque, docenti di Lettere, prendete in considerazione il libro anche come esercizio di scrittura e lettura!), in grado di persuadere e restare sempre vivaci, mai spenti e solo raramente retorici. Quindi analizzerei con i ragazzi i dati di quella sezioncina numerica succitata: si potrebbe proprio partire dalla lettura di alcuni numeri per aprire dibattiti, commenti, e quindi proporre azioni anche nella propria scuola, promuovendo un consumo più consapevole della merenda all'intervallo o del cibo della mensa. Insomma, questa non è una lettura che lascerei ammuffire sui comodini dei singoli, ma la renderei "viva" e collettiva, come si auspica lo stesso Safran Foer. L'impatto sarà sicuramente forte, e proprio per questo è impossibile restare indifferenti. «Mentre la crisi del paese si dispiega in una serie di emergenze, le nostre decisioni riveleranno chi siamo» (p. 36).
GMGhioni
Quindi, in un'altra sezione del testo, Safran Foer mette in piedi un dibattito serrato con la propria anima, un botta e risposta impietoso in cui vengono ammesse le proprie colpe, le debolezze, le fragilità e i desideri per il futuro, in un'altalena tra speranza e disillusione che già il lettore avrà imparato a riconoscere nella prima metà del libro. Ma la vita dell'autore entra nel saggio, come avveniva anche nel precedente Se niente importa: c'è la sua vita di uomo, di padre e di figlio al tempo stesso, di nipote di una nonna che ha fatto di tutto per sopravvivere, compreso abbandonare il proprio paese. E ora cosa siamo disposti a fare per sopravvivere e far sopravvivere le prossime generazioni?
Veniamo alla nostra rubrica; alcuni di voi si staranno chiedendo: è un libro da portare in classe? Senza dubbio, sì. Ma non consiglierei di affidare la lettura integrale ai ragazzi: è un libro da leggere insieme e da commentare, dedicando il giusto tempo alla riflessione (forse sarà necessario tagliare qualche pagina del manuale di geografia, per carità, perché i programmi sono enormi, ma l'efficacia di Safran Foer è ben superiore a qualsiasi pagina fredda). Inizierei a leggere con i ragazzi singoli capitoli: i primi, al di là dei contenuti pregnanti, sono anche meravigliosi esempi di testo argomentativo (e dunque, docenti di Lettere, prendete in considerazione il libro anche come esercizio di scrittura e lettura!), in grado di persuadere e restare sempre vivaci, mai spenti e solo raramente retorici. Quindi analizzerei con i ragazzi i dati di quella sezioncina numerica succitata: si potrebbe proprio partire dalla lettura di alcuni numeri per aprire dibattiti, commenti, e quindi proporre azioni anche nella propria scuola, promuovendo un consumo più consapevole della merenda all'intervallo o del cibo della mensa. Insomma, questa non è una lettura che lascerei ammuffire sui comodini dei singoli, ma la renderei "viva" e collettiva, come si auspica lo stesso Safran Foer. L'impatto sarà sicuramente forte, e proprio per questo è impossibile restare indifferenti. «Mentre la crisi del paese si dispiega in una serie di emergenze, le nostre decisioni riveleranno chi siamo» (p. 36).
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